Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24459 del 01/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 01/10/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 01/10/2019), n.24459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28636-2017 proposto da:

CASA DI RIPOSO LA MARINA DI N.G. E G.A. &

C. SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVAMBATTISTA VICO 1, presso

lo studio dell’avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIANNI FRISONI;

– ricorrente –

contro

ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI RIMINI, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1967/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 03/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 3.11.2016, la Corte d’appello di Bologna ha confermato, per quanto qui di interesse, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da Casa di Riposo La Marina di N.G. e G.A. & C. s.n.c. avverso l’ordinanza ingiunzione con cui la Direzione Provinciale del Lavoro di Rimini le aveva ingiunto sanzioni per illecita interposizione di manodopera;

che avverso tale pronuncia Casa di Riposo La Marina di N.G. e G.A. & C. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che ha resistito con controricorso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Rimini;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per avere la Corte territoriale confermato in parte qua la decisione di prime cure senza considerare che, con sentenza n. 470/2013, passata in giudicato, la Sezione Lavoro della Corte d’appello di Bologna aveva ritenuto l’insussistenza dell’intermediazione di manodopera in altro giudizio con cui l’INAIL sulla scorta dell’allegazione della medesima fattispecie intepositoria, le aveva richiesto il pagamento di premi non pagati;

che il motivo è inammissibile, atteso che, non potendo configurarsi alcun vincolo giudicato rispetto alla sentenza cit., stante la diversità di soggetti e di petitum (cfr. da ult. Cass. n. 16688 del 2018), è evidente che, mercè l’anzidetta censura, parte ricorrente pretende di sottoporre a revisione la valutazione del complesso delle risultanze istruttorie sulla cui scorta la Corte territoriale è pervenuta al giudizio di fatto circa la sussistenza dei caratteri propri dell’interposizione vietata, che è cosa non possibile in questa sede di legittimità (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);

che a diverse conclusioni non può pervenirsi sulla scorta di Cass. n. 2983 del 2018, cit. da parte ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., che ha ribadito il principio secondo cui il giudicato può, quale affermazione obiettiva di verità, spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, atteso che la stessa pronuncia non manca di ricordare che tale principio non opera allorchè il terzo sia titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale è intervenuto il giudicato e che codesta autonomia deve in specie ravvisarsi per ciò che concerne la potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione a fronte della commissione di un illecito amministrativo rispetto al rapporto che l’odierna ricorrente intrattiene con l’INAIL, per l’assicurazione obbligatoria dei dipendenti contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (arg. ex Cass. n. 2875 del 1999; più recentemente, nello stesso senso, Cass. n. 2967 del 2016);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro, 4.700,00, di cui Euro. 4.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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