Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24448 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. III, 21/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1075/2007 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACINTO

CARINI 58, presso lo studio dell’avvocato TOTA Ferdinando, che lo

rappresenta e difende giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimato –

e contro

I.N.P.S. in persona del suo legale rappresentante Avv. S.G.

P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17,

presso lo studio dell’avvocato PROSPERI VALENTI Fausto Maria, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati TADRIS PATRIZIA,

GAVIOLI GIANNI giusto mandato in atti;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4896/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato FERDINANDO TOTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 21 giugno 2001 il Tribunale di Roma, adito da B. F. onde ottenere il risarcimento dei danni subiti il (OMISSIS), allorchè, procedendo a bordo del proprio ciclomotore in Via (OMISSIS) era stato investito dalla Fiat Panda di proprietà di C.C. e condotta da M.F., assicurata con la Norditalia Assicurazioni aveva riportato lesioni, dichiarava la responsabilità esclusiva dell’incidente a carico del conducente dell’autovettura e condannava il proprietario del veicolo in solido con la società assicuratrice al pagamento dei danni liquidati in L. 52.118.000, detratta la somma di 50 milioni già pagata dall’assicurazione e di L. 20.950.000 quale rimborso a favore dell’INPS per le prestazioni erogate dall’Istituto, oltre spese del giudizio.

Su gravame del B. la Corte di appello di Roma il 15 novembre 2005 accoglieva parzialmente l’appello, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il B., affidandosi ad un unico, articolato, motivo. Nessuno degli altri intimati ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con l’unico ed articolato motivo (violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 2043, 2056 c.c., e degli artt. 61, 62, 112, 113, 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5) il ricorrente lamenta che il giudice dell’appello avrebbe errato nel non disporre la richiesta CTU, unico possibile accertamento del danno ulteriore conseguente al mutamento delle mansioni ed avrebbe omesso di motivare correttamente sulla istanza all’uopo formulata.

2.-In punto di fatto, il B. il 24 giugno 1988 aveva subito l’incidente di cui sopra.

Nell’occasione aveva riportato la frattura del piatto tibiale della gamba destra, in esito alla quale gli era stato praticato un intervento di reinserzione del menisco esterno con placca e viti metalliche.

Nel giudizio instaurato con citazioni del 29 maggio 1991 e del 21 maggio 1993 contro il M. e la C., in cui intervenne anche l’INPS per chiedere il rimborso ai convenuti delle prestazioni assistenziali erogate, il giudice di primo grado ebbe ad affermare la responsabilità esclusiva del M., conducente della Panda e non riconobbe il nesso di causalità tra i postumi dell’evento descritto e un secondo incidente, patito il (OMISSIS), allorchè, mentre camminava a piedi il B. cadde e riportò la frattura pertrocanterica della gamba destra.

Una volta negata tale correlazione, il Tribunale riconobbe solo il postumo invalidante del 12%, conseguente al secondo incidente, disattendendo il diverso giudizio del CTU, che, invece, aveva concluso per una valutazione unitaria delle due diverse lesioni, accertando un danno biologico del 20%.

Avverso la sentenza del Tribunale il B. propose appello, lamentando la erroneità della decisione su questa statuizione.

Al suo gravame si associò l’INPS, lamentando il rimborso delle relative prestazioni solo al primo incidente.

Il giudice dell’appello, con la sentenza oggi impugnata, ha accolto in parte il gravame, perchè ha condiviso la relazione del CTU, in quanto “frutto di attenta e scrupolosa indagine medica e documentale e perchè sostenuta da ampia motivazione scientifica e da argomenti logici rigorosi” (p. 4 sentenza impugnata).

Lì dove il giudice a quo non ha accolto la impugnazione è sulla richiesta del riconoscimento di un ulteriore danno conseguente al mutamento delle mansioni, da conducente di autobus, già da lui svolte quale dipendente ATAC a compiti tecnici di rilievo del traffico.

Sul punto si duole il B., il quale deduce che tale rigetto è stato statuito senza disporre alcuna CTU, pure da lui richiesta.

Lamenta, in estrema sintesi il ricorrente, sotto i profili dianzi indicati, che se il danno è in re ipsa, esso può essere solamente e semplicemente quantificato attraverso una perizia che accerti l’ammontare del pregiudizio attraverso dei semplici quanto efficaci ed indiscutibili matematici conteggi.

Al riguardo, è giurisprudenza costante di questa Corte, che va ulteriormente ribadita (tra le tante Cass. n. 11332/03) che la CTU non è un mezzo sostitutivo dell’onus probandi, per cui le parti non possono rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente, essendo necessario quantomeno che esse deducano i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti (Cass. n. 10871/99).

Non essendo una vera e propria prova, la CTU è sottratta alla disponibilità delle parti ed è affidata al prudente apprezzamento del giudice, che non può respingerne la richiesta se dalla relativa istanza siano indicate le ragioni di indispensabilità per la decisione delle indagini tecniche (Cass. n. 14979/00).

Se questo è lo sfondo interpretativo cui ogni giudizio deve conformarsi, ne consegue che la censura va disattesa sotto ognuno dei profili in cui si articola.

Infatti, il giudice dell’appello:

1) ha preso atto della documentazione prodotta, che ha ritenuto idonea a giustificare la misura del danno da incapacità lavorativa specifica, quantificandolo con inevitabile approssimazione per effetto delle frazioni temporali alle quali si faceva riferimento (periodo compreso tra il 24 marzo e il 16 agosto 1989);

2) ha affermato che non risultava documentato che alla diversa assegnazione delle mansioni fosse stata corrisposta una riduzione della retribuzione;

3) ha ritenuto che la censura alla sentenza di primo grado fosse stata non solo genericamente formulata, ma fosse priva di rilievo per la natura stessa delle indennità, correlate a fattori variabili, eventuali ed incostanti p. 5 sentenza impugnata).

In altri termini, l’implicito rigetto della richiesta di CTU circa il danno conseguente al mutamento delle mansioni è stato motivato proprio dal fatto che il B. ha proposto in sede di appello una censura che non presentava estremi sufficienti per far ritenere che egli avesse adempiuto all’onus probandi che, pure ed essenzialmente, gli incombeva. Si tratta, peraltro, di un una valutazione in fatto, che essendo logicamente e congruamente motivata, sfugge al sindacato di questa Corte.

Conclusivamente il ricorso va respinto, ma nulla va disposto per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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