Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24456 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/10/2017, (ud. 08/06/2017, dep.17/10/2017),  n. 24456

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20307-2012 proposto da:

ENI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 32, presso lo

studio dell’avvocato LUCIANO TAMBURRO, che la rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato PIER LUIGI PANICI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI GIOVANNELLI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/06/2012 R.G.N. 04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LUCIANO TAMBURRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato nullo il ricorso proposto da M.G. nei confronti di Eni s.p.a. per ottenere il riconoscimento, in relazione alle mansioni in concreto svolte, della qualifica di dirigenziale del settore industria a far data dal 28 marzo 2007.

2. Il giudice di appello, nel rilevare che l’Eni nel costituirsi aveva chiesto che fosse dichiarata l’inammissibilità del ricorso perchè nullo, salvo poi difendersi anche nel merito ed insistere per la reiezione delle domande proposte, ha verificato che correttamente il ricorso introduttivo del giudizio era stato dichiarato nullo avendo rilevato che dalle deduzioni in fatto dello stesso non era possibile evincere lo specifico thema decidendum. In particolare il giudice di appello ha accertato che non erano allegati quei fatti rilevanti da cui procedere ad una comparazione tra la qualifica posseduta e quella rivendicata e che il mero richiamo alla declaratoria contrattuale era da considerarsi insufficiente tenuto conto del fatto che gli ulteriori elementi allegati non erano utili per individuare i profili di natura dirigenziale delle mansioni in concreto svolte con riferimento all’ampiezza del potere decisionale attribuito.

3. Per la Cassazione della sentenza ricorre ENI s.p.a. con un unico motivo al quale resiste M.G. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata la violazione degli artt. 414,416,420,437 e 164 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ed agli artt. 112,127 e 175 c.p.c. ed all’art. 111 Cost..

4.1. La società ricorrente – nel ricordare che nel caso di denuncia di un error in procedendo la Cassazione è tenuta, quale giudice del fatto processuale, a delibare direttamente gli atti onde verificare se, a prescindere dalla valutazione che ne abbia dato il giudice di merito e dalla relativa motivazione, si sia verificata o meno la violazione processuale denunciata – evidenzia che erroneamente il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado sarebbe stato dichiarato nullo posto che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale e confermato dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, nel caso in esame non si sarebbe realizzata una ipotesi di assoluta incertezza dell’oggetto della domanda da qualificare come incertezza del petitum formale, nè tantomeno sarebbe stato indeterminato il bene della vita richiesto (petitum sostanziale). In definitiva sarebbe stato rispettato il disposto dell’art. 414 c.p.c., nn. 3 e 4. Del pari, poi, risulterebbe chiaramente definita la causa petendi (applicazione dell’art. 1 del c.c.n.i dirigenti 2004/2008) supportata dall’allegazione di fatti funzionali proprio a tale riconoscimento che aveva chiesto di provare in giudizio. Sottolinea, poi, che la difesa della società non aveva subito alcun pregiudizio e che, sin dal primo grado, aveva potuto puntualmente replicare a tutte le allegazioni della parte ricorrente. Conclusivamente, poichè l’atto introduttivo rispondeva al modello legale descritto dall’art. 414 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, non avrebbe dovuto essere dichiarato nullo e, al contrario, anche in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, la Corte avrebbe dovuto decidere nel merito la controversia rigettando la domanda proposta.

5. La censura è inammissibile.

5.1. Occorre premettere che il Tribunale ha dichiarato nullo il ricorso introduttivo del giudizio promosso dal M. nei confronti di ENI s.p.a. accogliendo l’eccezione formulata dalla convenuta, odierna ricorrente, che – seppure in via subordinata rispetto al chiesto rigetto della domanda di superiore inquadramento nella qualifica di dirigente del settore industria dal 28 marzo 2008 e di conseguente condanna al pagamento delle differenze economiche spettanti ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali – di tale nullità si era doluta nel costituirsi nel giudizio di primo grado.

5.2. La Corte di appello, investita del gravame da parte della società che l’eccezione aveva sollevato, ne ha ritenuto implicitamente l’ammissibilità, salvo poi confermare l’accertata nullità del ricorso introduttivo del giudizio per violazione dell’art. 414 c.p.c., n. 4 evidenziando che i requisiti di validità del ricorso attengono all’esigenza di un corretto funzionamento del processo che trascende gli interessi delle parti.

5.3. Se ne duole la società ricorrente la quale ribadisce da un canto di avere interesse ad ottenere una pronuncia che escluda la nullità del ricorso, a suo dire erroneamente dichiarata, e che accerti, invece, l’infondatezza della pretesa azionata definendo sollecitamente il giudizio.

5.4. Tanto premesso va rammentato che la verifica degli elementi essenziali del ricorso introduttivo costituisce indagine pregiudiziale rispetto alla decisione sul merito, cui inerisce anche la valutazione delle prove. Pertanto il ricorso privo dell’esatta determinazione dell’oggetto della domanda o dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto è affetto da nullità insanabile, che il giudice è tenuto a dichiarare preliminarmente senza possibilità di scendere all’esame del merito, neppure per respingere la domanda perchè non provata.(cfr. Cass. 17/01/2014 n. 896).

5.5. Quanto poi alla sussistenza di un interesse ad impugnare una statuizione di nullità del ricorso introduttivo del giudizio va qui ribadito che l’interesse all’impugnazione è manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e deve essere desunto dall’utilità giuridica e non meramente di fatto che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone. Tale interesse si collega, pertanto, alla soccombenza anche parziale nella precedente fase di giudizio ed è normalmente escluso in capo alla parte integralmente vittoriosa. Salvo il caso in cui dalla motivazione della sentenza dedursi un’implicita statuizione contraria all’interesse della parte nel senso che a questa possa derivare pregiudizio da motivi che, quale premessa necessaria della decisione, siano suscettibili di formare giudicato, la parte vittoriosa non ha interesse ad impugnare la sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione (cfr. Cass. 10/07/2015 n. 14473 ed ivi le richiamate Cass. n. 26921 del 2008 e Cass. n. 11180 del 1996). In definitiva si deve poter ravvisare una sostanziale soccombenza dell’impugnante nel precedente giudizio, intesa come effetto pregiudizievole per le sue posizioni giuridiche derivante dalle statuizioni (idonee a passare in giudicato) contenute nella sentenza impugnata (Cass. 12/04/2013 n. 8934, 07/05/2009 n. 10486, 02/04/2006 n. 6546).

5.5. Tanto premesso ritiene la Corte che nel caso in esame il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame proposto dalla società che non aveva un interesse qualificato a vedere riformata la sentenza di primo grado con la quale, in accoglimento di una eccezione formulata dalla società stessa, era stato dichiarato nullo il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

5.6. Si osserva che condivisibilmente il giudice di primo grado ha esaminato con precedenza la questione logicamente preliminare alla valutazione della fondatezza o meno della domanda, della regolarità dell’atto introduttivo del giudizio ed in particolare l’esistenza dei requisiti minimi di ammissibilità dello stesso. La verifica degli elementi essenziali del ricorso introduttivo costituisce, infatti, indagine pregiudiziale rispetto alla decisione sul merito, cui inerisce anche la valutazione delle prove. Correttamente la declaratoria di nullità dell’atto introduttivo del giudizio, che sia privo dell’esatta determinazione dell’oggetto della domanda o dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto, deve essere dichiarata preliminarmente senza possibilità di scendere all’esame del merito, neppure per respingere la domanda perchè non provata (cfr. Cass. 17/01/2014 n. 896, 05/02/2008n. 2732).

5.7. La società convenuta, che veda accolta l’eccezione di nullità dalla stessa formulata, non può essere considerata neppure parzialmente soccombente e, pertanto, non è titolare di un interesse concreto ed attuale ad impugnare la sentenza a sè favorevole per far valere motivi attinenti alla motivazione della stessa, neppure lamentando un ipotetico pregiudizio derivante dal formarsi del giudicato su di essa, trattandosi di evenienza non idonea ad integrare l’interesse ad impugnare (cfr. Cass. 07/04/2015 n. 6894). In un caso come quello in esame, pertanto, non è ravvisabile la sostanziale soccombenza nel precedente giudizio, intesa come effetto pregiudizievole per le posizioni giuridiche derivantè dalle statuizioni (idonee a passare in giudicato) contenute nella sentenza impugnata (Cass. 12/04/2013 n. 8934, 07/05/2009 n. 10486, 02/04/2006 n. 6546).

5.8. Come affermato anche di recente da questa Corte (Cfr. Cass. 29/09/2016 n. 19323) la soccombenza è condizione costitutiva dell’interesse all’impugnazione, che in essa ha origine e consegue ad una statuizione del giudice a quo capace di arrecare pregiudizio alla parte, che tende a rimuoverlo, proprio con il rimedio dell’impugnazione. Se non c’è soccombenza non c’è interesse ad impugnare. La soccombenza di una parte e il suo conseguente interesse ad impugnare la sentenza devono essere esclusi “nel caso in cui l’absolutio ab instantia sia avvenuta per effetto di una statuizione meramente processuale, potendo in tal caso configurarsi interesse al gravame soltanto in presenza di rituale proposizione di domanda riconvenzionale finalizzata all’esame del merito. Infatti, posto che l’interesse a proporre impugnazione ha origine e natura processuali e sorge dalla soccombenza, non può ipotizzarsi una situazione di pregiudizio per il convenuto nel fatto che il giudice a quo, ravvisando un ostacolo processuale all’esame della domanda, ne riconosca la soggezione a siffatta situazione ostativa, anzichè esaminarla nel merito” (cfr. Cass. s.u. n. 21289 del 2005, Cass. n. 1915 del 2003, n. 9710 del 2002, n. 5610 del 2000 e, di recente, Cass. n. 16016 del 2014). L’interesse ad impugnare deve essere interno al processo, per la ricorrenza di un concreto interesse dipendente da un pregiudizio connesso alla statuizione del giudice e non derivante da ragioni estranee, quali in particolare la considerazione che, di fronte ad una dichiarazione di nullità o di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, l’attore potrebbe reiterare la domanda in un nuovo processo, atteso il carattere meramente eventuale di tale comportamento esterno (cfr. Cass. n. 1915 del 2003).

5.9. La carenza di interesse a proporre l’appello si riverbera oggi sull’interesse ad impugnare la sentenza che ha confermato l’accertata nullità del ricorso introduttivo del giudizio. Anche in questo caso l’interesse deve essere apprezzato in relazione all’utilità concreta che deriva alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione stessa. Ed ancora una volta non è ravvisabile nello specifico, e per le medesime considerazioni già svolte, quella soccombenza in senso sostanziale che deve essere, per come si è già ricordato, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione. Resta fermo infatti che l’interesse per essere concreto deve essere collegato ad un pregiudizio connesso alla statuizione del giudice e, come si è già rammentato, non può derivare dalla circostanza che per effetto della dichiarazione di nullità o di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, l’azione potrebbe essere reiterata in un nuovo processo.

5.10. Esclusa l’esistenza di uno specifico interesse all’impugnazione resta irrilevante il richiamo contenuto nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. alla sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 8077 del 22/05/2012. Nessun dubbio vi è che quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4). Per addivenirsi a tale accertamento il ricorso deve superare il vaglio di ammissibilità e ne va verificata l’esistenza di un interesse concreto ed attuale ad ottenere una decisione che, lo si è ricordato, non è ravvisabile nella circostanza, meramente eventuale e collegata ad un comportamento esterno al procedimento, che l’attore potrebbe reiterare la domanda in un nuovo processo.

5.11. Come poi affermato da questa Corte in un caso in cui la Corte di appello aveva dichiarato l’inammissibilità del gravame proposto dalla stessa parte che aveva visto accogliere la sua eccezione di nullità del ricorso introduttivo del giudizio, l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ed all’interesse ad una pronuncia di merito non ha eliminato in radice per i singoli ordinamenti aderenti l’ammissibilità di decisioni di natura meramente processuale che non precludono una nuova sottoposizione al giudice della questione controversa (cfr. Cass. n. 19323 del 2016 cit.)

6. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

7. Quanto alle spese del giudizio di legittimità queste, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della società soccombente e devono essere distratte in favore degli avvocati Giovanni Giovannelli e Pierluigi Panici che se ne sono dichiarati anticipatari.

PQM

 

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre al 15% per spese forfetarie ed agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore degli avvocati che se ne sono dichiarati antistatari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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