Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24451 del 21/11/2011
Cassazione civile sez. III, 21/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24451
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1588-2007 proposto da:
R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLA
RICCIOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato COLACINO VINCENZO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato IANNETTI GIANLUIGI
giusto mandato in atti;
– ricorrente –
contro
AXA ASSICURAZIONI S.P.A. in persona del Dott. C.M.,
procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI
SCIALOJA 6, presso lo studio dell’avvocato OTTAVI LUIGI, che la
rappresenta e difende giusto mandato in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4776/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 09/11/2005 R.G.N. 1941 e 3677/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/10/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;
udito l’Avvocato VINCENZO COLACINO;
udito l’Avvocato LUIGI OTTAVI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto che ha concluso con il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 9 novembre 2005 la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del locale Tribunale del 10 luglio 2000, ha dichiarata la esclusiva responsabilità di R.S. nella causazione del sinistro verificatosi il giorno (OMISSIS) tra l’autovettura Ford Fiesta condotta da R.S. e di proprietà del marito e l’autocarro condotto da L.P., di proprietà della Calcestruzzi Stradaioli s.n.c., assicurato con la Allsecures (ora AXA assicurazioni s.p.a.).
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la R., affidandosi ad un unico articolato motivo.
Resiste con controricorso la AXA assicurazioni s.p.a..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico ed articolato motivo (violazione di L. ex art. 360 c.p.c., n. 3, per errato convincimento del giudice dell’appello sulla scorta della segnaletica stradale vigente alla data del sinistro, che è stato completamente innovata (jus superveniens) e comunque vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) circa la mancata verifica che la R. ha fatto tutto il possibile per evitare il danno o comunque non poteva richiedersi diverso comportamento), la ricorrente, in estrema sintesi, si duole che il giudice dell’appello non avrebbe tenuto conto che la segnaletica stradale, al momento installata, era tale da ingenerare confusione al punto da averla indotta a svoltare in (OMISSIS) anzichè allo svincolo per (OMISSIS).
Tale situazione avrebbe dovuto, ad avviso della ricorrente, indurre la Corte territoriale a ritenere che nella fattispecie ricorresse la esimente di cui all’art. 2054 c.c., comma 1.
Osserva il Collegio che la censura, così come formulata è in parte inammissibile, in parte va disattesa.
Essa è inammissibile nella parte in cui prospetta violazione di legge, non risultando, neppure per implicito, come fa notare la società resistente, quali norme di diritto risultino essere state violate o falsamente applicate, non potendosi riconoscere alla confondibilità (perchè di questo ci si duole) della segnaletica alcuna natura giuridico – normativa. Infatti, la ricorrente non mette in discussione la visibile apposizione dei segnali, e, quindi, il principio di tipicità posto a fondamento della segnaletica, che comporta, come è noto, l’obbligo di rispettarla da parte dell’utente, ma solo la confondibilita della loro apposizione, per cui è ammissibile il solo profilo del difetto di motivazione, di cui alla seconda parte della censura (Cass. n. 1569/76). Peraltro, se in questa parte della complessa censura la ricorrente intende richiedere la conferma della sentenza di primo grado laddove essa aveva accertata la concorrente responsabilità dei veicoli coinvolti, va precisato che la presunzione di colpa ex art. 2054 c.c., comma 2 ha una funzione meramente sussidiaria, perchè opera solo ove non sia possibile l’accertamento in concreto, che compete esclusivamente al giudice del merito, della misura delle rispettive responsabilità, per cui se nel caso il giudice accerti che la responsabilità nella causazione del sinistro è esclusiva di uno dei conducenti e, per converso, nessuna responsabilità è ravvisabile in capo all’altro, ne consegue che la rivisitazione della motivazione sul punto va fatta con rigore e valutando se l’argomentare del giudice a quo sia immune da ogni vizio logico-giuridico ( giurisprudenza costante, di recente Cass. n. 29883/08).
Ciò posto, e passando all’esame dell’altro profilo della censura (circa il vizio di motivazione), che come detto, è ammissibile in rito, va rilevato in proposito che esso è da disattendere solo che si ponga attenzione all’argomentare del giudice dell’appello.
Contrariamente a quanto deduce la ricorrente, il giudice a quo ha valutato analiticamente tutte le emergenze processuali, quali presenti documentalmente, ovvero i rilievi tecnici effettuati dalla Polstrada, le foto allegate e prodotte dalla stessa R., lo schizzo planimetrico e a fronte di questi dati documentali; ha valutato le dichiarazioni sia della R. che del L., conducente dell’autocarro, le deposizioni testimoniali e ne ha tratto il convincimento che la responsabilità fosse dovuta a colpa esclusiva della attuale ricorrente.
Sul punto, la stessa non fa altro che proporre una sua ricostruzione della dinamica che si incentra particolarmente sulla asserita confondibilità della segnaletica, mentre nulla contraddice agli elementi presi in esame dal giudice a quo, circa, ad esempio, la velocità elevata da lei tenuta, la presenza di una frenata nella sua carreggiata di marcia, il punto di collisione, il non mantenimento da parte sua della destra nel percorrere la strada di sua spettanza, la ritenuta inattendibilità dei testi addotti.
Ne consegue che il vizio denunciato non è rinvenibile e conclusivamente il ricorso va respinto, con conseguente condanna alle spese, che vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.700/00 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011