Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24460 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.17/10/2017),  n. 24460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13037-2012 proposto da:

M.M.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI ANGELOZZI, che la rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso

dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS), COMUNE DI

ROMA C.F. (OMISSIS), REGIONE LAZIO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7836/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/12/2011 R.G.N. 8337/07.

Fatto

RITENUTO

che la Corte d’Appello di Roma con sentenza 7836/2011 ha rigettato l’appello proposto da M.M.P. avverso la sentenza del tribunale di Velletri che aveva respinto la sua domanda proposta nei confronti dell’Inps ed intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento;

che a sostegno della decisione la Corte sosteneva che la M. secondo il CTU nominato in appello era affetta da una serie di patologie che però non concretizzavano gli estremi per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento;

che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.M.P. con un motivo di doglianza attraverso cui deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 con riferimento all’art. 115 c.p.c. e all’art. 36 Cost., atteso che ella si trovava in condizioni che rendevano impossibile la sua deambulazione senza ausilio o di provvedere autonomamente agli atti quotidiani della vita senza l’assistenza di un accompagnatore; nonchè il difetto di motivazione non avendo la Corte motivato il suo convincimento specificando i motivi della adesione alla conclusione del CTU nonostante le osservazioni critiche formulate dalla parte privata;

che l’INPS si è costituito resistendo con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è infondato in quanto la Corte d’appello richiamando le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, conformi a quelle rassegnate dal CTU di prime cure e confermate in sede di chiarimenti, ha fornito motivazione sufficiente ai fini del rigetto della domanda;

che le critiche alla CTU non sono autosufficienti, poichè non riportano per esteso la relazione la quale non è riprodotta nel ricorso, nè specificamente richiamata tra le produzioni indicate in ricorso;

che esse sono altresì infondate attese che ai fini della prestazione invocata è necessaria una vera e propria impossibilità nel compimento dei compiti e delle funzioni dell’età o nella deambulazione non essendo sufficiente una mera difficoltà;

che alla luce delle premesse i motivi di ricorso si rivelano invece infondati, in quanto le censure sollevate si risolvono esclusivamente in un riesame di merito non ammesso in questa sede in ordine all’incidenza invalidante delle patologie di cui è affetta la ricorrente; accertamento che i giudici di merito hanno già effettuato aderendo alle motivate conclusioni del Ctu d’appello, coincidenti peraltro a quelle del ctu nominato in primo grado;

che pertanto, sotto le mentite spoglie del difetto logico o del vizio di legge, la parte ricorrente domanda in realtà a questa Corte un riesame del materiale istruttorio a cui ha già provveduto, nell’esercizio dei poteri riservatigli dall’ordinamento, il giudice del merito, e rispetto al quale il controllo potrebbe vertere sulla logicità e sulla completezza della motivazione ma mai sulla correttezza degli esiti del giudizio;

che le censure si condensano inoltre nell’espressione di un mero dissenso diagnostico volto a contestare nel merito la decisione impugnata, attraverso una censura formulata in base ad una valutazione di parte;

che si tratta pertanto di motivi da ritenersi pure inammissibili siccome, per consolidato orientamento di questa Corte, la sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio può essere contestata in Cassazione soltanto in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata in ricorso, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi; mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce appunto un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice.

che le considerazioni svolte impongono dunque di rigettare il ricorso; mentre nulla deve essere disposto sulle spese in presenza dei presupposti di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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