Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24462 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.17/10/2017),  n. 24462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1225-2012 proposto da:

P.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SALARIA 332, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GALLIAN,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO PETTINELLI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso

dagli avvocati ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 695/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 28/09/2011 R.G.N. 172/11.

Fatto

RILEVATO

Che la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 695/2011 pubblicata il 28 settembre 2011, ha accolto l’appello proposto dall’INPS ed in riforma della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, ha rigettato la domanda proposta da P.E., ex lavoratore agricolo, tesa ad ottenere il ricalcolo della pensione di vecchiaia di cui fruiva sulla base delle risultanze del proprio libretto di lavoro, divergenti da quanto risultante all’INPS, ed il risarcimento del danno asseritamente subito a seguito della condotta negligente dell’Inps;

che la Corte territoriale ha ritenuto non provato l’effettivo versamento della contribuzione relativa alle 142 giornate indicate nel libretto di lavoro alle dipendenze del Corpo Forestale dello Stato e, quindi, corretto l’operato dell’Inps;

che P.E. ha domandato la cassazione della sentenza con cinque motivi relativi: a) alla omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta verosimiglianza dell’espletamento delle giornate lavorative da forestale laddove non era conseguito l’accertamento del versamento dei relativi contributi; b) alla valutazione dei contenuti delle dichiarazioni rese dal dottor Benedetto Ricci Comandante Provinciale del Corpo Forestale dello Stato; c) alla violazione degli artt. 115,116 e 213 c.p.c. giacchè erroneamente si era valutata la dichiarazione dello stesso Comandante alla stregua di una comune testimonianza e non di una comunicazione ex art. 213 c.p.c.; d) alla circostanza che le dichiarazioni erano invece idonee a fondare indizi seri dei pagamenti di contribuzione effettuati allo SCAU e che nessuna prescrizione di tali contributi poteva essere opposta; e) al travisamento dei fatti in quanto il rigetto della domanda di ricalcolo era stato ancorato anche alla avvenuta liquidazione dei supplementi di pensione successiva al versamento della prosecuzione volontaria;

che ha resistito l’I.n.p.s con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che le pagine 2 e 3 mancanti nella copia autentica della sentenza impugnata allegata al ricorso per cassazione, in quanto relative allo svolgimento del processo, non risultano essenziali alla comprensione delle motivazioni addotte dalla Corte territoriale per cui non può ravvisarsi la causa di improcedibilità del ricorso prevista dall’art. 369 c.p.c. (Cass. 17587/2006);

che i motivi riconducibili al vizio di motivazione, tutti correlati alla critica della valutazione che la Corte territoriale ha compiuto in ordine alla dichiarazione resa dal Comandante provinciale di Ascoli Piceno del Corpo Forestale dello Stato dott. Benedetto Ricci, sono infondati giacchè la Corte di merito, con motivazione priva di vizi e logicamente coerente, ha affermato: che il pensionato aveva desunto le giornate lavorative contestate dalle annotazioni esistenti sul libretto di lavoro, relative a ciascuna assunzione e cessazione di rapporto a termine; che dalle dichiarazioni del dottor B. Ricci, sentito quale teste, era rimasto confermato che in effetti il ricorrente avesse prestato le giornate di lavoro risultanti dal libretto e che non erano mai stati mossi rilievi dalle autorità competenti sul rispetto degli obblighi contributivi ma che ciò non equivalesse alla prova dell’effettivo versamento dei contributi medesimi e che fosse significativo il fatto che il dott. R. non fosse stato in grado di esibire documentazione a sostegno di ciò;

che non è contraddittorio il ragionamento svolto dalla Corte territoriale laddove, pur ipotizzando l’effettivo espletamento di giornate lavorative non coperte da contribuzione, ha rilevato l’evidente prescrizione dell’obbligo di versamento trattandosi di periodi lavorativi risalenti al periodo compreso tra l’agosto 1963 ed il dicembre 1956;

che, dunque, ciò che i motivi sollecitano – in modo inammissibile- è una diversa lettura delle risultanze probatorie giacchè in tema di ricorso per cassazione per vizi della motivazione della sentenza, il controllo di logicità del giudizio del giudice di merito non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (vd. Cass. 16526/2016);

che anche i motivi relativi all’affermata violazione degli artt. 115,116 e 213 c.p.c. sono infondati giacchè in parte essi mirano semplicemente a sollecitare una rivisitazione del materiale istruttorio evidenziando ragioni di dissenso rispetto alla scelta effettuata dalla sentenza impugnata, mentre per il resto si palesano inammissibili giacchè difettano le espresse indicazioni su quali siano state le affermazioni della sentenza che si pongano in contrasto con le norme di legge denunciate nel motivo;

che, invero, questa Corte di cassazione ha in più occasioni ribadito che quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione della legge e non risultano indicate anche le argomentazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le medesime o con l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione, non è infatti sufficiente un’affermazione apodittica e non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (vd. Cass. 12984/2006; 9245/2007);

che, in definitiva, il ricorso va respinto e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

 

La corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità in favore del contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 2000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettari4e nella misura del 15 per cento e spese accessorie.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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