Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24459 del 05/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 05/10/2018, (ud. 21/03/2018, dep. 05/10/2018), n.24459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. NONNO G. M – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25113/2011 R.G. proposto da:

Gruppo Hassan s.r.l. (già Louis s.r.l.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Latina n. 20, presso lo studio BFC & Associati, rappresentata e

difesa dall’avv. Roberto Bongianni giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 111/03/10, depositata il 15 luglio 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 21 marzo 2018

dal Consigliere Dott. Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 111/03/10 del 15/07/2010 la CTR del Lazio rigettava l’appello proposto dal Gruppo Hassan s.r.l. avverso la sentenza n. 268/26/08 della CTP di Roma, che aveva rigettato il ricorso della società contribuente avverso l’avviso di accertamento a fini IRPEG, IRAP e IVA relativo al periodo d’imposta 2003;

1.1. il giudice di appello premetteva che: a) l’avviso di accertamento era stato emesso a seguito di accesso mirato da parte di funzionari dell’Agenzia delle entrate che avevano applicato alla merce venduta una diversa percentuale di ricarico (settantacinque per cento) rispetto a quella dichiarata (sessantatre per cento); b) la CTP rigettava il ricorso della società contribuente ritenendo corretti i calcoli effettuati dall’Ufficio sulla percentuale di ricarico; c) la sentenza della CTP era impugnata dalla Gruppo Hassan S.r.l.;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello come segue: a) l’Ufficio aveva constatato, non soltanto sulla base delle dichiarazioni rese in sede di contraddittorio, “ma anche dalla documentazione richiesta ed esibita”, che la percentuale di ricarico era di circa il cento per cento; b) “infatti, dalla documentazione fornita dalla parte riguardante il listino prezzi delle ditte fornitrici rilasciati il 16-07-03, e non nel 2006, come sostenuto dall’appellante, risultano indicati sia il prezzo di acquisto che quello di vendita al pubblico dei singoli prodotti. Emerge, inoltre, dall’esame della documentazione che le osservazioni dell’appellante, circa la rilevanza dell’IVA sulla determinazione della percentuale di ricarico, sono irrilevanti”; c) veniva, dunque, ritenuto corretto l’operato dell’Ufficio, che aveva applicato un ricarico del settantacinque per cento, “tenendo anche conto dei saldi, delle vendite promozionali e della concorrenza”;

2. la Gruppo Hassan s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso la Gruppo Hassan s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione del diritto al contraddittorio stabilito dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, nonchè l’insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2 (rectius 3) e n. 5;

1.1. in buona sostanza, il ricorrente si duole che a rappresentare la società contribuente in sede di accesso non vi sarebbe stato il legale rappresentante della società o un suo delegato, ma un semplice addetto alle vendite di uno dei punti vendita, non in grado di fornire indicazioni precise sulle percentuali di ricarico dei beni venduti dagli oltre dieci punti vendita della società, con la conseguenza che le informazioni dallo stesso assunte non avrebbero dovuto essere poste a base della verifica;

2. il motivo, che si risolve essenzialmente in una violazione di legge, è infondato;

2.1. la società ricorrente denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 2, in quanto i verificatori non avrebbero informato l’effettivo titolare della stessa, evidenziando che solo il legale rappresentante avrebbe potuto far valere in contraddittorio con i verificatori l’effettiva percentuale di ricarico praticata dalla società;

2.2. tuttavia, a parte il fatto che il ricorrente non ha mai indicato chi fosse realmente il titolare della società, legittimato all’epoca della verifica ad assistervi in luogo del sig. M., con ciò dovendosi dubitare anche della specificità del ricorso, risulta dalla sentenza della CTR che il predetto si è qualificato come responsabile della ditta e ha rinunciato all’assistenza nel corso della verifica;

2.3. ne consegue che la CTR ha accertato – e tale circostanza di fatto non può essere messa in discussione in sede di legittimità – che il sig. M. ha assistito alla verifica in rappresentanza della società e quale responsabile della ditta secondo quanto da lui stesso affermato, con dichiarazione che non v’è motivo per ritenere non credibile, in considerazione delle circostanze di luogo e di tempo in cui l’ha resa e del fatto di essere dipendente della società;

2.4. in ogni caso, non è inutile evidenziare che la denunciata violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 2, non è sanzionata espressamente di nullità dalla legge (cfr. Cass. n. 18370 del 18/09/2015) e deve ritenersi che, anche in materia tributaria, valga la regola generale della tassatività delle nullità (Cass. S.U. n. 3676 del 17/02/2010);

3. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e la contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2 (rectius 3) e n. 5;

3.1. il motivo può scomporsi in due submotivi: 2a) una censura con la quale si contesta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), evidenziandosi il difetto dei requisiti di gravità, precisione e concordanza perchè l’Ufficio possa procedere ad accertamento analitico-induttivo; 2b) una censura motivazionale, con la quale si evidenzia che la motivazione della CTR sarebbe insufficiente e contraddittoria e non avrebbe tenuto conto della documentazione prodotta dalla Gruppo Hassan s.r.I.;

4. il motivo sub 2a) è infondato;

4.1. è noto che anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, l’Amministrazione finanziaria può procedere all’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa in presenza di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti (cfr., ex multis, Cass. n. 23550 del 05/11/2014; Cass. n. 14068 del 20/06/2014; Cass. n. 951 del 16/01/2009) che, nella specie, sono state indicate nelle dichiarazioni del sig. M. (che, pur non essendo il legale rappresentante della società si è pur sempre qualificato responsabile della stessa e, dunque, soggetto a conoscenza dei fatti sociali) e nell’esame della documentazione acquisita presso i luoghi in cui è stata effettuata la verifica, dalla quale sono state evinte percentuali di ricarico vicine al cento per cento, superiori, pertanto, a quanto risultante dalle dichiarazioni del contribuente;

4.2. legittimamente, pertanto, l’Ufficio ha proceduto ad accertamento induttivo dei ricavi e, per la presunzione di legittimità che assiste l’operato degli accertatori, grava, conseguentemente, sul contribuente l’onere di fornire la prova che le risultanze poste dai verificatori a fondamento dell’attività accertativa non siano veritiere;

5. il motivo sub 2b) è inammissibile;

5.1. il giudice di merito ha affermato che: a) la Gruppo Hassan s.r.l. ha dichiarato una percentuale di ricarico del sessantatre per cento a fronte di una percentuale di circa il cento per cento risultante dalle dichiarazioni del sig. M. e dalla documentazione acquisita, ivi compresa quella prodotta dalla società contribuente; b) dall’esame di quest’ultima documentazione si evince che le preoccupazioni evidenziate circa la considerazione dei prezzi maggiorati di IVA risulta infondata; c) si considera corretto l’applicazione del ricarico del settantacinque per cento tenuto conto dei saldi, delle vendite promozionali e della concorrenza;

5.2. la società ricorrente tende a mettere in discussione sia la valutazione che la CTR ha fatto della documentazione dalla stessa prodotta, evidenziando che il ricarico individuato dal giudice di merito sarebbe individuabile solo considerando i prezzi al lordo dell’IVA, sia l’applicazione della percentuale di ricarico;

5.3. si tratta, peraltro, di valutazioni di merito già compiute dalla CTR, che ha dimostrato di avere tenuto conto di tutti i documenti prodotti e di tutte le eccezioni formulate dalla società contribuente, sicchè si tratta di sostituire – inammissibilmente in sede di legittimità – al giudizio formulato dalla CTR altro giudizio avente la stessa natura;

6. in conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di Euro 97.257,00.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in

favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2018

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