Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24450 del 01/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 01/10/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 01/10/2019), n.24450
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28803-2017 proposto da:
D.L.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRO
MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IARIA,
rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO MINNICELLI;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA;
– resistente –
avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositato il 27/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO
RIVERSO.
Fatto
RITENUTO
CHE:
la Corte d’appello di Catanzaro, con ordinanza in data 27.6.2017, respingeva l’istanza di concessione di un termine per notificare l’appello e dichiarava l’improcedibilità dell’appello proposto da D.L.I. avverso la sentenza del tribunale che aveva rigettato il suo ricorso diretto ad ottenere il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.L.I. con un motivo; l’Inps ha rilasciato delega in calce alla copia notificata del ricorso.
Alle parti è stata notificata la proposta del relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
Diritto
RILEVATO
che:
con l’unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 435 e 348 c.p.c. per avere il giudice d’appello fatto malgoverno delle norme e dei principi di diritto esistenti in tema di omessa notifica dell’atto di appello e del relativo decreto di fissazione dell’udienza nel rito del lavoro, in quanto i vizi della vocatio in ius consistenti nella omissione o nella nullità della notificazione del ricorso non determina l’inammissibilità dell’impugnazione quando il deposito del ricorso sia avvenuto entro i termini di decadenza stabiliti per l’appello; e neanche comportano l’improcedibilità del gravame dato che può operare la sanatoria per effetto della costituzione in giudizio dell’appellato o, in mancanza di questa, della rinnovazione della notificazione entro il termine perentorio che il giudice deve assegnare in applicazione dell’art. 421 c.p.c. ovvero anche di una lettura estensiva dell’art. 291 c.p.c.
Il ricorso è manifestamente infondato atteso che questa Corte, per l’ipotesi dell’omessa notifica dell’atto d’appello ha già da tempo con orientamento consolidato affermato che (Sez. U, sentenza n. 20604 del 30/07/2008) che “nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo “ex” art. 111 Cost., comma 2 – al giudice di assegnare, “ex” art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c.”.
La giurisprudenza richiamata in ricorso o è precedente all’affermato indirizzo (come ad es. Cass. 3373/1996), o riguarda (come Cass. S.U. n. 5700/2014) il diverso problema dell’omessa notifica del ricorso introduttivo del giudizio e non dell’atto d’appello; atteso che l’indirizzo in oggetto sopra richiamato non conosce invece deroghe essendo stato affermato ripetutamente dalle pronunce successive le quali hanno ribadito che nel giudizio d’appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente, (cfr. Cass. n. 20613 del 09/09/2013 cui adde Cass. nn. 29870/2008, 1721/2009, 11600/2010, 9597/2011).
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.
Nulla per le spese non avendo l’Inps svolto attività difensiva. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019