Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24462 del 01/10/2019

Cassazione civile sez. II, 01/10/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 01/10/2019), n.24462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15411-2017 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SAVINO DI PAOLO;

– ricorrente –

contro

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA – MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 186/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/02/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che il sig. C.G. ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione del decreto con cui la corte d’appello di Potenza – da lui adita con l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter – ha confermato il decreto emesso dalla medesima corte ai sensi dell’art. 3, comma 4, della stessa legge, che aveva accolto solo parzialmente la sua domanda di equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo di divisione ereditaria;

che, in particolare, la corte lucana ha condiviso l’assunto del giudice della fase monitoria che aveva negato il diritto del ricorrente all’equa riparazione per il periodo dal 13.5.1987 al 27.9.2000, ritenendo che in tale periodo il sig. C. fosse rimasto contumace nel giudizio presupposto, essendosi egli costituito, a seguito dell’interruzione del procedimento dichiarata il 13.5.1987, solo il 27.9.2000;

che la corte lucana ha altresì condiviso la regolazione delle spese di lite operata dal giudice della fase monitoria, che aveva liquidato le spese in favore del ricorrente come se il procedimento da lui introdotto fosse riunito (pur senza che ne fosse stata disposta la riunione) ad altri procedimenti per equa riparazione promossi, con il patrocinio del medesimo difensore, dalle altre parti del medesimo processo presupposto;

che con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 303 c.p.c., u.c., in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa ritenendolo contumace nel processo di divisione ereditaria per circa tredici anni; al riguardo il ricorrente deduce di essere stato difeso ininterrottamente dall’avv. Francesco Bardi, fino al momento del decesso di costui, avvenuto nell’anno 2000, e di aver successivamente conferito nuovo incarico all’avv. Spirito, il quale il 27.7.2000 si era costituito con comparsa; secondo il ricorrente, pertanto, egli non poteva essere considerato contumace nel processo riassunto dopo l’interruzione del 1987, giacchè, da un lato, l’evento interruttivo era rappresentato dal decesso di C.V. e A. (e quindi l’onere di una nuova costituzione gravava unicamente sugli eredi di costoro) e, d’altro lato, il suo difensore aveva continuato a partecipare alle udienze, come documentato dai relativi verbali;

che con il secondo motivo, riferito al vizio di violazione di legge (art. 273 c.p.c. e art. 10 c.p.c., comma 2), il ricorrente censura la conferma della statuizione sulle spese della fase monitoria, contestando l’applicazione della disciplina delle spese nelle cause riunite pur in assenza di effettiva riunione e, in subordine, deducendo che, nell’applicazione di tale disciplina, si sarebbe dovuto sommare il valore delle domande avanzate dai diversi ricorrenti, ai fini della determinazione dello scaglione;

che l’intimato Ministero della Giustizia ha depositato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 14 febbraio 2019, per la quale il ricorrente ha presentato una memoria.

considerato:

che la corte territoriale ha affermato che l’odierno ricorrente era contumace nel giudizio presupposto, nel tempo successivo all’interruzione del medesimo, sul solo rilevo che “in nessun verbale di udienza precedente al 27.9.2000 viene annotata l’intervenuta costituzione in giudizio della suddetta parte processuale, dopo l’interruzione del 13.5.87” (pag. 3, primo capoverso, della sentenza);

che l’argomentazione della corte territoriale prescinde totalmente sia dall’accertamento di quale fosse la parte del giudizio presupposto che aveva dato causa all’evento interruttivo, sia – nell’ipotesi che tale parte non fosse un dante causa di C.G. – dal’accertamento se quest’ultimo fosse costituito prima dell’interruzione, e, in tal caso, dalla verifica della circostanza che il suo procuratore si fosse presentato all’udienza successiva a detta riassunzione;

che, pertanto, la statuizione dell’impugnato decreto si pone in contrasto con l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua, in tema di riassunzione del processo interrotto, i soggetti già costituiti nella fase precedente all’interruzione, i quali, a seguito della riassunzione ad opera di altra parte, si presentino all’udienza a mezzo del loro procuratore, non possono essere considerati contumaci, ancorchè non abbiano depositato nuova comparsa di costituzione, atteso che la riassunzione del processo interrotto non dà vita ad un nuovo processo, diverso ed autonomo dal precedente, ma mira unicamente a far riemergere quest’ultimo dallo stato di quiescenza in cui versa (Cass. 14100/03, conf., da ultimo, Cass. 19835/18);

che quindi il primo motivo di ricorso va accolto;

che il secondo motivo di ricorso, che attinge la statuizione sulle spese della fase monitoria, risulta assorbito, dovendo le spese del giudizio essere nuovamente regolate, in sede di rinvio, tanto per la fase monitoria quanto per la fase di opposizione;

che il decreto impugnato va, conseguentemente, cassato, con rinvio alla corte di appello di Potenza, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra enunciati e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla corte di appello di Potenza, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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