Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24441 del 30/10/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24441 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 12-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

SOCIETA’

JANNONE

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA OVIDIO 20, presso lo studio LICCARDO
LANDOLFI

E

ASSOCIATI,

rappresentato

e

difeso

Data pubblicazione: 30/10/2013

dall’Avvocato LANDOLFI ROBERTO giusta delega a margine;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 212/2007 della COMM.TRIB.REG. di
NAPOLI, depositata il 05/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato LANDOLFI che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 08/01/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO

Svolgimento del processo

Con sentenza 5.11.2007 n. 212 la Commissione tributaria della regione
Campania in riforma della decisione di prime cure ed in accoglimento

emesso ai sensi dell’art. 11 Dlgs n 374/1990 dall’Ufficio di Napoli della
Agenzia delle Dogane con il quale veniva recuperato il dazio antidumping
dovuto sulla importazione di accessori per tubi di ghisa malleabile,
dichiarati di origine argentina nella bolletta di importazione definitiva 1M14
n. 7193 P del 18.2.2002 e ritenuti invece dall’Ufficio doganale di origine
brasiliana.
I Giudici territoriali rilevavano che l’avviso di rettifica trovava
fondamento nel PVC in data 31.1.2005, con il quale era stata disposta la
revisione della dichiarazione doganale divenuta definitiva, che a sua volta
richiamava la indagine svolta dalla Missione comunitaria in Argentina, ma
che tali atti di indagine, sebbene da tempo in possesso della
Amministrazione, non erano stati allegati all’avviso notificato alla società,
impedendo quindi alla contribuente di conoscere i motivi specifici degli
addebiti contestati. L’avviso di rettifica pertanto era da ritenersi invalido
per violazione dell’obbligo di allegazione dei documenti in esso richiamati
espressamente prescritto dall’art. 11 comma 5 bis Dlgs n. 374/1990 e
dall’art. 7 legge n. 212/2000. Aggiungeva la CTR che l’Ufficio delle
Dogane non aveva dimostrato neppure di aver trasmesso alla Autorità
giudiziaria la documentazione del procedimento penale svoltosi in
Argentina onde verificare eventuale illeciti commessi dalla ditta
importatrice, e dichiarava assorbiti tutti gli altri motivi di gravame
proposti dalla società appellante.
1
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

st.
Stefano livieri

dell’appello proposto da Jannone s.p.a. annullava l’avviso di rettifica

Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione
la Agenzia delle Dogane deducendo tre motivi, i primi due corredati di
quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c..
Ha resistito con controricorso la società importatrice.

Motivi della decisione

1. Occorre preliminarmente esaminare la eccezione di di estensione di
giudicato esterno, formatosi in altro giudizio, su un punto fondamentale
comune alla presente controversia, proposta con il controricorso dalla
società resistente.
Sostiene la società Jannone che in un precedente giudizio avente ad
oggetto la opposizione avverso analoghi avvisi di rettifica concernenti il
disconoscimento del trattamento preferenziale alla importazione di
medesimi prodotti era stato eccepito il giudicato interno formatosi -per
omessa specifica impugnazione- in relazione alla statuizione della sentenza
delle CTP di Napoli n. 485/2005 che aveva dichiarato intangibili i
certificati di origine FORM-A emessi dal Paese beneficiario in difetto di
accertamento giudiziale della falsità di tali atti ed aveva dichiarato privi dei
requisiti ex art. 2729 c.c. gli indizi forniti dall’Ufficio a sostegno della
diversa origine della merce.
In relazione a tale giudicato, che investe un punto determinante comune
ad entrambe le cause, viene invocata la estensione della efficacia preclusiva
nel presente giudizio, alla stregua dei principi di diritto espressi dal
precedente di questa Corte di cui alla sentenza resa a SSUU 13.6.2006 n.
13916.

2
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

Coii7est.
Stefano Ù1ivieri

La Agenzia fiscale ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

1.1 La eccezione è infondata.

1.2 Osserva il Collegio come nel caso di specie non sia, infatti, neppure
astrattamente invocabile una estensione del giudicato formatosi nel diverso
giudizio.
Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, il

anche ove ne sia solo il necessario presupposto logico (cfr. Corte cass. sez.
lav. Sentenza n. 7140 de/ 16/05/2002).

Tale indirizzo giurisprudenziale richiede che entrambe la cause, tra le
stesse parti, abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto
giuridico ed una di esse sia stata definita con sentenza passata in giudicato:
in tal caso, infatti, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione

giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su
un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente

indispensabile premessa logica della statuizione

contenuta nella sentenza

passata in giudicato, precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche
nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che
costituiscono lo scopo ed il “petitum” del primo (cfr. Corte cass. III sez.
16.5.2006 n. 1365; id. III sez. 3.10.2005 n. 19317; vedi III sez. 24.3.2006 n. 6628).

1.3 Tanto premesso, rileva il Collegio che difetta nella concreta
fattispecie sottoposta all’esame della Corte, la identità del titolo o del
rapporto dal quale derivano le pretese fatte valere nelle due cause, attesa la
oggettiva autonomia dei rapporti giuridici tributari, tra le stesse parti, che
hanno costituito, rispettivamente, oggetto del giudizio nel quale si sarebbe
formato il giudicato interno, ed oggetto della presente controversia.
I due giudizi attengono, infatti, a distinti provvedimenti impositivi
relativi a diversi anni di imposta, e si riferiscono ad obbligazioni tributarie
3
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

C s. est.
Stefano Olivieri

giudicato si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione,

che, se presentano caratteri comuni quanto al tipo di dazio applicato ed alla
contestazione formulata dall’Ufficio finanziario

(difetto di origine

preferenziale delle merce), sono tuttavia originate da situazioni fattuali diverse
(differenti operazioni di importazioni della merce nel territorio doganale della UE)

non riconducibili ad un medesimo fatto generatore di imposta,

rimanendo

esclusa, pertanto, contrariamente a quanto ipotizzato dalla società

entrambi i giudizi, che unicamente consente -anche in caso di differente
“petitum”: idest di diversa finalità cui è rivolto ciascun giudizio- di
ravvisare quella unitarietà della “causa petendi” che soltanto può
giustificare la esigenza di evitare contrasti in ordine a questioni giuridiche
che costituiscono il necessario presupposto logico-giuridico comune ad
entrambe le decisioni. Le differenti situazioni giuridiche dalle quali
originano le diverse pretese tributarie si qualificano, infatti, in relazione alla
“concreta” modalità di realizzazione del presupposto impositivo, che si
configra in modo autonomo rispetto a ciascuna importazione di merce, con
la conseguenza che le statuizioni adottate in una causa, anche se
concernenti identiche questioni di diritto, non possono spiegare efficacia
vincolante nell’altra causa (cfr. Corte cass. V sez. 20.6.2008 n. 16816 secondo
cui “Ai fini dell’incidenza di un giudicato su di una controversia non inerente il
medesimo rapporto fondamentale, non può riconoscersi alcun effetto preclusivo sia

alle statuizioni incidentali relative a rapporti pregiudiziali sia alla soluzione di
singole questioni di fatto o di diritto, contenuta nella motivazione ed effettuata dal
giudice solo per pronunciare sulla specifica situazione dedotta in giudizio”; id. V
sez. 30.12.2009 n. 28042).

1.3 Non può, pertanto, essere condivisa la tesi sostenuta dalla società
resistente laddove viene invocata, peraltro non l’applicazione diretta ma la
“estensione” del giudicato esterno -in ipotesi formatosi in un altro giudiziosul “punto fondamentale comune” concernente la intangibilità da parte delle
4
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

Co est.
Stefan
livieri

ricorrente, la “identità oggettiva del rapporto giuridico”, dedotto in

Autorità doganale comunitarie dei certificati di origine emessi dal Paese
beneficiario, alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cass.
SU 16.6.2006 n. 13916, al quale si sono uniformate le successive sentenze
delle sezioni semplici, secondo cui l’accertamento giudiziale del “modo di
essere di una obbligazione relativa ad un singolo periodo di imposta” fa
stato con forza di giudicato nel giudizio relativo alla obbligazione sorta in

La sentenza delle SS.UU. viene, infatti, richiamata a sproposito, avendo
omesso di considerare la parte resistente che la “invarianza dell’elemento
preliminare” rispetto alla costituzione della fattispecie tributaria (ovvero
dell’elemento che costituisce il referente per l’applicazione della specifica disciplina
normativa), si caratterizza per il collegamento ad una situazione fattuale che

deve presentarsi

(nella sua qualificazione giuridica)

“tendenzialmente

permanente” e dunque durevole, costante nel tempo, entrando “a comporre
la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta”, e deve
essere conciata ad un interesse protetto che abbia il carattere della
durevolezza. Tali condizioni, come puntualizzato nell’indicato precedente
delle SS.UU., possono verificarsi nella ipotesi di “tributi periodici” (recte:
di obbligazioni tributarie il cui adempimento è frazionato nel tempo)

fattispecie quali le “esenzioni od agevolazioni pluriennali”

o di

(ipotesi in

concreto esaminata nella sentenza delle SS.UU.) in cui la specifica disciplina

normativa assume la “pluriennalità” come elemento costitutivo della
fattispecie, venendo ad essere sostanzialmente trattati i diversi periodi di
imposta “come una sorta di maxiperiodo” (cfr. motiv. sent. SU paragr. 4.1).
Orbene nessuna di tali condizioni è riscontrabile nel caso di specie, atteso
che, in relazione alla specifica fattispecie impositiva (il cui fatto generatore va
individuato nella importazione ed immissione in libera pratica della merce nel
terriotrio doganale della Comunità), il “tempo” non è considerato dalla

disciplina normativa come elemento costitutivo essenziale del rapporto
5
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

Cons t.
Stefano tvieri

un periodo d’imposta successivo.

tributario, e tanto meno il diritto alla fruizione del trattamento daziario più
favorevole risulta correlato, dalla norma tributaria, alla qualificazione
giuridica di una situazione fattuale connotata dal carattere della durevolezza
(il diritto in questione, infatti, è condizionato alla presentazione del titolo -certificato
di origine emesso in relazione a ciascuna importazione- ed alla effettiva origine delle
merce nel Paese beneficiario: trattasi di un rapporto tributario in cui l’elemento della

2. Con il primo motivo la Agenzia fiscale impugna la sentenza di
appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 212/2000 in
riferimento all’art. 1 col lett. c) Dlgs n. 32/2001; dell’art. 3 legge n.
241/1990, nonché dell’art. 11co 5 bis Dlgs n. 374/1990, in relazione all’art.
360co1 n. 3) c.p.c..
La Agenzia rileva che la decisione della CTR contrasta con i principi
affermati in materia di motivazione “per relationem” da questa Corte
secondo cui non può essere dichiarato nullo l’atto impositivo che porta in
ogni caso a conoscenza del contribuente gli elementi essenziali della
pretesa tributaria, come nel caso di specie in cui il PVC notificato in
allegato all’avviso di rettifica specificava le ragioni del recupero del dazio
antidumping con riferimento alla diversa origine della merce importata ed
agli accertamenti svolti dalla Missione comunitaria in Argentina nel
periodo 6-18 dicembre 2004.

2.1 E motivo deve ritenersi fondato, non essendo riscontrabili le carenze
indicate dalla società resistente in ordine alla formulazione del quesito di
diritto ex art. 366 bis c.p.c., che risulta rispondente al requisito del
necessario collegamento alla fattispecie concreta

(“….l’atto al quale

quest’ultimo fa riferimento, ancorchè non alegato, è riprotato nella motivazione nei

6
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

est.
Stefano O vieri

periodicità rimane estraneo alla fattispecie).

suoi tratti essenziali (nella spcecie, con riferimento alla origine della merce,
accertata del Brasile e non dell ‘Argentina)..”).

2.2 Occorre premettere che il requisito formale di cui all’art. 7 legge n.
212/2000 e, specificamente per quanto attiene agli avvisi di rettifica in
materia doganale, di cui all’art. 11 comma 5 bis Dlgs 8.11.1990 n. 374 (“la

giuridiche che lo hanno determinato. Se nella motivazione si fa riferimento
ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve
essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne
riproduca il contenuto essenziale ai fini della difesa…”), deve ritenersi
assolto anche attraverso la motivazione “per relationem” alle risultanze
delle indagine condotta dall’OLAF (pacifica è la giurisprudenza di questa Corte
in ordine alla piena legittimità di tale forma di motivazione: ex pluribus Corte cass.
V sez. 5.2.2009 n. 2749; id. V sez. 9.2.2010 n. 2806; id. V sez. 9.4.2010 n. 8504).

L’obbligo di allegazione dell’atto richiamato “per relationem” trova,
peraltro, limite nella stessa ragionevolezza della norma.
In proposito è stato affermato da questa Corte che “in tema di
motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7,
comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del
contribuente), nel prevedere che debba essere allegato all’atto
dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella
motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente
abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente
notificazione; infatti, un’interpretazione puramente formalistica si porrebbe
in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle norme
procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la
funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause
d’invalidità o d’inammissibilità chiaramente irragionevoli” (cfr. Corte cass.
7
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

est.
Ste ano Olivieri

motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni

V sez. 2.7.2008 n. 18073). Pertanto se l’atto richiamato è stato pubblicato su

albi o bollettini ufficiali è sufficiente la indicazione degli estremi dell’atto e
degli altri elementi necessari alla individuazione della pubblicazione (cfr.
Corte cass SU 14.5.2010 n. 11722 “tale motivazione può essere assolta per

relationem ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, atto del
quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche

ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o
conoscibilità: l’atto di rinvio, quando si tratta di atti dei quali il contribuente abbia
già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o
pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella -secondo una
interpretazione non puramente formalistica della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7,
comma 1, (cosiddetto Statuto del contribuente)-, sempre che ne siano indicati nella
cartella stessa i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione”). Ed ancora è

stato precisato che l’obbligo di allegazione dell’atto o documento al quale è
disposta la “relatio” ha “funzione integrativa” delle ragioni che, per
l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, con la
conseguenza che non si estende a quegli atti, pur indicati nell’avviso di
accertamento, che non rivestono carattere essenziale in quanto non
svolgono alcuna funzione esplicativa “dei presupposti di fatto e delle
ragioni giuridiche” sui quali è fondata la determinazione dell’Ufficio
tributario (cfr. Corte cass. V sez. 18.12.2009 n. 26683 “il contribuente ha, infatti,
diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale
motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si
faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la
motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero
valore “narrativo

“),

oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti

(almeno

nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato
nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non

basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto
impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del
8
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

Ste

est.
vieri

relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente

contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad
integrarne la motivazione”).

2.3 Nella specie è incontestato che l’avviso di rettifica, emesso ai sensi
dell’art. 11 Dlgs n. 374/1990, motivava rinviando al processo verbale di
constatazione in data 31.1.2005 il quale fondava la pretesa tributaria sulla

attraverso accertamento da parte di Missione comunitaria in Argentina dal
6 al 18 dicembre 2004 (INF AMM 14/2002)”.

2.4 Tanto appare sufficiente ad individuare la causa giustificativa del
recupero daziario ed a porre la società in grado di apprestare le proprie
difese in relazione al “contenuto essenziale” dell’atto richiamato, sia
mediante la mera negazione dei fatti costitutivi della pretesa (e cioè
negando la diversa origine del prodotto rispetto a quella indicata nei
certificati di origine), sia contrastando l’atto impositivo mediante la
documentazione e gli elementi probatori idonei a dimostrare la effettiva
origine (nella specie argentina) del prodotto, dovendosi, al riguardo,
distinguere nettamente la questione relativa alla esistenza della
motivazione dell’atto impositivo, quale requisito formale di validità
dell’avviso di accertamento (art. 7 legge n. 212/2000; l’obbligo dei requisiti
motivazionali richiesti a pena di nullità dell’atto impositivo è stato attuato con il Dlgs
26.1.2001 n. 32), dalla questione attinente invece alla indicazione ed alla

effettiva sussistenza di elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della
pretesa tributaria (cfr. Corte cass. 1 sez. 17.1.1997 n. 459; id. I sez. 5.6.1998 n.
5544; id. V sez. 1.8.2000 n. 10052), indicazione che non è richiesta quale

elemento costitutivo della validità dell’atto impositivo e che rimane
disciplinata dalle regole proprie della istruzione probatoria che trovano

9
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Janrione s.p.a.

Con
Stefano

ieri

“diversa indicazione di origine (Argentina anziché Brasile), constatata

applicazione nello svolgimento del processo introdotto dal contribuente con
il ricorso di opposizione all’atto impositivo.

3. L’esame del secondo motivo di ricorso, con il quale la Agenzia
ricorrente ha impugnato la sentenza di appello per violazione delle
medesime norme di diritto indicate nella rubrica del primo motivo, nonché

in riferimento agli artt. 2 e 4 DM 29.10.1996 n. 603, in relazione all’art.
360co1 n. 3) c.p.c., sul presupposto della asserita segretezza degli atti di
indagini svolti dall’OLAF, rimane assorbito dall’accoglimento del
precedente motivo.

4. Con il terzo motivo la Agenzia deduce il vizio di insufficiente
motivazione, ex art. 360co1 n. 5 c.p.c., riproduce sotto il diverso profilo di
illegittimità le stesse argomentazioni svolte nel primo motivo, rilevando che
la CTR avrebbe erroneamente annullato l’avviso di rettifica anche per
omessa allegazione del PVC in data 31.1.2005, che risultava, invece,
regolarmente notificato alla società contribuente, ed inoltre critica la
decisione impugnata che aveva ritenuto necessaria la allegazione degli atti
di indagine dell’ OLAF omettendo di considerare che nell’avviso era stato
riportato il contenuto essenziale della indagine.
La Agenzia fiscale censura altresì la statuizione della sentenza secondo
cui l’Ufficio diganale avrebbe dovuto trasmettere all’AG gli atti del
procedimento svoltosi in Argentina per valutare eventuali illeciti commessi
dalla società importatrice.

4.1 11 motivo non è corredato della “chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione di assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per la quali la dedotta insufficienza della
lo
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

C
t.
Stefano Olivieri

dell’art. 24 legge n. 241/1990 e dell’art. 4 del reg. CEE 30.5.2001 n. 1049,

motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione” prescritta
dall’art. 366 bis, seconda parte, c.p.c., e deve, pertanto, essere dichiarato
inammissibile, secondo il principio enunciato da questa Corte per cui
“allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione
della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di
indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la

adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso ma
anche formulando al termine di esso, una indicazione riassuntiva e
sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del
motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente la
ammissibilità del ricorso” (cfr. Corte cass. SU 14.10.2008 n. 25117. Tale
“indicazione sintetica”, come è dato evincere dall’art. 366 bis c.p.c., non si identifica
con il requisito di specificità del motivo ex art. 366co1 n. 4 c.p.c., ma assume una
propria autonoma funzione volta a consentire la immediata rilevabilità del nesso
eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto
determinante -ove correttamene valutato- ai fini della decisione favorevole al
ricorrente: cfr. Corte cass. III sez. 7.4.2008 n. 8877; id. III sez. n. 16567/2008; id.
SU n. 11652/2008; cfr. Corte cass. SU 1.10.2007 n. 20603, id. III sez. 7.4.2008 n.
8897 secondo cui tale indicazione deve concretare un “momento di sintesi” che
costituisce un “quid pluris” distinto dalla esposizione del motivo).

5. In conseguenza il ricorso deve essere accolto, quanto al primo
motivo, dichiarato assorbito il secondo motivo ed inammissibile il terzo
motivo; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad
altra sezione della Commissione tributaria della regione Campania per
esame degli ulteriori motivi di gravame nonché per la liquidazione delle
spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.
Il
RG n. 12/2009
ric. Ag.Dogane c/Jannone s.p.a.

Sta ano Olivieri

motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere

La Corte :
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra
sezione della Commissione tributaria della regione Campania per esame
degli ulteriori motivi di gravame nonché per la liquidazione delle spese di
lite del presente giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio 8.1 .2013

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