Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24467 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 24467 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

Data pubblicazione: 30/10/2013

SENTENZA

sul ricorso 8998-2012 proposto da:
ACCADEMIA DI PSICOTERAPIA DELLA FAMIGLIA S.R.L., in
persona del legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI 40,
presso lo studio degli avvocati BISCOTTO BRUNO,
SCOGNAMIGLIO LUCIA, che la rappresentano e difendono,
per delega a margine del ricorso;

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- ricorrente contro

CIAMPOLI SIMONA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DA PALESTRINA 48, presso lo studio degli avvocati
CIONINI MARIA MATILDE, TORTORELLA SILVIA, che la

controricorso;
– controri corrente nonchè contro

ISTITUTO ABRUZZESE DI PSCOTERAPIA FAMILIARE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 207/2011 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, depositata il 17/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
uditi gli avvocati Bruno BISCOTTO, Silvia TORTORELLA;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del primo
motivo del ricorso, rimessione per il resto alla sezione
competente.

rappresentano e difendono, per delega in calce al

OGGETTO: Lavoro
pubblico
privatizzato –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Ciampoli Simona ha adito il Tribunale di Teramo chiedendo l’accertamento
del grave inadempimento della s.r.l. Accademia di Psicoterapia della Famiglia al

formazione in psicoterapia relazionale sistemica, deducendo la mancata attuazione del
promesso — e quindi concordato – programma didattico sotto diversi profili,
analiticamente indicati (segnatamente modificando unilateralmente la durata del corso
da quattro a sei anni); per cui, dopo aver receduto dal contratto, chiedeva un
risarcimento di € 15.000.000 a titolo di danno emergente oltre il lucro cessante da
liquidarsi in via equitativa.
Costituitasi in giudizio la società convenuta eccepiva il difetto della propria
legittimazione, assumendo che il rapporto contrattuale era intercorso con l’Istituto
Abruzzese di Psicoterapia Familiare di Teramo che chiedeva, ed otteneva, di poter
chiamare in giudizio.
Si costituiva l’Istituto chiedendo l’integrale rigetto della domanda.
2.

Espletata l’istruttoria, con interpello e prove per testi, il Giudice adito, in

composizione monocratica, con sentenza n. 159/05 notificata il 23.3.2005, accoglieva
parzialmente la domanda della Ciampoli e, per l’effetto, rigettava le eccezioni
pregiudiziali e preliminari di parte convenuta, dichiarando risolto per inadempimento
della s.r.l. Accademia il contratto tra le parti; condannava la convenuta al risarcimento
dei danni nella misura di € 15.814,69 oltre accessori; rigettava la domanda proposta
dalla Società nei confronti del terzo chiamato; compensava integralmente le spese di lite
tra la convenuta e l’Istituto e per un terzo tra l’attrice e la convenuta, con la condanna di
quest’ultima alla rifusione della restante parte.
3. Avverso la predetta sentenza, con atto notificato il 18 ed il 20.4.2005, ha
proposto appello la s.r.l. Accademia di Psicoterapia, chiedendo – in riforma della
impugnata pronuncia – la declaratoria di difetto di giurisdizione e nel merito il rigetto
delle domande della Ciampoli; subordinatamente ha concluso per l’affermazione del
diritto della Ciampoli al solo rimborso delle quote d’iscrizione e per l’accoglimento della

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ud. 11 giugno 2013

contratto con essa concluso ed avente per oggetto la frequenza di un corso di

domanda di garanzia nei confronti dell’Istituto nonché per la riduzione dell’importo delle
spese processuali poste a suo carico.
Respinta l’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza, si
costituiva in giudizio la Ciampoli e chiedeva il rigetto di tutte le domande, istruttorie e
di merito, proposte dall’appellante.
Non si costituiva l’appellato Istituto.

l’appello e condannava l’appellante soccombente alla rifusione in favore della parte
costituita delle spese del grado

4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’Accademia con cinque
motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
l’Istituto Abruzzese di Psicoterapia Familiare di Teramo non ha svolto difesa
alcuna.
Il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite perché il suo primo motivo
pone una questione di giurisdizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Con il primo motivo la società ricorrente censura la sentenza impugnata per aver
erroneamente ritenuto che nella specie sussistesse la giurisdizione del giudice ordinario
in applicazione dell’art. 7 della legge n. 205 del 2000. In particolare la Corte territoriale
non ha spiegato – secondo la ricorrente – le ragioni per cui la Ciampoli avrebbe dovuto
essere considerata come un utente privato che si avvaleva del servizio pubblico erogato
dalla società in forza di un espresso riconoscimento ministeriale. Trattandosi di servizio
pubblico sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo.
Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la violazione degli artt.
1218 e 2697 c.c.. La corte d’appello si è limitata a fare proprie in modo acritico le
conclusioni del tribunale di Teramo e non ha spiegato perché sussisteva
l’inadempimento della società nell’organizzare ed espletare il corso di formazione in
questione per conseguire il titolo di specializzazione in psicoterapia della famiglia.
Con il terzo motivo la società denuncia la violazione degli artt. 1226, 2697, 2627
e 2909 c.c.. Contesta in particolare il riconoscimento del diritto al risarcimento del

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La Corte d’appello dell’Aquila con sentenza del 1.6.2010-17.2.2011 rigettava

danno in favore della originaria ricorrente. In realtà l’Istituto abruzzese avrebbe dovuto
essere dichiarato unico titolare dell’obbligazione restituitoria relativamente agli importi
che provvedeva a fatturare direttamente.
Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362, 1218 e 2697 c.c.. Contesta che non sia stato contenuto
l’obbligo dell’Istituto abruzzese di psicoterapia familiare di risarcire il danno

corso.
Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 12,
comma 1, c.p.c., dell’art. 5 e 6 decreto ministeriale 8 aprile 2004 n. 127. La decisione di
primo grado aveva accolto solo in parte la richiesta risarcitoria avanzata dal originaria
ricorrente, mentre le spese legali sanzione essere poste interamente a carico della parte
resistente.
2. Il ricorso — i cui cinque motivi possono essere esaminati congiuntamente — è
infondato.
3. Tale è innanzi tutto il primo motivo attinente alla giurisdizione.
Questa Corte (Cass., sez. un., 21 marzo 2013, n. 7043) ha più volte affermato
che ai fini del riparto di giurisdizione in materia di servizi pubblici – siano essi dati, o
meno, in concessione – occorre distinguere tra la sfera attinente all’organizzazione del
servizio e quella attinente, invece, ai rapporti di utenza. Ne consegue che, in ipotesi di
azione risarcitoria proposta nei confronti dell’ente gestore del servizio, se il danno
lamentato dall’utente è il riflesso dell’organizzazione del servizio stesso,
la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, mentre sussiste
la giurisdizione del giudice ordinario se non si controverte dell’esercizio o del mancato
esercizio del potere amministrativo o, comunque, di comportamenti anche
mediatamente riconducibili all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche
amministrazioni o da soggetti ad essi equiparati, ma l’utente proponga l’azione
risarcitoria con riferimento ai danni derivanti dal cattivo funzionamento dell’erogazione
del servizio.
Nella specie l’inadempimento dedotto dalla ricorrente con l’atto introduttivo del
giudizio attiene proprio a questo secondo profilo, ossia al rapporto di utenza. La
ricorrente si è doluta del fatto che, a fronte del pagamento del previsto corrispettivo,

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ud. 11 giugno 2013

rimborsando le sole quote versate dalla originaria ricorrente per la frequentazione del

l’Accademia ha erogato un servizio (di formazione) difettoso perché non corrispondente
alla prestazione in riferimento alla quale era stato pagato il corrispettivo. I n particolare,
dopo aver promesso e quindi convenuto, un corso di formazione della durata di quatro
anni, ha successivamente modificato unilaterlmente
Sussiste quindi la giurisdizione del giudice ordinario atteso – come
correttamente ritenuto sia dal primo giudice che dalla Corte territoriale – che, pur

rapporto che viene in rilievo è solo quello di utenza. Si tratta infatti di un rapporto
contrattuale a valle del rapporto tra la pubblica amministrazione e la società autorizzata
ad irrogare il pubblico servizio.
4. Anche il secondo motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha adeguatamente motivato in ordine al ritenuto
inadempimento della società ricorrente che in particolare ha modificato unilateralmente
la durata del corso, così frustrando l’aspettativa della controricorrente di raggiungere il
diploma di psicoterapeuta della famiglia dopo un corso di formazione e
specializzazione di quattro anni. Invece la società ricorrente ha unilateralmente
prolungato la durata del corso da quattro a sei anni.
5. Inammissibili sono poi il terzo il quarto motivo – sul risarcimento del danno e
sulla sua imputazione – trattandosi di censure di merito non deducibili in sede di
legittimità.
Da una parte la sentenza impugnata ha disatteso l’eccezione di difetto di
legittimazione passiva avendo motivatamente ritenuto essere emersa la riconducibilità
del rapporto contrattuale esclusivamente in capo all’Accademia ricorrente e non già
all’Istituto chiamato in causa.
D’altra parte la Corte territoriale ha passato in rassegna ed accertato le diverse
inadempienze dell’Accademia che avevano legittimato il recesso della Ciampoli ed ha
attribuito alla stessa il diritto al risarcimento che ha determinato – a titolo di danno
emergente – in € 2.814,69 per le iscrizioni annuali e le rette mensili pagate oltre €
3.000,00 per le spese affrontate (viaggio, vitto ed alloggio) secondo liquidazione
equitativa e – a titolo di lucro cessante – in € 10.000,00 sempre ex art. 1226 c.c.
6. Infondato infine il quinto motivo atteso che correttamente la corte d’appello ha
fatto discendere dalla soccombenza dell’attuale ricorrente l’obbligo del pagamento delle

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trattandosi di un pubblico servizio quale è l’erogazione dell’istruzione professionale, il

spese legali; cfr. Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2012, n. 2730, che ha affermato che in
tema di spese processuali, solo la compensazione deve essere sorretta da motivazione, e
non già l’applicazione della regola della soccombenza cui il giudice si sia uniformato,
atteso che il vizio motivazionale ex art. 360, 10 comma, n. 5, c.p.c., ove ipotizzato,
sarebbe relativo a circostanze discrezionalmente valutabili e, perciò, non costituenti
punti decisivi idonei a determinare una decisione diversa da quella assunta.

Alla soccombenza consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo
in favore della parte costituita.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento
delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 200,00 per esborsi oltre
euro 2.000,00 (duemila) per compensi d’avvocato ed oltre accessori di legge in favore
della parte costituita.
Nulla sulle spese per la parte non costituita.
Così deciso in Roma il 11 giugno 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

7. Il ricorso è quindi nel suo complesso infondato.

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