Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2444 del 31/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 2444 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA

sul ricorso 25749-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017

MARTIS MAURA;
– intimata –

3206

Nonché da:
MARTIS MAURA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

Data pubblicazione: 31/01/2018

GALLEANO, che la rappresenta e difende, giusta delega
in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585;

avverso la sentenza n. 7371/2012 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/11/2012 R.G.N.
7758/2005.

– intimata –

PROC. nr . 25749/2013 RG

RILEVATO
che con sentenza in data 1.10.2012-8.11.2012 (nr. 7371/2012) la
Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della
stessa sede ( nr.16906/2004), che aveva accolto la domanda proposta da
MAURA MARTIS per la dichiarazione di nullità del termine apposto al
contratto di lavoro stipulato con POSTE ITALIANE spa nel periodo

durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tutt’ ora in fase di
completamento, di cui agli accordi del 17,18 e 23 ottobre, 11 dicembre
2001,11 gennaio 2002,13 febbraio, 17 aprile, 30 luglio e 18 settembre
2002, che prevedono al riguardo il riposizionamento su tutto il territorio
degli organici della società » provvedendo a riformare la statuizione sul
risarcimento del danno in applicazione dello

ius superveniens

di cui

all’articolo 32 L. 183/2010;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società POSTE
ITALIANE spa, affidato a due motivi rtr~, al quale ha opposto difese
MAURA MARTIS, con controricorso contenente altresì ricorso incidentale,
articolato in un unico motivo ed illustrato con memoria;

CONSIDERATO
che la società ricorrente ha impugnato la sentenza deducendo:
-con il primo motivo — ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli articoli 4 co.2 D.Lvo 368/2001, 2697
cod.civ., 115,116,244,253,421 co.2 cod.proc.civ., per avere la sentenza
posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle
ragioni legittimanti la clausola del termine, prova che comunque era stata
offerta con la produzione degli accordi richiamati in contratto e con la
richiesta della prova orale;
-con il secondo motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.—
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di
discussione tra le parti nonché — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ.— violazione falsa applicazione degli artt. 253,420 e 421
cod.proc.civ. Con il motivo viene denunziato l’omesso esame del capitolo di

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dall’1.10.2002 al 31.12.2002 «per sostenere il livello del servizio di recapito

PROC. nr . 25749/2013 RG

prova articolato nella memoria difensiva del primo grado («i descritti
processi hanno indotto numerosi squilibri nella distribuzione sul territorio del
personale e situazioni di temporanea carenza di organico, incidenti sul
regolare funzionamento dei servizi che hanno investito la stessa unità
produttiva cui l’istante è stato addetto»), che comunque, al limite, avrebbe
potuto essere integrato per iniziativa del giudice nell’esercizio dei suoi poteri

d’ufficio ex art. 421 cod. proc.civ.;
che la ricorrente incidentale ha dedotto con l’unico motivo violazione
degli articoli 3 e 38 della Costituzione e delle clausole 4 ed 8 della direttiva
UE 1999/70 assumendo la incostituzionalità dell’articolo 32 della legge
183/2010 anche in ragione della disposta sua retroattività;
che entrambi i ricorsi devono essere respinti:
che, infatti,
quanto al ricorso principale :
-il primo motivo è infondato. Questa Corte si è già ripetutamente
pronunziata nel senso che l’onere di provare le ragioni obiettive poste a
giustificazione della clausola appositiva del termine grava sul datore di
lavoro e deve essere assolto sulla base delle istanze istruttorie dallo stesso
formulate ( Cass. n. 10742/2016; Cass. n. 2279/10; Cass. 21 maggio 2008
n. 12985), rilevando come anche anteriormente alla esplicita introduzione
del comma premesso dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 39 (secondo
cui «il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo
indeterminato») il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ha confermato il principio
generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a
tempo indeterminato, costituendo pur sempre l’apposizione del termine una
ipotesi derogatoria. La attribuzione dell’onere probatorio al datore di lavoro
trova conferma, poi, nel dato relativo alla «vicinanza» al datore di lavoro
delle situazioni che consentono la deroga, anch’essa elemento normalmente
significativo del conseguente carico probatorio in giudizio. Le deduzioni,
subordinate in via logica, circa l’adempimento di POSTE ITALIANE all’onere
probatorio sono inammissibili perché assertive e generiche laddove una

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di approfondimento della prova ex art. 253 cod.proc.civ. o di istruzione

PROC. nr . 25749/2013 RG

censura sul punto avrebbe dovuto essere proposta nei termini indicati
dall’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.
– il secondo motivo è infondato. Il giudice del merito ha affermato che
la prova offerta da POSTE ITALIANE spa era generica perché priva di
qualsiasi riferimento all’ufficio interessato dalla assunzione a termine ed alla
esistenza al suo interno di posizioni scoperte correlate al processo

allegazione di un preciso fatto storico, oggetto di discussione e di rilievo
decisivo, non esaminato in sentenza— secondo il vigente testo dell’articolo
360 nr. 5 cod.proc.civ, applicabile ratíone temporis — e lo stesso capitolo
della prova orale non ammesso, riportato in ricorso, presenta le lacune
stigmatizzate dal giudice dell’appello in punto di individuazione delle
posizioni lavorative scoperte in correlazione con il processo organizzativo.
Il giudice del merito non era, poi, tenuto a supplire alla genericità dei
capitoli di prova con l’esercizio dei suoi poteri ufficiosi di integrazione della
prova, che nella specie si sarebbero risolti nella sostituzione ad una attività
processuale di parte piuttosto che nella ricerca della verità materiale in
presenza di significativi dati di indagine;
quanto al ricorso incidentale, l’unico motivo è infondato. I dubbi di
costituzionalità sollevati dalla controricorrente sono stati vagliati e superati
dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 5/07/2014, n. 226 tanto
quanto alla possibile violazione degli articoli 11 e 117 della Cost— in
relazione alla clausola di non regresso di cui all’accordo quadro sul lavoro a
tempo determinato allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 70 CE— che
in riferimento all’articolo 3 della Costituzione.

che pertanto entrambi i ricorsi devono essere respinti
che le spese si compensano per la reciproca soccombenza;
che trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio
2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’arti co 17 L.
228/2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente
principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di

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organizzativo. Il giudizio di fatto così espresso non è stato censurato con la

PROC. nr . 25749/2013 RG

contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente
rigettata .
PQM
La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente

contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma ,nella Adunanza camerale del 12.7.2017

principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di

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