Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24466 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 24466 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: CHIARINI MARIA MARGHERITA

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SENTENZA

sul ricorso 4672-2012 proposto da:
SACCHETTI FRANCESCA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato
NARDONE ELISABETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato
LA SPINA GIUSEPPE, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 30/10/2013

PROVINCIA DI PERUGIA, in persona del Presidente pro.
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B.
MORGAGNI 2-A, presso lo studio dell’avvocato SEGARELLI
UMBERTO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato SORBINI ISABELLA, per delega a margine del
controricorso;
REGIONE UMBRIA, in persona del Presidente pro-tempore
della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio
dell’avvocato GOBBI GOFFREDO, rappresentata e difesa
dall’avvocato MANUALI PAOLA, per delega a margine del
controricorso;

controri correnti

avverso la sentenza n. 635/2011 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 21/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
MARGHERITA CHIARINI;
uditi gli avvocati Giuseppe LA SPINA, Goffredo GOBBI per
delega dell’avvocato Paola Manuali, Umberto SEGARELLI;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

,

Svolgimento del processo
Con citazione del 10 aprile 2003 Francesca Sacchetti ha convenuto dinanzi
al Tribunale di Perugia la Regione dell’ Umbria, la Provincia di Perugia e il
Comitato provinciale per il Fondo di cui all’ art. 9 legge 20 agosto 1996 n.
23 chiedendone la condanna al risarcimento dei danni – o all’ indennizzo ai
sensi degli artt. 3, 4 e segg. legge Regione dell’ Umbria n. 23 del 1996 –

liquidato dalla Provincia, causati, dal 1998 al 2001, da numerosi cinghiali
ai terreni agricoli che conduceva in affitto.
Il Tribunale, ritenuta la giurisdizione, dato atto che il Comitato Provinciale
non si era costituito, ha accolto la domanda condannando la Regione a
pagare la somma richiesta.
Interponeva appello la Regione contestando la giurisdizione del G.0..
Aderiva la Provincia, mentre Francesca Sacchetti proponeva appello
incidentale condizionato, chiedendo, nella denegata ipotesi la Corte di
merito avesse escluso la legittimazione passiva della Regione, di
condannare la Provincia e il Comitato, evocati in giudizio in primo grado
quali adiecti solutionis, ai sensi degli artt. 8 e 9 della precitata legge
regionale del 1996 n. 23.
La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 21 dicembre 2011, ha
accolto l’ appello della Regione dichiarando il difetto di giurisdizione del
G.O. poiché le leggi regionali n. 14 del 1994 e n. 18 del 1996 non
predeterminano la somma spettante ai danneggiati né nell’ an né nel
quantum.
Ed infatti mentre l’ art. 4 della legge regionale dell’ Umbria n. 39 del 1984
– abrogata dalla legge n. 23 del 1996 – disponeva che la liquidazione dei
danni alle colture agricole avviene con riferimento al valore finale delle
colture in atto, determinato sulla base del primo prezzo del nuovo raccolto
dei prodotti agricoli danneggiati, al netto delle diminuite spese necessarie
a conseguirle, e perciò stabiliva direttamente il quantum -liquidabile con l’
apposito fondo costituito in ogni Provincia a norma dell’ art. 37, primo
comma, della legge regionale n. 14 del 1994, alimentato con le entrate
i

pari ad euro 10.3565,63, al netto dell’ acconto di euro 3.656,87 già

derivanti dalle tasse di concessione regionali (art. 40, primo comma, lett.
b) medesima legge) – l’ art. 3 della legge regionale n. 23 del 1996
stabilisce la misura massima del risarcimento dei danni alle produzioni
agricole e zootecniche, fino al 70% del danno accertato – quarto comma di
detta norma – per i danni provocati dalla specie cinghiale nei territori
destinati alla caccia programmata. Quindi l’ indennizzo non è
predeterminato, ma è rimesso alla valutazione discrezionale della P.A. nell’

giurisdizione del G.A.
Ricorre per cassazione Francesca Sacchetti, cui resistono la Regione
Umbrì e la Provincia di Perugia, che ha altresì depositato memoria.

Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: ” Violazione dell’ art. 331
c.p.c. in relazione all’ art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.” e lamenta che al Comitato
Provinciale per il Fondo di cui all’ art. 9 della legge n. 23 del 1996, citato in
primo grado e non costituitosi, non sia stato notificato dalla Regione l’
appello e che la Corte di merito non ne ha ordinato la chiamata come
litisconsorte necessario, sì che il giudizio si è svolto a contraddittorio non
integro in causa inscindibile, con conseguente nullità della sentenza di
secondo grado.
Il motivo – il cui interesse alla proposizione è condizionato all’ ipotesi di
riconoscimento del difetto di legittimazione passiva eccepito dalla Regione,
come emerge anche dal!’ appello incidentale condizionato della Sacchetti,
che, dopo aver ribadito la legittimazione passiva della Regione perché “La
Provincia, al pari del Comitato .. sembra esser investita dalla legge
regionale.. solo di funzioni amministrative, alla stregua del c.d. adjectus
solutionis”, in via subordinata ha censurato l’ omessa pronuncia del
Tribunale sulla sua domanda nei confronti della Provincia e del Comitato a
norma dell’ art. 9 della legge regionale 20 agosto 1996 n. 23 (senza
peraltro notificare a quest’ ultimo il gravame incidentale) – è comunque
infondato.

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ambito dell’ ammontare massimo prefissato dalla legge, con conseguente

Infatti la Provincia di Perugia – assegnataria dei finanziamenti regionali,
destinataria delle domande di ammissione al risarcimento e deputata alla
relativa valutazione (artt. 8 e 10.1, 2 e 3 medesima legge regionale) – non
avendo potuto attuare, per il periodo riferibile alla causa, il surrichiamato
art. 9 della legge regionale del 1996 n. 23, non avendo le associazioni
venatorie maggiormente rappresentative a livello nazionale designato,
come ivi previsto, i tre componenti del comitato di gestione dei fondi

1998, 2781 del 2000 per l’ anno 1999, 002200 del 2001 per l’ anno 2000,
2622 del 2002 per l’ anno 2001 – già prodotti nel giudizio di merito ed
allegati al controricorso) – è stata designata dalla Regione, in attesa di
modifica della norma sulla procedura di costituzione del suddetto comitato,
a provvedere, nella misura ammissibile, alla liquidazione in sostituzione
del comitato (la cui competenza è solo esecutiva: art.10.4 stessa legge);
ed infatti, come riassunto in narrativa, i mandati di pagamento a favore
della Sacchetti per i danni alle colture negli anni 1998- 2001.-sono stati
emessi, nella misura percentuale corrispondente alli ammontare del fondo 1
assegnato, dalla Provincia di Perugia.
Pertanto il motivo va respinto.
2.- Con il secondo motivo la Sacchetti deduce: “Violazione dell’ art. 3 e
segg. della legge regionale 23 agosto 1996 n. 23 in relazione all’ art. 360
n. 1 e 3 c.p.c., ossia in relazione al pronunciato difetto di giurisdizione”,
poiché quanto spetta alla danneggiata era stato già accertato dalla P.A.,
ed infatti le era stata attribuita la somma di euro 14.222,50 all’ esito dei
procedimenti espletati nel 1998, 1999, 2000, 2001, su cui l’
amministrazione aveva versato un acconto, sì che la sua domanda era per
il saldo, e dunque ogni potere discrezionale era stato esaurito.
La Provincia di Perugia si difende rilevando che la richiesta dei danni della
Sacchetti, che la legge prevede nella misura massima del 70%, era stata
liquidata nella percentuale dei fondi erogati alla Regione Umbrie t nel corso
degli anni 1998 – 2001 e queste determinazioni provinciali, adottate in
conformità degli artt. 3, 8 e 11 legge regionale del 1996 n. 23, non sono
state impugnate. Inoltre l’ indennizzo – contributo – riconosciuto dalla
legge – che non configura una responsabilità aquiliana perché la fauna
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(come risulta dagli atti – determinazioni nn. 1611 del 1999 per l’ anno

selvatica appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato la cui tutela
prevale sull’ interesse del privato – avviene sulla base del fondo costituito
alli uopo in base alla legge quadro del 1992 n. 157 che, fissati i criteri per
la determinazione degli indennizzi (artt. 10, comma 8, lett. f) e 14), ne
stabilisce la corresponsione fino al massimo del 70%, raggiungibile
soltanto se c’ è la copertura di bilancio, in quanto le Province provvedono
alli attribuzione degli indennizzi stanziati all’ inizio di ciascun esercizio

ripartiscentra i danneggiati, e perciò il risarcimento può non essere
integrale e la posizione del privato è di interesse legittimo, in quanto spetta
alla P.A. stabilire an, quid e quonnodo.
La Regione dell’ Umbria svolge le medesime argomentazioni.
Il motivo è infondato.
Gli artt. 8, primo comma, lett. f), 14.14 e 26.1 della legge statale
11.2.1992 n. 157 – contenente la disciplina della fauna selvatica
omeoterma e del prelievo venatorio – dispongono, rispettivamente: “I
piani faunistico- venatori comprendono .. i criteri per la determinazione
del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni
arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole..”; “L’ Organo di
gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede .. all’ erogazione di
contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole
dalla fauna selvatica e dalli esercizio dell’ attività venatoria..”, e “Per far
fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alle produzioni agricole
dalla selvaggina .. è costituito a cura di ogni Regione un fondo destinato
alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale
dei proventi di cui all’ art. 23” (tasse di concessione regionale in materia di
caccia).
Pertanto la legge quadro, a cui le leggi regionali si sono conformate, da un
lato si riferisce ai “danni non altrimenti risarcibili”, dall’ altro non prevede
il ristoro integrale di essi, ma “contributi per il risarcimento”, ancorché in
base a criteri oggettivi predeterminati, nei limiti – variabili – dell’entità dei
fondi, onde non gravare la P.A. di oneri indeterminati ed imprevedibili nel
loro ammontare a causa di eventi non ascrivibili a suoi comportamenti
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finanziario sulla base dei finanziamenti assegnati dalla Regione, e li

illegittimi, ma ricollegantisi alla tutela di interessi superiori – protezione
della fauna selvatica omeoterma ed interesse collettivo alla protezione dell’
habitat naturale – affidati alle sue cure, ed in ragione dei quali è
giustificato il sacrificio del danneggiato di non avere diritto all’ integralità
del risarcimento (S.U. 1050 del 2000).
Con la legge regionale dell’ Umbria n. 23 del 20 agosto 1996 – Norme per

danni arrecati alla produzione agricola dalla fauna selvatica ed
inselvatichita e dalli attività venatoria – è stata data attuazione ai principi
contenuti in detta legge – quadro.
Il primo limite che la precitata legge regionale dispone è il massimo del
contributo erogabile, sancito dall’ art. 3. 4: “I danni provocati dalla specie
cinghiale nei territori destinati alla caccia programmata sono risarciti fino
al 70% del danno accertato”; il secondo è l’ esclusione dal risarcimento dei
“danni accertati inferiori a lire duecentomila”(art. 4.2). I criteri di
accertamento, in attuazione del precitato art. 8 della legge n. 157 del
1992, sono contenuti nell’ art. 6.1: “Valore finale delle produzioni in atto
sulla base del primo prezzo del nuovo raccolto dei prodotti agricoli
danneggiati, al netto delle diminuite spese necessarie a conseguirle. In
caso di danni verificatisi nel periodo iniziale della coltura, il risarcimento è
determinato in ragione della somma delle spese necessarie al ripristino.”,
e costituisce la base entro la quale la Giunta Regionale provvede all’
assegnazione del fondo disponibile: “La Giunta Regionale provvede
semestralmente all’ assegnazione dei finanziamenti, disponendone l’
erogazione in ragione del 50% del fondo disponibile” – che segna il limite
massimo annuale di spesa ammissibile – “e sulla base dei danni accertati
e dei risarcimenti da liquidare” (art. 8.3 della medesima legge regionale),
in ragione del quale poi la Provincia, delegata alla “valutazione” – tecnica “del risarcimento da liquidare” (art. 10.3, stessa legge), ripartisce

contributi ai danneggiati a parziale ristoro del pregiudizio.
Ne consegue che, essendo stabilito un limite massimo – 70% – entro il
quale liquidare il danno, la percentuale di risarcimento in concreto
erogabile è incerta dipendendo dai fondi regionali stanziati e dall’
ammontare totale dei danni accertati in ragione dei quali vanno
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I’ attuazione del Fondo regionale per la prevenzione ed il risarcimento dei

proporzionalmente ripartiti – nella specie 30,41% per l’ anno 1998,
29,96% per l’ anno 1999, 29,5% per l’ anno 2000, 20,07%, come
emerge dalle determinazioni provinciali innanzi citate – e perciò, mentre
la posizione soggettiva del privato che pretende il rispetto della
procedura di accertamento dei danni subiti e della proporzione tra entità
del danno accertato e stanziamento erogato è di diritto soggettivo, perché
disciplinato da norme di relazione contenute nella legge, l’ interesse del

dalla Provincia è legittimo, perché la norma che dispone il sacrificio
economico costituisce un vincolo alla proprietà e all’ impresa per la tutela
di interessi pubblici e dipende dall’ ammontare dei fondi assegnati dalla
Regione alla Provincia (che nella specie, come innanzi detto, per ciascun
anno di riferimento è stato di molto inferiore al limite massimo
risarcibile).
Conseguentemente il ricorso va respinto.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del
giudizio di cassazione, a favore sia della Regione Umbria che della
Provincia di Perugia, che liquida in euro 1.700 per ciascun ente – di cui
euro 1.500 per compensi – oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2013
Il RelatoTe-

I.

medesimo ad ottenere l’ integrale risarcimento del danno come accertato

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