Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24465 del 01/10/2019

Cassazione civile sez. II, 01/10/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 01/10/2019), n.24465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15571-2017 proposto da:

D.F.A., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA G RANDACCIO 1, presso lo studio dell’avvocato BRUNO POGGIO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO

PUXEDDU;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 442/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 21/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/02/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che i ricorrenti nominati in epigrafe ricorrono, sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione del decreto con cui la corte d’appello di Perugia ha dichiarato improcedibile la domanda di equa riparazione dai medesimi originariamente proposta davanti alla corte di appello di Roma e quindi, all’esito della declaratoria di incompetenza da questa adottata, riassunta davanti alla corte umbra;

che la corte territoriale ha fondato il proprio giudizio di improcedibilità sul rilievo che, all’udienza del 21.11.16 – in cui il procedimento introdotto dagli odierni ricorrenti (n. 656/13) venne trattato insieme ad altri cui era stato riunito – non risultava “essere stata eseguita la notificazione dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione d’udienza; in esso l’Avvocatura dello Stato non risulta costituita e nessuno è comparso in udienza per un’eventuale domanda di concessione di un nuovo termine; donde la declaratoria di improcedibilità” (pag. 5 del decreto impugnato);

che il Ministero della giustizia ha depositato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 14 febbraio 2019, per la quale non sono state presentate memorie.

considerato:

che con l’unico mezzo di ricorso, riferito al vizio di violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 3 nel testo anteriore alla riforma del 2012, artt. 162 e 291 c.p.c., art. 350 c.p.c., comma 2, art. 352 c.p.c., art. 181 c.p.c., comma 1, artt. 297 e 302 c.p.c., artt. 737 e 738 c.p.c.), i ricorrenti, per un verso, contestano la ricostruzione delle vicende del processo svolta nel decreto impugnato e, per altro verso, criticano le conseguenze giuridiche che la corte territoriale ha tratto dalla sua stessa ricostruzione delle vicende del processo; che, sotto il primo profilo, i ricorrenti lamentano due errori compiuti dalla corte territoriale, giacchè la stessa:

1) avrebbe erroneamente ritenuto che l’atto di riassunzione non fosse stato notificato al Ministero dell’Economia, mentre l’atto di riassunzione era stato notificato a tale Ministero per l’udienza del 15.12.15 (alla quale era stato disposto un rinvio al 21.11.16, in relazione al quale nessuna notifica era necessaria);

2) avrebbe erroneamente ritenuto che il Ministero non fosse costituito in giudizio, mentre esso si era regolarmente costituito comparendo all’udienza del 15.12.15, come attestato dal relativo verbale;

che, sotto il secondo profilo, i ricorrenti deducono che, in ogni caso, la declaratoria di improcedibilità adottata dalla corte umbra si porrebbe in contrasto con il disposto degli artt. 291 e 181 c.p.c.;

che il mezzo di ricorso va giudicato inammissibile là dove lamenta l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa affermando, in contrasto con le evidenze documentali, che la notifica dell’atto di riassunzione non era avvenuta e che il Ministero dell’Economia non era costituito, giacchè tale errore va ricondotto nell’ambito dell’errore revocatorio, il quale, come è noto, presuppone il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto emergenti, una, dalla pronuncia, l’altra, dai documenti ed atti processuali, con assoluta immediatezza e senza necessità di particolari indagini ermeneutiche o di argomentazioni induttive (in termini, Cass. 21199/11 e, più di recente, Cass. 25489/18);

che, infatti, l’errore denunciato dai ricorrenti si risolve, appunto, nel contrasto fra due diverse rappresentazioni degli stessi oggetti – la notifica dell’atto di riassunzione e la costituzione del Ministero dell’Economia – emergenti, una, dal decreto, che li ha negati, e, l’altra, dai documenti ed atti processuali, che, secondo i ricorrenti, li dimostrerebbero con assoluta immediatezza;

che, quindi, il suddetto errore andava fatto valere con il ricorso per revocazione per errore di fatto (art. 395 c.p.c., n. 4) e non costituisce motivo di ricorso per cassazione; donde l’inammissibilità della doglianza;

che, per contro, è fondata la doglianza relativa all’errore commesso dalla corte territoriale nel dichiarare la improcedibilità della domanda dei ricorrenti, giacchè, a fronte della diserzione bilaterale dell’udienza del 21.11.16 la corte non avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità ma disporre la cancellazione della causa dal ruolo a mente dell’art. 181 c.p.c. (cfr. SSUU 5700/14, che ha chiarito che, nel giudizio di equa riparazione, “nel caso, poi, di mancata comparizione di entrambe le parti, non potrà che adottarsi lo strumento di cui all’art. 181 c.p.c., previsto nell’ordinamento processualcivilistico per tali ipotesi, pur se anch’esso dettato con riferimento all’ordinario processo di cognizione, ma la cui applicazione non è inibita, con riguardo agli specifici procedimenti camerali di cui si tratta, da alcun impedimento logico o giuridico, ed è, anzi, imposta dalla identità di ratio”);

che, quindi, in definitiva, il motivo del ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla corte territoriale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia alla corte di appello di Perugia, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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