Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24447 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24447 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 27993-2008 proposto da:
AUTOTRASPORTI F.LLI MODESTO DI MODESTO ERMES & C.
SNC, MODESTO MAURIZIO in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA CELIMONTANA

38,

presso lo studio

dell’avvocato PANARITI BENITO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato AFFANNATO GIUSEPPE
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 30/10/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

nonchè contro

UNIRISCOSSIONI CONCESSIONARIO SERVIZIO NAZIONALE

DELL’ECONOMIA E FINANZE;

intimati

avverso la sentenza n. 35/2008 della COMM.TRIB.REG.
di TRIESTE, depositata il 10/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il controricorrente l’Avvocato ALBENZIO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso in subordine rigetto.

RISCOSSIONE PROVINCIA TREVISO SPA, MINISTERO

Svolgimento del processo

La opposizione proposta da Autotrasporti F.11i Modesto s.n.c. e da
Modesto Ermes e Modesto Maurizio avverso la iscrizione a ruolo e le
cartelle di pagamento – emessi a seguito di notifica, in data 31.5.1999, di “inviti di
importazione nel periodo giugno-ottobre 1992 di bovini vivi di origine slovacca
anziché, come dichiarato nelle bollette di origine croata per i quali era previsto un
regine tariffario agevolato -, veniva rigettata con sentenza n. 170/2006 della

Commissione tributaria della provincia di Trieste, confermata in grado di
appello con sentenza della Commissione tributaria della regione Friuli
Venezia Giulia in data 10.7.2008 n. 35.
I Giudici territoriali, rigettata la eccezione di prescrizione della pretesa
tributaria in quanto formulata genericamente in difetto di individuazione
del termine iniziale di decorrenza, ritenevano: 1- legittima la cartella in
quanto corredata dei requisiti di forma prescritti; 2- non credibile la
ignoranza incolpevole del conducente dell’automezzo sulla falsità dei
documenti di trasporto, trattandosi del titolare della ditta di autotrasporto e
soggetto esperto del settore dei servizi di trasporto internazionale; 3rilevanti e pienamente utilizzabili nel giudizio tributario i fatti accertati nel
corso del procedimento penale svoltosi nei confronti del titolare della ditta
e definito con sentenza di patteggiamento; 4- inammissibile la richiesta di
espletamento della c.t.u. per verificare il peso degli animali, sia in quanto i
bovini non erano più reperibili, sia in quanto tale perizia non poteva
comunque inficiare le risultanze dei PVC redatti all’esito delle indagini
svolte dalla Guardia di Finanza.
Avverso tale sentenza notificata in data 2.9.2008 hanno proposto ricorso
per cassazione, deducendo dodici motivi, la società di autotrasporto, in
persona dei legali rapp.ti Modesto Ermes e Modesto Maurizio, nonché
1
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

pagamento” ed aventi ad oggetto la liquidazione del dazio dovuto per la

Modesto Maurizio in proprio, con atto spedito in data 14.11.2008 per la
notifica a mezzo posta, ai sensi della legge n. 53/1994, all’Ufficio di Trieste
della Agenzia delle Dogane, ad UNIRISCOSSIONE s.p.a. n.q. di
Concessionario del servizio di riscossione della provincia di Treviso, e al
Ministero della Economie e delle Finanze.
Ha resistito la Agenzia delle Dogane con controricorso, eccependo la

originario proposto dai contribuenti per omessa impugnazione dell’atto
presupposto (invito di pagamento) e chiedendo il rigetto del ricorso.
Non ha resistito UNIRISCOSSIONE s.p.a. n.q. di Concessionario del
servizio di riscossione.

Motivi della decisione

§ 1. Questioni pregiudiziali e preliminari

1.1 Va preliminarmente dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del
ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze,
per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo
assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel
giudizio nel giudizio svoltosi avanti la Commissione tributaria della regione
FVG, introdotto dai contribuenti-appellanti successivamente alla data
1.1.2001 (subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege
nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte
l’Amministrazione statale), e nel quale risulta costituito come parte appellata

soltanto l’Ufficio delle dogane di Trieste e la società Riscossione Uno n.q.
di concessionari del servizio di riscossione.

1.2 La eccezione di inammissibilità per asserita nullità del ricorso per
cassazione -in quanto proposto nei confronti dell’Ufficio periferico anziché della
2
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Co est.
Stefano livieri

inammissibilità del ricorso principale e la improponibilità del ricorso

Agenzia delle Dogane- e della notifica dello stesso -eseguita presso la sede
dell’Ufficio periferico anzichè presso l’Avvocature erariale- è manifestamente

infondata.

La irregolarità attinente alla indicazione del soggetto resistente (dovendo,
invece, ritenersi correttamente eseguita la notifica presso la sede dell’Ufficio

grado di giudizio dalla Avvocatura erariale) non determina la inammissibilità

del ricorso in quanto la irregolarità risulta sanata dalla costituzione della
Agenzia delle Dogane, e comunque dovendo ribadirsi il principio affermato
da questa Corte secondo cui “la nuova realtà ordinamentale [ndr. introdotta
dal Dlgs 30.7.1999 n. 300 istitutivo delle Agenzie fiscali] caratterizzata dal
conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici della
Agenzia in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore, consente di
ritenere che la notifica della sentenza di merito … …e quella del ricorso
possano essere effettuate, alternativamente, preso la sede centrale della
Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso orientando la
interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che
impone di ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità, sia il carattere
impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte
necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato”
(cfr. Corte cass. SU 14.2.2006 n. 3116 e n. 3118 e le altre successive).

1.3 Manifestamente infondata è anche la eccezione di improponibilità
del ricorso introduttivo del giudizio di merito proposto dai contribuenti con
il quale sono state impugnate le cartelle di pagamento.
La questione pregiudiziale, sollevata dalla Agenzia fiscale per la prima
volta avanti questa Corte (e contraddicendo, peraltro, a quanto è dato rilevare
dalla lettura della sentenza della CTR, le difese svolte in primo grado dall’Ufficio
doganale secondo cui “l’invito al pagamento” doveva ritenersi atto non impugnabile
3
RG n.27993/2008
tic. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Co
Stefano

st.
ieri

periferico, non essendo stato rappresentato e difeso l’Ufficio doganale nel precedente

in quanto “preordinato al decreto ingiuntivo, poi non emesso… “), non incontra il

divieto del “jus novorum”, trattandosi di eccezione rilevabile di ufficio
anche in sede di legittimità -come ogni altra il cui oggetto non è disponibile
dalle parti- non essendo stata decisa in primo grado e non essendo stata
rilevata in appello nemmeno dal Giudice, e non implicando un nuovo
accertamento od apprezzamento di fatto (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n.
Sentenza n. 6901 del 13/05/2002; id. Sez. 1, Sentenza n. 20005 del 14/10/2005; id.
Sez. 3, Sentenza n. 13656 del 13/06/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 9297 del
18/04/2007).

La Agenzia delle Dogane sostiene che in difetto di previa impugnazione
degli “inviti di pagamento”, notificati ai contribuenti in data 31.5.1999, la
pretesa tributaria è divenuta definitiva, rimanendo in conseguenza preclusa
la possibilità di far valere vizi dell’atto presupposto attraverso la
impugnazione della cartella di pagamento.

La eccezione di improponibilità del ricorso introduttivo è infondata.

In materia di tributi doganali, l’ “invito al pagamento”, emesso ai sensi
dell’art. 93 del regolamento doganale approvato con il r.d. 13 febbraio
1865, n. 65, che -secondo l’originaria previsione- precede l’atto di
ingiunzione, anche dopo il venir meno in quest’ultima, in forza dell’art. 130
del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, della funzione di precetto e di titolo
esecutivo azionabile in forme diverse dalla procedura di riscossione a
mezzo ruolo tramite il concessionario, rappresenta l’atto attraverso il quale
l’Amministrazione mette in mora il contribuente, rendendolo edotto della
maggior pretesa avanzata nei suoi confronti ed invitandolo ad assolvere il
proprio debito, pena l’avvio della procedura esecutiva.
Ed infatti, l’art. 67, comma 2, del medesimo d.P.R., n. 43 prevede che,
scaduti infruttuosamente i termini di pagamento delle somme indicate in
4
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ I c/Ag. Dogane

Co
Stefano

st.
vieri

8558 del 05/08/1991; id. Sez. L, Sentenza n. 4553 del 06/05/1999; id. Sez. L,

tale avviso, si procede alla formazione del ruolo, il quale costituisce titolo
esecutivo, sostituendosi in tale natura alla precedente ingiunzione, in
armonia con quanto stabilito dall’art. 49 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
602, che lo indica quale strumento di legittimazione del concessionario per
procedere all’esecuzione forzata ai fini della riscossione delle somme
insolute (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 3918 del 15/02/2008; id. Sez. 5,

Tale “invito di pagamento” non è, tuttavia, ricompreso nell’elenco
tassativo degli atti tributari autonomamente impugnabili previsto dall’art.
19 Dlgs n. 546/1992, e pertanto, se, da un lato, in quanto idoneo a portare a
conoscenza i presupposti di fatto e le ragioni in diritto della pretesa
impositiva, è astrattamente suscettibile, “ex se”, a fondare l’interesse alla
impugnazione ex art. 100 c.p.c. del contribuente (tanto in considerazione,
secondo alcune pronunce di questa Corte, delle esigenze di certezza dei rapporti
tributari che rinvengono il loro fondamento nei principi costituzionali di buon
andamento della PA ex art. 97 Cost. e di effettività del diritto di difesa del cittadino
ex art. 24 Cost.: cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 21045 del 08/10/2007; id. Sez.
5, Sentenza n. 4513 del 25/02/2009; id. Sez. 5, Sentenza n. 16100 del 22/07/2011;
id. Sez. 5, Sentenza n. 7344 del 11/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 17010 del
05/10/2012), dall’altro non fa insorgere in quest’ultimo “alcun obbligo alla

impugnazione immediata”, ben potendo il contribuente esperire i mezzi di
tutela, contestando la pretesa impositiva, soltanto all’esito della notifica
dell’ “atto tributario tipico” (nella specie: cartella di pagamento attraverso la
quale soltanto è possibile impugnare anche la iscrizione a ruolo: Corte cass. Sez. 5,
Sentenza n. 1630 del 25/01/2008) espressamente considerato dalla indicata

norma processuale tributaria come suscettibile di autonoma impugnazione
(cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 21045 del 08/10/2007; id. Sez. 5, Sentenza n.
4513 del 25/02/2009; id. Sez. 5, Sentenza n. 17010 del 05/10/2012).

5
RG n.2799312008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ I c/Ag. Dogane

C\Iii
k t.
Stefan
. ;livieri

Sentenza n. 13889 del 28/05/2008; id Sez. 5, Sentenza n. 15548 del 30/06/2010).

In proposito appare opportuno ribadire che la struttura impugnatoria
estesa anche al rapporto obbligatorio che caratterizza il giudizio tributario,
non sembra potersi conciliare con l’azione di accertamento negativo puro
della pretesa impositiva (cfr. Corte cass. SU 23.12.2009 n. 27209 che qualifica
come “improponibile” la domanda di accertamento negativo), laddove si consideri

che la sentenza emessa in “via anticipata” sul rapporto -se e nella misura in

atipico- non esonererebbe l’Amministrazione finanziaria (ove vittoriosa) a
dare ulteriore seguito alla procedura amministrativa emettendo l’atto
impositivo tipico, in ipotesi fondando la pretesa anche su ragioni nuove o
diverse da quelle oggetto del giudizio di accertamento (e non pare dubbio che
anche tale atto sia impugnabile dal contribuente, di certo per vizi propri dell’atto
impositivo), ovvero non impedirebbe alla Amministrazione finanziaria (ove

soccombente) di esercitare successivamente la potestà impositiva
(integrando le lacune -eventualmente rilevate nel giudizio di accertamento negativorelative alla indicazione dei presupposti di fatto od emendando le eventuali

Ne segue che l’ipotizzata tutela

insufficienze delle ragioni di diritto).

“anticipata” nei confronti di atti “stricto sensu” non impositivi non sembra
funzionale ad assolvere ad effettive esigenze di difesa e di efficienza
amministrativa indicate (che potrebbero ricevere adeguata e piena soddisfazione
mediante un serio contradditorio nella sede amministrativa stragiudiziale), venendo

piuttosto ad innescare ulteriori, e non necessarie, occasioni di conflitto che
non esiteranno a riproporsi nella successiva -pertinente- sede della
impugnazione del provvedimento impositivo tipico notificato al
contribuente. Ne consegue che l’ “invito di pagamento” in questione (in
materia doganale), in quanto atto di mera partecipazione volto a portare a
conoscenza del contribuente gli esiti del controllo (non essendo più, dopo la
riforma del Dpr n. 43/1988, direttamente collegato all’immediato esercizio
dell’attività di riscossione coattiva: Corte cass. V sez. 15.2.2008 n. 3918), deve

qualificarsi -come riconosciuto anche da una parte della dottrina- come mero atto
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RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Se

ns. est.
livieri

cui venga ad essere definito nei suoi tratti salienti nell’atto tributario

rappresentativo, “in via anticipata”,

della volontà impositiva della

Amministrazione -che dovrà, quindi, successivamente, essere manifestata
in forma tipizzata mediante adozione di uno dei provvedimenti impositivi
indicati nell’elenco tassativo dell’art. 19 Dlgs n. 546/1992-, e dunque non
soltanto deve escludersi che la omessa impugnazione di tale atto
partecipativo determini la intangibilità della pretesa tributaria, ma deve

verrebbe altrimenti a risolversi in un’azione di accertamento negativo
improponibile nel giudizio tributario.

Ne consegue che la mancata impugnazione degli “inviti di pagamento”
non precludeva la proposizione del ricorso dei contribuenti avverso le
successive cartelle di pagamento oggetto del presente giudizio.

1.4

La Agenzia ha inoltre eccepito la inammissibilità dei motivi di

ricorso contrassegnati dalle lett. D, E, F, G, I ed L in quanto sforniti della
indicazione delle norme di legge violate e privi di adeguato quesito di
diritto ex art. 366 bis c.p.c., ed ancora dei motivi indicati sub lett. G,H,I,L
ed M n quanto introducono questioni di fatto volte ad un mero riesame del
giudizio di merito.
L’esame della eccezione va rinviata in sede di valutazione di ciascun
motivo del ricorso principale.

§ 2. Esame dei motivi del ricorso principale
2.1.1

Con il primo motivo-A

i ricorrenti denunciano la violazione

dell’art. 84 Dpr n. 43/1973 TULD come modificato dall’art. 29 della legge
29.12.1990 n. 428, essendo ampiamente decorso il termine prescrizionale
per fare valere il diritto doganale, in quanto le operazioni di importazione si

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RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Co est.
Stefano livieri

escludersi “a priori” la stessa impugnabilità dell’invito di pagamento che

erano concluse ad ottobre 1992 ed essendo stati notificati gli inviti di
pagamento soltanto il 31.5.1999.

2.1.2 H secondo-B e terzo-C motivo -formulati in via gradatamente
subordinata- completano la censura formulata con il primo motivo relativa
alla violazione dell’art. 84 TULD in relazione alla prescrizione del diritto

prescrizionale fosse fatto decorrere dalla sentenza penale n. 47 in data
9.6.2000 (depositata in data 6.9.2000 come riferito dalla Agenzia resistente),
divenuta irrevocabile, se ne dovrebbe trarre allora la conseguenza della
inesigibilità temporanea del credito tributario e della inesistenza o nullità di
tutti gli atti del procedimento tributario compiuti in pendenza del giudizio
penale e prima del passaggio in giudicato della sentenza (ed in particolare
degli inviti a pagamento emessi dalla Direzione Circoscrizionale delle
Dogane di Trieste in data 31.5.1999), con conseguente invalidità derivata
delle cartelle di pagamento inidonee ad interrompere il termine
prescrizionale.
In ogni caso, secondo i ricorrenti, la pretesa tributaria della Agenzia
delle Dogane sarebbe da ritenersi comunque estinta, atteso che la norma di
diritto internazionale di cui all’art. 6 paragr. 8 della Convenzione di
Ginevra conchiusa il 15.1.1959 e ratificata con legge 12.8.1962 n. 1517 relativa al trasporto internazionale di merci su strada- dispone il termine di
prescrizione annuale e si impone quale norma speciale sulla disciplina
dell’art. 84 TULD, con la conseguenza che la prescrizione, decorrente dal
giudicato penale, alla data 5.5.2003 di notifica delle cartelle di pagamento
doveva intendersi compiuta.

2.1.3 Complementare ai precedenti motivi di ricorso è la questione
sollevata con il quarto motivo-D. I ricorrenti censurano la sentenza di
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RG n.2799312008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

est.
Olivieri

doganale: i ricorrenti assumono che, nel caso in cui il termine

••

appello sostenendo che in conseguenza della inesigibilità del credito
doganale durante la pendenza del procedimento penale “non può esservi
dubbio che ogni atto notificato in data precedente è assolutamente
inesistente e comune affetto da nullità insanabile”, con la conseguenza che
la inesistenza dell’atto presupposto (invito al pagamento) determina la
invalidità derivata con effetto caducante della successiva iscrizione a ruolo
e della notifica delle cartelle di pagamento.

2.1.4 I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, inerendo
alla medesima questione preliminare di merito, superano il vaglio di
ammissibilità in quanto corredati del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.
ed in quanto -sebbene in assenza di specifica indicazione in rubrica delle norme
violate e del vizio di legittimità censurato- non comportano assoluta incertezza

in ordine alla individuazione delle norme di diritto asseritamente violate riportate nella esposizione dei singoli motivi- ed in ordine alla individuazione al

parametro del sindacato di legittimità richiesto alla Corte (art. 360co 1 n. 3
c.p.c.).
Non può infatti ritenersi preclusa alla Corte la corretta qualificazione ed
individuazione del motivo di ricorso, nel caso in cui, la esatta
individuazione del parametro di legittimità violato possa essere
agevolmente compiuta -come nel caso di specie- alla stregua del
complessiva lettura del ricorso e precipuamente degli argomenti svolti a
sostegno della censura (cfr. corte cass. 3941/2002; Corte cass. I sez. 5.4.2006
n. 7882; id. I sez. 13.9.2006 n. 19661; id. I sez. 3.3.2007 n. 7981)

2.1.5 I motivi sono tutti infondati e, la statuizione della Commissione
tributaria friulana di rigetto del motivo di gravame con il quale veniva
dedotta la eccezione di prescrizione -previa correzione della motivazione ai
sensi dell’art. 384 c.p.c.- risulta conforme a diritto.
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RG n.27993/2008
tic. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Co est.
Stefano
eri

2.1.6 Questa Corte ha enunciato il principio secondo cui l’azione dello
Stato per l’accertamento e la riscossione dei diritti doganali, ove il loro

mancato pagamento abbia causa da un reato, si prescrive, ai sensi dell’art.
84 comma 3 del d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, nel termine di tre anni
(cinque anni anteriormente alle modifiche introdotte dall’art. 29co1 della legge n.

nel procedimento penale siano divenuti irrevocabili, e cioè da quando sia
definitivamente preclusa l’ulteriore perseguibilità del fatto come reato in
forza di una qualsiasi pronuncia del giudice penale, ivi compresa quella di
estinzione del reato per prescrizione (cfr. Corte cass. I sez. 10.8.1990 n. 8139;
id. V sez. 22.9.2006 n. 20513; id. V sez. 20.3.2009 n. 6820), con la conseguenza

che, trovando titolo la obbligazione doganale (artt. 201-203 CDC), nel caso
di specie, in un fatto reato (reato di contrabbando) ed essendo intervenuto il
giudicato penale in data 9.6.2000 (circostanza incontroversa), la
prescrizione del credito doganale iscritto a ruolo e portato dalle cartelle di
pagamento non poteva iniziare a correre prima di tale data..

2.1.7 Occorre considerare al riguardo che l’art. 221 paragr. 3 del CDC
(nel testo modificato dal reg. CEE n. 2700 del 2000) stabilisce il termine di tre

anni dalla insorgenza della obbligazione doganale per la comunicazione al
debitore della “contabilizzazione” del dazio.
Lo stesso art. 221 CDC, al paragrafo 4, consente il differimento
superamento di tale termine se “l’obbligazione doganale sorge a seguito di
un atto perseguibile penalmente”: in tal caso la comunicazione può essere
effettuata alle condizioni previste dalle disposizioni comunitarie (o in
difetto nazionali) vigenti.
L’art. 84 comma 3 TULD (nel testo modificato dall’art. 29co1 legge n.
428/1990), nel caso in cui “il mancato pagamento totale o parziale dei diritti
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RG n.27993/2008
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C
Stef.

est.
wieri

428/1990) decorrente dalla data in cui il decreto o la sentenza pronunciati

abbia causa da un reato”, posterga il “dies a quo” di decorrenza del
termine di “prescrizione” triennale, stabilito in via generale “dalla data in
cui i diritti sono divenuti esigibili” (comma 2 lett. d), alla data in cui la

sentenza pronunciata nel procedimento penale è divenuta irrevocabile
(mentre il comma 4 del medesimo articolo del TULD dispone che se il mancato
pagamento è dipeso da “erroneo o inesatto accertamento” della “quantità, qualità,

già previsto dall’art. 74 TULD ed ora dall’art. 78 CDC -cd. controllo a posteriori- e
dall’art. 11 Dlgs n. 374/90, che è soggetto a termine di decadenza di tre anni dalla
data in cui l’accertamento è divenuto “definitivo”

-idest da quando la bolletta è

stata registrata: art. 9co2 Dlgs n. 374/90-).

Il descritto sistema normativo è stato interpretato da questa Corte nel
senso che il termine (triennale) entro il quale deve effettuarsi la
contabilizzazione ed il recupero dei dazi “a posteriori” (idest successivamente
alla intervenuta definitività dell’accertamento doganale od allo svincolo delle merci)

deve intendersi collegato in ogni caso (art. 221 paragr. 3 CDC, con
applicazione generale sostitutiva di eventuali termini diversi previsti dalle normative
degli Stati membri) al momento in cui nasce la obbligazione doganale con

l’effettuazione delle operazioni di importazione richieste per il
perfezionamento degli elementi costitutivi della pretesa tributaria
(immissione al consumo nel Paese di destinazione della merce importata, mediante
presentazione della dichiarazione doganale).

La comunicazione della contabilizzazione a posteriori del dazio, può,
tuttavia, essere effettuata anche oltre il termine triennale -in tal caso da
ritenersi prorogato- qualora non sia stato possibile procedere alla
liquidazione dell’importo dovuto dal contribuente

“a causa di un atto

perseguibile penalmente”: in tal caso la comunicazione al debitore può
essere effettuata dopo il triennio, nel senso che la prescrizione inizia a
decorrere dalla data in cui l’accertamento del reato è divenuto irrevocabile
(art. 84 comma 3 TULD).
Il
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C
Stef

est.
vieri

valore, origine” della merce, l’Ufficio deve seguire il procedimento cd. di revisione

La norma non consente, peraltro, di ritenere indefinitamente interrotto il
termine prescrizionale a far data dal “tempus commissi delicti” ovvero
dalla formale conoscenza del reato e fino alla pronuncia di condanna
irrevocabile, in quanto in tal modo si “finirebbe per prorogare sine die il
termine per la contabilizzazione a posteriori, sul quale non possono influire
eventuali disfunzioni amministrative nell’espletamento dei controlli ad un

imputabili”. Diversamente opinando si verrebbe, infatti, ad arrecare un
vulnus al principio di certezza dei rapporti giuridici in quanto il
prolungamento del termine in questione sarebbe arbitrariamente demandato
ai tempi burocratici od alle inefficienze della PA, che caratterizzano
l’esercizio dei poteri di verifica e di accertamento, o peggio ai ritardi
attribuibili agli organi amministrativi nel trasmettere la notizia di fatti
penalmente rilevanti appresi nel corso delle indagini svolte in attuazione dei
compiti istituzionali (cfr. Corte cass. V sez. n. 22014/2006 cit.; id. V sez.
6.9.2006 n. 19193).

L’evento al quale deve essere ricollegato l’effetto normativo della
proroga del termine prescrizionale è stato, pertanto, individuato dalla
giurisprudenza di legittimità nel primo atto della PA con il quale venga
formulata una ipotesi suscettibile di configurare anche astrattamente un
fatto illecito penalmente rilevante (“notitia criminis”), idoneo ad incidere
sul presupposto d’imposta.
Se tale atto (notitia criminis) interviene nel triennio decorrente dalla
insorgenza della obbligazione doganale, allora opera la “proroga” predetta
fino al definitivo accertamento del reato; diversamente debbono ritenersi
irrilevanti sul decorso del termine triennale -conformemente al disposto
dell’art. 2935 c.c.- eventuali impedimenti di mero fatto all’esercizio del
diritto da parte della Amministrazione doganale, quale ad esempio la
mancata tempestiva scoperta dell’illecito da cui origina la pretesa di

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ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ l c/Ag. Dogane

Ste

s. est.
Olivieri

imperfetto coordinamento tra le autorità doganali nazionali e comunitarie

maggiori dazi (con l’unica eccezione dell’occultamento doloso del debito: cfr.
Corte cass. V sez. 13.10.2006 n. 22014, in motivazione).

2.1.8

Alla stregua della indicata interpretazione delle norme

disciplinanti la materia del recupero a posteriori dei dazi (condivisa anche
dalle successive sentenze della Corte : cfr. Corte cass. V sez. 14.5.2008 n. 12037;

diritto sottoposta alla Corte deve essere risolta a favore della Agenzia delle
Dogane, essendo stata azionata la pretesa, mediante iscrizione a ruolo e
conseguente notifica della cartelle di pagamento, entro il termine triennale
decorrente dalla irrevocabilità della sentenza penale, e non essendo stato,
peraltro, neppure allegato dai ricorrenti che la prescrizione sia maturata in
dipendenza di un ipotetica tardiva scoperta dell’illecito ovvero in un
ingiustificabile ritardo della PA nella trasmissione della “notitia criminis” .

2.1.9 Priva di fondamento giuridico, inoltre, è la tesi difensiva secondo
cui il differimento ex lege (art. 84co 3 TULD) del “dies a quo” del termine
prescrizionale precluderebbe alla Amministrazione l’esercizio dei poteri
impositivi : tale effetto preclusivo, infatti, non è espressamente contemplato
dalla norma doganale, né e dato in essa rinvenire, neppure implicitamente,
una giustificazione razionale dell’effetto sospensivo della potestà tributaria.
Lo spostamento legale del termine non trova, infatti, fondamento nella
impossibilità legale di esercizio del diritto, ma in una situazione di mero
fatto -scoperta di una condotta penalmente illecita rilevante sul presupposto
impositivo- che rende opportuno il differimento del termine ad esclusivo
vantaggio della Amministrazione finanziaria (in considerazione della
prevedibile complessità delle indagini volte alla ricostruzione della
fattispecie concreta), e che, in difetto di espressa considerazione nella
norma doganale, sarebbe altrimenti rimasta indubitabilmente sottratta al
campo di applicazione dell’art. 2935 c.c. (impedimento giuridico).
13
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Ste

s. est.
Olivieri

id. V sez. ord. 2.3.2009 n. 4999; id. V sez. 7.5.2010 n. 11181), la questione di

L’Agenzia delle Dogane è dunque legittimata, anche in pendenza di
procedimento penale, ad esercitare il potere impositivo (come è dato
indirettamente argomentare anche dalla autonomia dei giudizi penale e tributario ex
art. 20 Dlgs n. 74/2000), essendo facoltizzata, in ogni caso, ad avvalersi del

più lungo termine di prescrizione fissato dalla norma del TULD per la
riscossione dei diritti doganali.

precedentemente rilevato, l’ “invito al pagamento” (cfr. art. 93 reg. n.
65/1865; art. 67 Dpr n 43/1988) non costituisce atto formale tipico
attraverso il quale l’Amministrazione doganale esercita la potestà
impositiva (svolgendo soltanto la funzione di una comunicazione anticipata degli
elementi costitutivi della pretesa che verrà azionata successivamente), dovendo

questo piuttosto identificarsi, in seguito alla abrogazione del sistema di
riscossione di cui al RD n. 639/1910 disposta dal Dpr n. 43/1988, nell’atto
di iscrizione a ruolo e nella emissione della cartella di pagamento, atti che,
nella specie, sono stati entrambi adottati dalla Agenzia delle Dogane
successivamente alla irrevocabilità della sentenza penale, venendo quindi
meno lo stesso presupposto di fatto su cui viene fondata la censura proposta
dai ricorrenti.

2.1.10 Scarsamente intelligibile risulta il terzo motivo con il quale i
ricorrenti eccepiscono la prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 6 paragr. 8
della Convenzione doganale di Ginevra in data 15.1.1959 concernente il
trasporto internazionale di merci con libretti TIR e ratificata con legge n.
1517/1962 (tale convenzione è stata infatti abrogata, con effetto dalla entrata in
vigore della nuova Convenzione concernente il trasporto internazionale di merci con
libretti TIR, conchiusa a Ginevra il 14.11.1975 -cfr art. 56co l- approvata dalla CE in
data il 25.7.1978 e ratificata con legge 7.10.1982 n. 706, e non può dunque trovare
applicazione alla fattispecie in esame).

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RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

Stef

est.
livieri

In ogni caso la censura non è pertinente alla fattispecie in quanto, come

La norma invocata si riferisce, peraltro, alla obbligazione avente ad
oggetto il pagamento dei diritto doganali, degli interessi e delle pene
pecuniarie assunta -non dal vettore ma- dalla “associazione” -riconosciuta dal
Paese contraente ai sensi dell’art. 5 Conv.- chiamata a garantire il trasporto

mediante rilascio del libretto TIR e prestazione di apposita fidejussione
doganale. Nel caso in cui lo scarico del libretto TIR sia avvenuto con abuso

associazione nel termine di due anni (art. 6 paragr. 7), e debbono quindi
notificare alla associazione -a pena di decadenza, entro tre anni da detta
comunicazione- la domanda di pagamento dei diritti doganali: nondimeno,
come prescritto dall’art. 6 paragr. 8, “se durante tale termine il caso sia
stato deferito alla autorità giudiziaria, la domanda di pagamento è
notificata entro un anno dal giorno in cui la decisione giudiziaria sia
passata in giudicato”.
La Convenzione internazionale si limitava a disciplinare, pertanto,
soltanto la obbligazione solidale dell’associazione garante (art. 6 paragr. 1),
senza incidere in alcun modo sulle modalità di insorgenza della
obbligazione doganale nei confronti dei “soggetti-debitori”, risultando
dunque inconferente il richiamo al termine di decadenza annuale ivi
previsto che non sostituisce, quindi, quello triennale previsto dall’art. 84co3
TULD.

2.2.1

Con il quinto-E e sesto-F motivo viene dedotta, sotto diversi

profili, la violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990 avendo i Giudici
territoriali erroneamente ritenuto legittimi gli “inviti al pagamento” che
invece erano privi della indicazione del responsabile amministrativo,
dell’autorità amministrativa alla quale era possibile proporre ricorso per
attivare i poteri di autotutela, della indicazione del termine di impugnazione
e dell’autorità giudiziaria avanti la quale era opponibile l’atto.
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RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ l c/Ag. Dogane

Ste

est.
livieri

o con frode, le autorità doganali devono darne comunicazione alla

2.2.2 Entrambi i motivi, corredati del quesito di diritto, sono
ammissibili ma infondati.

2.2.3 Premesso che le indicazioni in questione sono prescritte, in via
generale, per i soli atti impositivi (art. 7co2 lett. a, b, c legge n. 212/2000) e

delle ragioni della pretesa fiscale, quali appunto gli “inviti al pagamento”,
vale osservare che la omessa indicazione della autorità amministrativa
“presso la quale è possibile promuovere un riesame anche del merito
dell’atto in sede di autotutela”, non determina ex se la invalidità dell’atto,
alla stregua del principio enunciato da questa Corte, e dal quale il Collegio
non ha ragione di discostarsi, secondo cui “la mancata indicazione negli
atti impositivi degli enti contro i quali può proporsi ricorso …… non
determina alcun pregiudizio per la difesa del contribuente, in quanto si
tratta di indicazioni che, ai sensi dell’art. 7, comma 2, della legge 27 luglio
2000 n. 212, non sono previste a pena di nullità e potrebbero assumere
rilevanza solo se ne derivi una giustificata incertezza sui mezzi di tutela”
(cfr. Corte cass. V sez. ord. 30.9.2011 n. 20024). Del pari la mancata
indicazione nell’ “avviso di pagamento” dell’organo giudiziario avanti alla
quale è consentito proporre la opposizione e del relativo termine di
impugnazione (art. 7co3 legge n. 241/190 ed art. 7co2 lett. c) legge n. 212/2000)
non inficia la validità dell’atto impositivo, ma “comporta, sul piano
processuale, il riconoscimento della scusabilità dell’errore in cui sia
eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in
termini per l’impugnativa, ove questa sia stata tardivamente proposta” (cfr.
Corte cass. V sez. ord. 27.9.2011 n. 19675; id. Sez. 1, Sentenza n. 3840 del
26/02/2004; id. Sez. 5, Sentenza n. 19189 del 06/09/2006; id. Sez. 5, Sentenza n.
20532 del 22/09/2006 secondo cui “In tema di accertamento della tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la mancata indicazione, nell’avviso di
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RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ I c/Ag. Dogane

C
Stef.

st.
vieri

non anche per i meri atti di partecipazione che “anticipano” la esternazione

accertamento, dell’autorità amministrativa dinanzi alla quale il contribuente può
presentare ricorso non comporta la nullità dell’atto: tale sanzione, infatti, non è
prevista né dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale prescrive
unicamente l’indicazione del termine e dell’autorità giurisdizionale alla quale è
possibile ricorrere, essendo quella giurisdizionale la via ordinaria d’impugnazione,
né dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, il quale richiede l’indicazione

giurisdizionale, essendo tale indicazione sufficiente ai fini della tutela del diritto di
difesa del contribuente”; id. Sez. 3, Sentenza n. 1766 del 08/02/2012) .

I contribuenti, nella specie, non hanno peraltro allegato, né dimostrato,

se e quale pregiudizio abbiano in concreto subito in ordine all’esercizio dei
rimedi a tutela ed al proprio diritto di difesa, atteso che, come emerge dalla
sentenza impugnata, risulta al contrario che sono stati in grado di svolgere
compiutamente tutte le difese mediante impugnazione dei ruoli e delle
cartelle di pagamento.

2.4.1 Con il settimo-G motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza
appello nella parte in cui era stata riconosciuta la responsabilità solidale dei
conducenti degli automezzi e della società di trasporto per la obbligazione
doganale derivante dalla immissione al consumo di merce (animali vivi)
non corrispondente per requisito di origine a quella indicata nelle bollette
doganali e nei documenti di trasporto.

2.4.2 Con i motivi nono-I e decimo-L si censura ancora la sentenza di
appello per erronea valutazione della efficacia probatoria della sentenza
penale del Tribunale di Trieste n. 487 in data 9.6.2000, di applicazione
della pena su richiesta delle parti, e per non avere “dato rilievo alla
possibilità di erroneità della indagine e quindi della esistenza dell’attività
di presunto contrabbando”.

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RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti Fili Modesto+1 c/Ag. Dogane

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livieri
Stefan

dell’autorità amministrativa soltanto in alternativa a quella dell’organo

2.4.3 I tre motivi, che devono intendersi diretti a far valere un vizio
logico della motivazione, e che, stante la connessione logica, possono
essere esaminati congiuntamente, debbono ritenersi inammissibili.

2.4.4 Ed infatti se, da un lato, difetta del tutto il requisito di
ammissibilità richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. -espressamente richiesto anche
c.p.c.- attesa la assoluta genericità e tautologia della formulazione sintetica
del fatto controverso e la omessa individuazione della parte argomentativa
della sentenza affetta dal vizio logico impugnata (“la Corte dovrà ritenere
inesistente una prova dell’esistenza del consilum fraudis con la complicità degli
autisti…”; “La Corte ritenuta la natura dell’istituto del patteggiamento quale libera
scelta processuale dovrà valutare la mancanza di una certa responsabilità
penale…”; “La Corte dovrà valutare la possibilità della erroneità della indagine”),

dall’altro nessuno dei motivi assolve al requisito di “specificità” di cui
all’art. 366co1 n. 4) c.p.c. (che se pure non espressamente previsto da tale norma
processuale deve, tuttavia, egualmente desumersi dalla tassativa indicazione dei
paradigmi normativi del vizio di legittimità ex art. 360co 1 nn. 1-5 c.p.c., alla stregua
dei quali soltanto può essere condotto il sindacato di legittimità, che presuppongono
inequivocamente e necessariamente la precisa individuazione dell’errore di fatto o di
diritto cui deve rivolgersi “specificamente” la critica del ricorrente).

Al ricorrente è, infatti, richiesto di fornire “la precisa indicazione di
carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la decisione od il
capo di essa censurato, ovvero la speccazione di illogicità o ancora la
mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte e quindi l’assoluta
incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli
stessi” (Corte cass. III sez. 5.3.2007 n. 5066; id sez. lav. 23.5.2007 n. 12052), non
essendo invece consentito, in considerazione dei limiti imposti dalla
funzione nomofilattica affidata alla Corte, procedere nel giudizio di
legittimità, non solo al riesame delle prove la cui valutazione sia stata fatta
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RG n.2799312008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+1 c/Ag. Dogane

C dtks
Stefan
vieri

nel caso in cui venga denunciato il vizio di legittimità di cui all’art. 360co1 n. 5)

in modo difforme da quella prospettata dal ricorrente, ma altresì
all’accertamento di un eventuale travisamento delle prove stesse, essendo il
controllo possibile solo se tale vizio logico si traduca in una insufficiente
motivazione. Infatti, la valutazione delle prove da parte del giudice di
merito sfugge al sindacato della suprema Corte se, dalla motivazione della
sentenza, risulti che detto giudice abbia desunto il proprio convincimento

spiegare le ragioni che lo hanno indotto a preferire l’una anziché l’altra delle
versioni prospettate dalle parti (massima consolidata: Corte cass. III sez.
11.2.1969 n 478; id. V sez. 12.8.2004 n. 15675; id. sez. lav. 11.7.2007 n. 15489; id.
sez. lav. 2.2.2007 n. 2272; id. sez. lav. 23.12.2009 n. 27162).

Ne consegue che, per assolvere all’indicato requisito di specificità, il
motivo con il quale viene dedotto il vizio motivazionale deve evidenziare in
modo chiaro e preciso il carattere “decisivo” della prova omessa od
inesattamente apprezzata dal giudice di merito, come peraltro richiesto
espressamente dall’art. 360co1 n. 5) c.p.c. .
La nozione di “punto decisivo” della controversia (“fatto controverso e
decisivo” nel testo dell’art. 360co1 n. 5) c.p.c. sostituito dall’art. 2col Dlgs 2.2.2006
n. 40), di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., sotto un primo aspetto si

correla al “fatto” sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe
inciso, ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un
fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina
giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi,
di un “fatto costitutivo, modifìcativo, impeditivo od estintivo del diritto”.
Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto
sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del
vizio denunciato a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque,
afferisce al “nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione”,
essendo, pertanto, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente,
sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe, avuta una
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dall’esame di tutte le risultanze istruttorie ed abbia ottemperato al dovere di

ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito

e

non già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di
motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse
configurabile solo per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito
ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso

“soltanto

possibile o probabile” una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata

contraddittorietà fosse configurabile solo perché su uno specifico fatto
appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o
contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al
suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art.
360 si risolverebbe nell’investire la Corte di Cassazione del controllo “sic et
simpliciter” dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla
funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare
luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella
fase di merito (cfr. Corte cass. III sez. 7/12/2004 n. 22979; id. III sez. 5/08/2005
n. 16582; id. III sez. 22/09/2006 n. 20636).

Ne consegue che deve essere data conferma al principio di diritto
enunciato dalla Corte secondo cui “per poter configurare il vizio di
motivazione su un asserito punto decisivo della controversia è necessario

un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la
soluzione giuridica data alla controversia,

tale da far ritenere che quella

circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa

soluzione della vertenza.

Il mancato esame di elementi probatori,

contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia,

costituisce

vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali
non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non
di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze

sulle quali

il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva
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dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o

di base” (cfr. Corte cass. Sez. Lav. 26.5.2004 n. 10156; id. III sez. 21/04/2006 n.
9368; id III sez. 26/06/2007 n. 14752).

2.4.5 Tanto premesso il Giudice friulano ha individuato gli elementi
determinati ai fini della decisione nelle indagini eseguite dalla Guardia di
Finanza e nelle informazioni fornite dalle autorità Slovacche e Slovene

coinvolto nell’illecito anche il conducente degli automezzi, non soltanto in
quanto ha inteso desumere elementi di colpevolezza dalla “mera scelta
processuale” dell’imputato di definire il procedimento penale con la
richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.c., ma soprattutto in
considerazione di puntuali elementi di fatto emersi da quel procedimento
penale (pienamente utilizzabili come indizi, da sottoporre al vaglio critico,
anche nel giudizio tributario: cfr. Corte cass. V sez. 2.12.2002 n. 17037; id. III
sez. 4.3.2004 n. 4394 secondo cui il Giudice tributario “può legittimamente porre a

base del proprio convincimento, in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi
dell’obbligazione tributaria in lite, le prove assunte in un diverso processo e anche in
sede penale, quali prove atipiche idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se
ed in quanto non smentite dal raffronto critico – riservato al giudice di merito e non
censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – con le altre risultanze
del processo”; id. V sez. 21.2.2007 n. 4054) ed in particolare dalle dichiarazioni

rese dallo stesso conducente dell’automezzo che aveva riferito di aver
caricato gli animali in Cecoslovacchia ma di essere entrato in possesso
della documentazione doganale -rivelatasi falsa- soltanto in territorio
sloveno e poco prima di transitare in Italia, anomalia che avrebbe dovuto,
quanto meno, indurre in sospetto -sulla effettiva regolarità della operazione
doganale- il conducente in quanto soggetto esperto del settore, svolgendo
egli trasporti sulle tratte internazionali e trattandosi “non di un semplice
conducente di automezzi… ma del titolare della ditta di autotrasporto
coinvolta” (la possibilità per il Giudice di trarre elementi confermativi della
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dalle quali era emersa la falsità dei documenti di trasporto, ritenendo

responsabilità dalla sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod.
proc. pen., è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza di questa Corte e

deriva dalla considerazione secondo cui tale sentenza “pur non determinando un
accertamento insuperabile di responsabilità nei giudizi civili e amministrativi,
costituisce pur sempre un indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito e,
sebbene priva di efficacia automatica in ordine ai fatti accertati, implica tuttavia

essere valutata dal giudice contabile al pari degli altri elementi di giudizio”: Corte
cass. SU 12.4.2012 n. 5756; id. Sez. 2, Sentenza n. 26250 del 06/12/2011; id. Sez. 3,

Sentenza n. 15889 del 20/07/2011 -con riferimento al giudizio disciplinare —; id. 6-3
sez. ord. 6.12.2011. Cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 24587 del 03/12/2010, id.

Sez. 5, Sentenza n. 10280 del 21/04/2008, id. Sez. U, Sentenza n. 17289 del
31/07/2006 -tutte con specifico riferimento al giudizio tributario – ).

2.4.6 Orbene la parte ricorrente nella esposizione dei motivi si è diffusa
ampiamente nella rappresentazione di diverse ipotesi ricostruttive della
vicenda in fatto, meramente alternative a quella effettuata dai Giudici
territoriali, limitandosi, peraltro, a censurare soltanto taluni passaggi
motivazionali non decisivi, omettendo del tutto di rivolgere la critica alle
prove dei fatti specifici posti a base della decisione (evidenziati nella
motivazione della decisione di prime cure -della quale la CTR friulana ha
condiviso integralmente l’impianto argomentativo- e riportati,
riassuntivamente, nella parte relativa allo “svolgimento del processo” della
sentenza di appello), nonchè a contrapporre mere congetture alle risultanze
probatorie emerse nel procedimento penale, poste dal Giudice di appello a
fondamento della propria decisione, ipotizzando meri dubbi ricostruttivi
della fattispecie ma senza indicare le prove decisive, e senza spiegare le
ragioni per cui l’impianto probatorio sul quale il Giudice di merito ha
fondato il proprio convincimento dovrebbe venire ad essere “con certezza”
sostituito da elementi e valutazioni ipotetiche che risultano contrastanti e
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l’insussistenza di elementi atti a legittimare l’assoluzione dell’imputato e, quindi, può

dovrebbero ritenersi prevalenti rispetto agli elementi fattuali assunti a base
della decisione impugnata.

2.5.1 Con l’ ottavo-H motivo i ricorrenti impugnano la sentenza di
appello in quanto ritenuta affetta dal vizio di “error juris” avendo i Giudici
di merito, in violazione dell’art. 38 Dpr n. 43/1973 TULD, ritenuto gli

soggetti passivi della obbligazione doganale, mentre tali dovevano
considerarsi soltanto il “proprietario della merce” e “solidalmente tutti
coloro per conto dei quali la merce è importata od esportata”.

2.5.2 11 motivo è infondato.

La norma doganale asseritamente violata è infatti richiamata a
sproposito riferendosi alla individuazione dei soggetti passivi della
obbligazione doganale “legalmente” insorta a seguito di regolare
“destinazione al consumo entro il territorio doganale” delle merci
“dichiarate per la importazione definitiva” (art. 36co1 e 2 Dpr n. 43/1973).
Diversamente, nel caso di specie, le norme di riferimento volte ad
individuare il soggetto passivo della obbligazione doganale vanno rinvenute
nell’art. 36 commi 5 e 6 TULD secondo cui la obbligazione doganale
insorge (“si presume immessa definitivamente al consumo”) quando la merce
“sia stata indebitamente sottratta ai vincoli doganali”, ovvero “non sia
stata prestata alle verifiche ed ai controlli doganali nei termini prescritti”o
ancora “non sia stata rinvenuta all’atto delle operazioni [di verifica o
controllo]”: in tali casi la responsabilità per la obbligazione doganale grava
su tutti i soggetti che sono a qualsiasi titolo intervenuti a realizzare il
presupposto d’imposta (con riferimento alla posizione del soggetto che provvede
al trasporto delle merci: artt. 36 ter paragr. 38 paragr. 2, 40 e 64 paragr. 1 CDC;
art. 181 ter reg. n. 2454/1993),

come è dato desumere dagli artt. 282
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Co4sst.
ivieri
Stefan

autotrasportatori e la ditta di autotrasporto solidalmente responsabili quali

(“chiunque” introduce illegalmente nel territorio doganale merce), 292 (“chiunque,
fuori dei casi previsti dagli articoli precedenti, sottrae merci al pagamento dei diritti
di confine dovuti….”) e dall’art. 329co2 (“quando il delitto di contrabbando sia
commesso ….sui veicoli di qualsiasi genere, …il vettore…l’Ente o la persona da cui
dipende il servizio,…l’esercente o il proprietario…sono…solidalmente responsabili
con i condannati per il pagamento dei dritti dovuti”) del Dpr n. 43 /1973 TULD,

“introduzione”

della merce nel territorio doganale come emerge

inequivocamente in tutte le ipotesi contemplate dal reg. CEE n. 2913/1992
CDC in cui è previsto che la obbligazione doganale insorge :

con la accettazione della dichiarazione doganale (art. 201)

al momento della “irregolare” introduzione della merce (art. 202)

all’atto della “sottrazione delle merce al controllo” doganale (art.
203)

con l’inadempimento agli obblighi che derivano dalla permanenza in
custodia temporanea ovvero dall’utilizzazione di uno speciale regime
doganale, ovvero con l’inosservanza di una delle condizioni richieste
dal regime vincolato o per la fruizione di un dazio agevolato
dipendente dall’utilizzazione della merce (art. 204)

al momento del consumo od utilizzazione della merce, in zona franca
o in deposito franco, in condizioni diverse da quelle previste dalla
normativa in vigore (art. 205).

In tutte le indicate ipotesi, oltre al debitore principale, vengono
espressamente indicate come solidalmente responsabili (art. 214 CDC) tutte
le altre persone che hanno partecipato in qualsiasi modo alle operazioni di
introduzione della merce o ancora che hanno “acquisito o detenuto” la
merce, “sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere” che la merce era
stata irregolarmente od illecitamente introdotta nel territorio doganale.
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st.
Stefan1 wieri

rimanendo integrato l’elemento oggettivo della fattispecie tributaria con la

2.5.3 Orbene il soggetto incaricato del trasporto della merce, oltre ad
eseguire materialmente il trasporto ed adempiere agli obblighi connessi alla
presentazione della merce all’Ufficio doganale del Pese di importazione,
sottoscrive il documento di trasporto (nel quale viene anche identificata la merce
caricata sull’automezzo) che deve essere prodotto, su richiesta delle autorità,

al momento della presentazione della dichiarazione doganale (art. 218

che si inseriscono causalmente nella sequenza delle diverse attività ed
operazioni dirette alla “introduzione” (nella specie “irregolare”) delle merci
trasportate nel territorio doganale dello Stato membro destinatario finale
della importazione.
Tanto è sufficiente a configurare l’elemento obiettivo, cui è ricollegata la
insorgenza della obbligazione doganale, anche nei confronti del soggettotrasportatore, laddove difetti -come nel caso di specie- la prova che lo
stesso, pur avendo materialmente trasportato merce diversa da quella
dichiarata dall’esportatore ed indicata nel documento di transito (Carnet
TIR), non fosse a conoscenza o, comunque, non potesse in alcun modo
sospettare della irregolarità della operazione di importazione.
Conforme a diritto deve, pertanto, ritenersi la decisione impugnata
laddove ha qualificato il conducente dell’automezzo e la società di
autotrasporto -quale ente proprietario del mezzo ed alle dipendenze del
quale lavorava il conducente- come soggetti passivi dell’obbligazione
doganale.

2.6.1 Con l’ undicesimo-M motivo

i ricorrenti si dolgono del mancato

accoglimento da parte dei Giudici di merito della istanza istruttoria diretta
all’espletamento di c.t.u. sul peso dei bovini. Sostengono i ricorrenti che i
bovini di origine croata pesano mediamente Kg. 400 mentre quelli di
origine ungherese o slovacca pesano circa Kg. 600, sicché la perizia
25
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ l c/Ag. Dogane

CoGbk t.
Stefan3r07; ieri

paragr. 2 reg. CEE n. 2454/1993), e dunque pone in essere condotte materiali

avrebbe certamente potuto dimostrare che gli animali trasportati ed
introdotti in Italia erano croati e dunque conformi al regime doganale
preferenziale dichiarato.

2.6.2 H motivo che, in difetto di alcuna specificazione in rubrica,
sembra rivolto a censurare la sentenza di appello in relazione al vizio di

inammissibile, tanto alla stregua della carente sintesi del fatto controverso
richiesta a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., quanto in
considerazione della carente indicazione dell’elemento probatorio
“decisivo” idoneo a sovvertire le conclusioni cui sono pervenuti i Giudici di
merito:
– l’affermazione dei ricorrenti secondo cui “la circostanza del diverso
peso del bestiame è un dato assolutamente scontato” è, infatti, del
tutto indimostrata, non assurgendo tale dato al “notorio” (secondo la
nozione riconosciuta dall’art. 115co2c.p.c.) con la conseguenza che
correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto ininfluente ai fini
della concludenza probatoria la indagine peritale
i ricorrenti non hanno rappresentato come le risultanze della c.t.u.
avrebbero comunque potuto incidere -smentendolesull’accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza della falsità per
contraffazione della documentazione di origine -apparentementeemessa dalle Autorità croate
– neppure è stata fornita adeguata risposta al rilievo della CTR friulana
secondo cui la indagine tecnica si palesava comunque ineseguibile,
in quanto, dato il tempo trascorso, non era possibile più identificare e
rintracciare i capi bovini effettivamente trasportati.

26
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ l c/Ag. Dogane

est.
Stefu.O1ivieri

insufficienza motivazionale ex art. 360co1 n. 5) c.p.c., deve ritenersi

In conseguenza il motivo di ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.

Infondato è il dodicesimo-N motivo con il quale i ricorrenti

2.7.1

impugnano il capo della sentenza di appello che li condanna alla rifusione
delle spese del grado (liquidate in € 1.424,50 di cui € 129,50 per spese) a favore

funzionario, sostenendo che la liquidazione doveva essere circoscritta alle
sole spese vive (con esclusione delle spese generali) e non anche ai
compensi.
L’art. 15co2 bis del Dlgs n. 546/1992 dispone infatti che, nel caso in cui
la parte pubblica, risultata vittoriosa, sia stata assistita da un proprio
funzionario o da un proprio dipendente, “si applica la tariffa vigente per gli
avvocati ed i procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari
di avvocato ivi previsti”, prevedendo espressamente, pertanto, la norma
processuale, anche la liquidazione dei compensi per l’attività difensiva
svolta in giudizio.

§ 3.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le parti ricorrenti

vanno condannate alla rifusione delle spese del presente giudizio come
liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte :
– dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero della
Economi e delle Finanze;
– rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti alla rifusione delle spese del
presente giudizio che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre le spese
prenotate a debito.
27
RG n.27993/2008
ric. Autotrasporti F.11i Modesto+ I c/Ag. Dogane

Co est.
Stefano
eri

dell’Ufficio doganale, assistito in grado di appello da un proprio

egeNTE DA REGISTRAZIONE
M SENSI DEL Lì.
1 !`.9016
MAirbleAlì—
RiBAITA544

Così deciso nella camera di consiglio 14.1.2013

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