Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24454 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/10/2017, (ud. 06/06/2017, dep.17/10/2017),  n. 24454

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5096-2012 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato DARIO MARINUZZI,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.L., C.E., G.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO VITI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIACOMO CRESCI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 156/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/02/2011 R.G.N. 191/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MESSINA PIERA per delega orale Avvocato MARINUZZI

DARIO;

udito l’Avvocato CRESCI GIACOMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Firenze con sentenza n.156/2011 ha respinto l’appello proposto dall’INPDAP avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, che aveva accolto la domanda proposta da A.L., G.E. ed C.E., già dipendenti dell’Università degli studi di Firenze, Area tecnico-scientifica categoria EP, tesa ad ottenere il computo della retribuzione di posizione e dell’indennità di esclusività nelle competenze di fine rapporto corrisposte dall’INPDAP.

La Corte territoriale ha ritenuto di includere le suddette voci retributive nella base di computo dell’indennità di buonuscita in considerazione della possibilità riconosciuta alla contrattazione collettiva di modificare la disciplina legale di riferimento in applicazione del disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 9.

Avverso tale sentenza, l’Inps – in qualità di successore ex lege n.214/2011 dell’Inpdap – ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. Resistono A.L., G.E. ed C.E. con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Istituto ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38 nonchè della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 9 censura, con un motivo, la sentenza impugnata per avere violato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3673 del 1997, secondo cui in tema di indennità di buonuscita dei pubblici dipendenti – attesa la inderogabilità della normativa previdenziale- l’autonomia individuale o collettiva non può introdurre specifiche modificazioni; inoltre, secondo quanto previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e dal successivo D.P.C.M. del 20 dicembre 1999 in G.U. 15 maggio 2000 n. 111, le regole previste dalla L. n. 297 del 1982 in materia di trattamento di fine rapporto non possono trovare applicazione se non per coloro i quali hanno iniziato il proprio rapporto di lavoro successivamente al gennaio 2000.

2. Il motivo è fondato. Con riferimento alla inclusione, nella base di computo dell’indennità di buonuscita, dell’indennità di posizione, questa Corte di cassazione, invero, ha avuto modo di precisare in diverse occasioni (vd. Cass. 27836/2009, 709/2012; 24673/2016) che:

2.1 – il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, che è la disposizione fondamentale che regola l’indennità di buonuscita dei dipendenti statali, individua la base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita e vi include in primo luogo lo stipendio, nonchè specifiche indennità ed assegni previste da varie norme di legge (comma 1), prevedendo poi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale (comma 2);

2.2- nel settore dell’impiego pubblico il riferimento allo “stipendio” evidenzia che nel calcolo è computabile solo la retribuzione base, o paga tabellare (oltre che presumibilmente il trattamento riferito all’anzianità acquisita, onde l’uso del termine “complessivo) ad esclusione però di ogni altra indennità o emolumento ed infatti nel suddetto art. 38 si annoverano “distintamente” nella medesima base contributiva lo “stipendio” e le altre indennità indicate tassativamente (indennità di funzione, assegno perequativo ecc), che quindi mai potrebbero considerarsi già comprese nella locuzione “stipendio” (vd. Consiglio di Stato n. 121 del 3 aprile 1985 e nn. 1121 e 1120 del 24 luglio 1998);

2.3- il regime della indennità di buonuscita sopra illustrato non è mutato a seguito della privatizzazione del pubblico impiego,in quanto dalla L. n. 335 del 1995, art. 2 e dalla successiva conferma derivante dal D.Lgs. n.29 del 1993, art. 72, comma 3, ora trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 2), si deduce che solo per i lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996 è previsto che i trattamenti di fine servizio siano regolati secondo le disposizioni del codice civile, con conseguente superamento della struttura previdenziale dei trattamenti contemplati dalla disciplina pubblicistica; per contro, in relazione ai lavoratori già in servizio al 31.12.1995 (fra i quali vanno ricompresi gli ex dipendenti per cui è causa) è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto;

2.4- attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l’indennità di buonuscita (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14/2007), deve escludersi che l’autonomia individuale o collettiva, in difetto di specifiche disposizioni in tal senso e dato il non equivoco tenore del surricordato D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, possa introdurre specifiche modificazioni alla relativa disciplina legale; quindi, in particolare, la contrattazione collettiva non può interferire in ordine all’inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell’indennità di buonuscita;

2.5- in ogni caso, la stessa contrattazione collettiva include “la retribuzione di posizione” per cui è causa nel trattamento economico accessorio (art. 47 CNL del 21.5.96) e nessuna disposizione, nè di quel contratto, nè di quelli successivi include la retribuzione di posizione ai fini del calcolo della indennità di buonuscita;

2.6- la regola per cui la indennità di anzianità viene calcolata su una base non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base, con esclusione di altre indennità, conduce comunque ad un trattamento molto più favorevole rispetto a quello relativo al TFR spettante ai i dipendenti privati, giacchè i destinatari del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 citato, hanno il vantaggio di moltiplicare “l’ultimo stipendio” per il numero degli anni di servizio prestati, in luogo del sistema del TFR, che si compone della somma di accantonamenti annuali, che riproducono, non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera, ma solo la quota di quelli ricevuti anno per anno.

3. Nel caso di specie, dunque, correttamente è stato escluso dall’Inpdap, dalla base di computo della indennità di buonuscita, l’importo dell’indennità di posizione.

4. Quanto, poi, alla inclusione dell’indennità di esclusività nel computo dell’indennità di buonuscita, ribadito quanto sin qui esposto in ordine alla tassatività del contenuto del D.P.R. 1032 del 1973, art. 38, deve darsi atto che la sentenza impugnata non ha approfondito in alcun modo, già in termini storici e fattuali, se ed in che termini le ex dipendenti abbiano percepito nell’ultimo anno di servizio, persistendo il servizio presso struttura universitaria in convenzione sanitaria, l’indennità in questione, di talchè essa possa in ipotesi entrare a far parte della base di computo dell’indennità di buonuscita, secondo le esclusive previsioni del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38.

5. In particolare, deve ricordarsi che per la giurisprudenza amministrativa (vd. C.d.S. n. 442/2004) l’indennità prevista dal D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31(c.d. indennità De Maria)- inizialmente considerata “non utile ai fini previdenziali e assistenziali”, non essendo compresa tra gli assegni e indennità tassativamente indicati al D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 38 e dunque non computabile ai fini dell’indennità di buonuscita- in seguito alla decisione della Corte Costituzionale 24 giugno 1981 n. 126, è stata considerata una componente del complessivo trattamento economico spettante al personale universitario quando svolga attività assistenziale sanitaria e, come tale, utile ai fini assistenziali e previdenziali, in applicazione dell’art. 38 Cost..

6. Questa Corte ha pure precisato che l’indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie, riconosciuta dalla L. n. 200 del 1974, art. 1 per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all’effettivo conferimento di un incarico direttivo. (Cass. SS.UU. n. 9279/2016).

7. Per i dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo, poi, il D.Lgs. n. 502 del 1992, ha previsto uno specifico trattamento economico aggiuntivo per la definizione del quale rinviava ai contratti collettivi di lavoro. A tal fine i CCNL dell’8 giugno 2000 hanno istituito un particolare emolumento denominato “indennità di esclusività”, che rappresenta un istituto di certo peculiare nell’ambito dell’impiego pubblico e viene definito come “elemento distinto della retribuzione”. Essa, è erogata per 13 mensilità ed è articolata in fasce che vengono conseguite a seguito del raggiungimento di una certa esperienza professionale e previa valutazione positiva.

8. Peraltro, l’indennità di esclusività si differenzia, quanto a natura ed effetti derivanti dalle previsioni contrattuali collettive successive, rispetto all’indennità di posizione e ciò si apprezza già in seno al D.Lgs. n. 517 del 1999 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università). In particolare, (vd. C.d.S. n. 516/2011) può affermarsi che: a) la previsione della indennità di esclusività è contemplata in autonoma disposizione normativa rispetto a quella (D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 6) nell’ambito della quale soltanto opera la regola dell’alternatività tra nuovi trattamenti aggiuntivi dovuti al personale universitario docente e pregresso meccanismo perequativo; b) il D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 6, u.c. reca l’abrogazione delle disposizioni (tra cui il D.P.R. n. 382 del 1980, art. 102) che prevedevano la equiparazione sul piano retributivo tra personale docente e personale del servizio sanitario nazionale; c) il D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8, sia pur con riferimento alle Università non statali che gestiscono direttamente policlinici universitari, prevede espressamente che l’art. 5 (nel cui ambito precettivo si rinviene il disposto in ordine alla indennità di esclusività) trovi inderogabile applicazione, senza che sia possibile che in sede di protocollo d’intesa tra Regione ed Università possa disapplicarsi la disposizione in ordine appunto alla erogazione della predetta indennità di esclusività.

9. E’, quindi, necessario ricostruire in fatto la concreta attribuzione di tale indennità di esclusività a ciascuna delle contro ricorrenti alla luce delle descritte vicende normative e contrattuali collettive al fine di valutare il fondamento del relativo capo di domanda.

10. In definitiva, il ricorso va accolto con la cassazione della sentenza impugnata e, quanto alla pretesa delle ex dipendenti relativa alla inclusione nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita dell’indennità di posizione può, senza bisogno di ulteriori accertamenti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., essere disposto il rigetto.

11. Quanto al capo di domanda relativo alla inclusione nella base di calcolo della buonuscita dell’indennità di esclusività deve disporsi il rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione affinchè proceda agli accertamenti di cui ai superiori punti 4), 5) 6) e 7.

12.11 giudice del rinvio regolamenterà le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia per la prosecuzione del giudizio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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