Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24439 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. I, 21/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 26611 del Ruolo Generale degli affari civili dell’anno

2006 da:

G.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Donizzetti n.

1, presso l’avv. CARDELLI Alessandro, con l’avv. Orazio Ferrara da

Bari, che lo rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso

(p.Iva (OMISSIS));

– ricorrente –

contro

AZIENDA USL BA/(OMISSIS), con sede in (OMISSIS) (P.Iva (OMISSIS)), in

persona del direttore generale p.t., autorizzato a stare in giudizio

da Delib. dirigenziale AUSL (OMISSIS) 28 settembre 2006, n.

1190,

rappresentata e difesa, per procura a margine del controricorso,

dall’avv. MICCOLIS Giuseppe;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, Sezione Seconda

Civile, n. 699/05, del 24 – 30 giugno 2005.

Udita all’udienza del 26 ottobre 2011 la relazione del Cons. Dr.

Fabrizio Forte e sentito il P.M. Dr. FUCCI Costantino, che conclude

per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 13 ottobre 1997, C.C., conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Bari, l’Azienda USL BA (OMISSIS), chiedendone la condanna a pagargli L. 70.194.754 e accessori a titolo di arricchimento senza causa per la esecuzione del servizio di smaltimento dei rifiuti speciali ospedalieri, eseguito dall’attore oltre il termine finale del 31 dicembre 1996 fissato nell’appalto con la convenuta all’esito di licitazione privata indetta da questa.

L’attore deduceva che l’art. 15 del bando di gara prevedeva che il servizio dovesse cessare il 31.12.1996, “salva tacita proroga per un altro anno” e di avere comunicato, con raccomandata del 6 novembre 1996, la sua volontà di cessare le prestazioni alla data prevista in contratto a causa dell’aumento dei costi di esse rispetto al prezzo concordato tra le parti di L. 129/litro.

Avendo l’Azienda committente invitato il G. a continuare le prestazioni fino alla nuova gara, l’appaltatore del servizio aveva comunicato di poter proseguire nell’esecuzione del rapporto, con un aumento del 15% del prezzo contrattuale. Essendo andata deserta la gara fissata il 24 febbraio 1997, la committente chiedeva alla appaltatrice di proseguire le prestazioni, non accettando la proposta di aumento ulteriore del prezzo a L. 290/litro, trattandosi di dare esecuzione alla proroga contrattuale alle medesime condizioni previste in contratto cui le parti erano vincolate.

L’attore, che a giugno 1997 era divenuto aggiudicatario del nuovo appalto di smaltimento dei rifiuti speciali al prezzo di L. 436/litro, avendo la Azienda USL BA/(OMISSIS) ricevuto un ingiustificato arricchimento dalle sue prestazione per il periodo da gennaio a maggio 1997, chiedeva, ai sensi dell’art. 2041 c.c., la somma indicata pari a quanto da lui domandato per proseguire nelle prestazioni (15% in aumento per gennaio e febbraio, pari a L. 19,36/litro e L. 161/litro per i tre mesi successivi) cioè, in complesso, L. 58.495.628, con rivalutazione e interessi.

Il Tribunale di Bari, dopo la costituzione in giudizio dell’Azienda convenuta, rigettava la domanda e condannava il G. alle spese, affermando che la proroga del pregresso contratto impediva l’azione subordinata di ingiustificato arricchimento, proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c..

Contro tale sentenza proponeva appello l’appaltatore, per il quale il primo giudice aveva solo rilevato che egli aveva continuato le prestazioni contrattuali e inviato le fatture con i prezzi di contratto per i quali era stato pagato, affermando che la proroga di un anno solare del rapporto, di cui all’art. 15 del bando di gara, era il titolo di tali pagamenti per i quali era da negare la mancanza di una giusta causa delle prestazioni eseguite dal G..

Nessun rilievo si era dato alla disdetta contrattuale e alle nuove condizioni cui l’imprenditore aveva subordinato le prestazioni dal gennaio 1997 oltre che alla richiesta di conferma dell’esigenza di proseguire il servizio che la committente aveva dato, in contrasto con la tesi della c.d. proroga tacita, che quindi non si era avuta.

In ogni caso, il Tribunale aveva ignorato che la P.A. non può obbligarsi senza forma scritta, per cui i comportamenti descritti non potevano che dar luogo all’azione ex art. 2041 c.c., in concreto esercitata dal G..

La corte d’appello, con sentenza del 30 giugno 2005, ha negato l’errore del Tribunale nel valutare i comportamenti delle parti dell’appalto, perchè il primo giudice, in base a quanto emergeva dallo stesso gravame, aveva esattamente rilevato che l’Azienda USL BA/(OMISSIS) non aveva mai accettato l’aumento dei prezzi proposto dall’attore, chiedendo la mera prosecuzione – sia pure temporanea – del rapporto, con prestazioni che dovevano ritenersi quindi eseguite in attuazione della proroga di cui al bando di gara.

In quanto aggiudicataria della nuova gara del 1997, la ditta non aveva sospeso il servizio, avendo però diritto ai nuovi prezzi da gennaio 1997, data di decorrenza del nuovo appalto; in diritto, la irrilevanza dei comportamenti concludenti nei contratti ad evidenza pubblica conferma che nessun aumento per il prelievo dei rifiuti speciali rispetto ai prezzi contrattuali, poteva riconoscersi all’impresa del G. per il periodo gennaio-maggio 1997, con la conseguenza che ogni domanda dell’appellante doveva rigettarsi, dovendo lo stesso rispondere anche delle spese del grado.

Per la cassazione di tale sentenza, mar notificata a cura delle parti, il G. propone ricorso notificato il 19 settembre 2006 di quattro motivi, cui resiste l’Azienda USL BA/(OMISSIS), con controricorso notificato il 30 ottobre 2006 e illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso del G. denuncia violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, anche per carenze motivazionali sul punto decisivo della corretta interpretazione delle domande proposte.

La Corte ha sostenuto che la mancata accettazione dalla committente dell’aumento del prezzo delle prestazioni eseguite chiesto dall’appaltatore con la prosecuzione della esecuzione del contratto, comportava il rigetto della domanda, essendo titolo dell’azione la proroga del contratto. Ad avviso del ricorrente, invece, l’assenza del rapporto di appalto per la cessazione degli effetti del contratto, la mancanza di tale titolo a base della domanda rende ammissibile quella di arricchimento senza causa, proposta dal G. e rigettata solo per esservi un titolo giuridico della richiesta di pagamento.

Il rifiuto dell’aumento dei prezzi contrattuali ha imposto l’azione subordinata e residuale ai sensi dell’art. 2041 c.c., con domanda proposta dal G. entro limiti minori dell’ arricchimento fruito dalla controricorrente dalla prosecuzione dello smaltimento dei rifiuti speciali.

La modifica della domanda di pagamento di prestazioni contrattuali in richiesta di indebito arricchimento ha comportato il rigetto di essa, in quanto fondata sulla assenza di ogni rapporto di appalto.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale, i ricorrenti deducono violazione degli artt. 1321, 1373, 1370 c.c. e art. 1362 c.c., comma 2, anche per omessa motivazione, in rapporto alla disapplicazione delle norme del capitolato d’appalto che, con la scadenza del rapporto al 31 dicembre 1996, prevedevano la facoltà di recesso di entrambe le parti, esercitata dal G. con la lettera del 26 novembre 1996.

Non s’è tenuto conto che la proroga era prevista nel bando di gara solo se tacita e in difetto di espresso recesso, sui cui effetti, per la lettera del 6 novembre 1996 che evidenziava l’intenzione del G. di cessare le prestazioni al 31.12.1996, nulla risulta rilevato dalla sentenza impugnata su tale punto, neppure considerando la indizione della nuova gara dalla committente per essere scaduto il pregresso rapporto alla data fissata con la gara e il contratto.

1.3. Si lamenta in terzo luogo la violazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, dell’art. 97 Cost., degli artt. 1350 e 1373 c.c., oltre che dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello negato la facoltà di recesso regolata in contratto per il G., a causa della prevista proroga tacita del bando-capitolato, che avrebbe comunque comportato la prosecuzione del pregresso rapporto e il mantenimento dei prezzi nello stesso praticati, così affermando che un contratto ad evidenza pubblica, cessato in base al bando e al capitolato, continui a disciplinare, nonostante il recesso, le prestazioni eseguite.

1.4. Si censura infine la disapplicazione dell’art. 2041 c.c., dalla Corte di merito, che ha trascurato di rilevare la fine del rapporto contrattuale per il recesso del G. e la conseguente ammissibilità dell’azione ai sensi della norma sopra richiamata, per esservi un titolo o giusta causa delle prestazioni del ricorrente.

2. Il ricorso è infondato per la parte in cui non è precluso.

2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato in ordine alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, pur avendo chiara l’azione esercitata dal G. di ingiustificato arricchimento, ha ritenuto che il rapporto non potesse ritenersi di mero fatto e senza titolo per le prestazioni di prelievo dei rifiuti speciali successive al 31 dicembre 1996, dovendosi considerare “prorogato” l’appalto e costituendo la proroga di cui al bando unico titolo o giusta causa delle prestazioni fornite ai prezzi contrattuali.

Va quindi negata la esistenza dei presupposti della domanda di cui all’art. 2041 c.c., esattamente letta e respinta dalla Corte territoriale.

Invero il recesso espresso dal G. con la lettera del novembre 1996, a decorrere dal 31 dicembre successivo che era la data finale dell’appalto, che per il bando era prorogato di un altro anno alla scadenza, non era stato accettato dalla committente in ordine ai nuovi prezzi chiesti dall’appaltatore (nota Azienda n. 988/A3 del 15/4/1997 a pag. 2 del ricorso) per il periodo di proroga, nel quale i prezzi di contratto non potevano modificarsi.

La Corte ha ritenuto che la ricostruzione dei fatti operata dallo stesso appellante concorresse ad evidenziare un suo recesso dal rapporto, condizionato a nuovi prezzi e come tale non accettato dalla committente ASL, per cui era possibile solo un’azione contrattuale di condanna della appellata a pagare quanto dovuto a titolo contrattuale, titolo ostativo alla domanda residuale di arricchimento senza causa (sul diritto di recesso e il suo legittimo esercizio, cfr. Cass. 6 aprile 2011 n. 7878).

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso va rigettato per la parte in cui non è inammissibile, non evidenziando con chiarezza le ragione che avrebbero reso legittimo il recesso dal contratto per il tempo di proroga tacita dello stesso, nonostante la espressa previsione di questa nel bando.

La committente, come era nei suoi poteri, pur accettando e pagando le prestazioni del servizio di cui al contratto eseguite dall’appaltatore, ha corrisposto solo il prezzo contrattuale e la Corte di merito ha negato che tali forniture di servizi dovessero considerarsi extra contratto. Si è infatti ritenuto che lo smaltimento dei rifiuti successivo al 31 dicembre 1996 dovesse essere regolato dall’appalto relativo all’anno precedente in proroga per il 1997, affermando che tale appalto era il titolo dell’azione del G., ostativo alla ammissibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento.

Il motivo di ricorso contraddice il profilo di impugnazione di cui al n. 1.1. perchè la lettura delle norme contrattuali chiesta con esso per censurare quanto su di esse deciso dalla Corte d’appello non riporta nè allega le clausole che indurrebbero ad una diversa ermeneutica dell’atto, anche alla luce dei comportamenti successivi delle parti dell’appalto.

Se è vero che nei rapporti regolati da contratti ad evidenza pubblica la disdetta esclude che gli stessi possano considerarsi tacitamente prorogati, non potendosi avere rinnovo tacito di essi (Cass. 22 febbraio 2008 n. 4532), nel caso nessun rifiuto vi è stato di un nuovo contratto che poi verrà concluso tra le stesse parti all’esito di altra gara, ma la missiva del novembre 2006 costituisce mero recesso unilaterale per l’aumento dei prezzi del contratto, recesso e aumento che, nell’appalto pubblico, non possono considerarsi giustificati senza accettazione del committente, nel caso mancata, per cui il rapporto in corso nel 1996 deve presumersi proseguito anche in diritto alle stesse condizioni di quello in corso nel 1996, ostando come tale alla domanda ai sensi dell’art. 2041 c.c..

Il secondo motivo di ricorso, in quanto non deduce violazione di norme che consentano di qualificare di mero fatto le prestazioni successive al 31 dicembre 1996, è infondato.

2.3. Il terzo motivo di ricorso, per la parte in cui non è assorbito dal rigetto dei primi due motivi, è infondato, invocando la irrilevanza dei comportamenti di fatto in ordine ai contratti della P.A., in base alle norme di cui si denunzia la violazione nel motivo di ricorso.

Ad avviso della Corte di merito, non sono in contestazione comportamenti di fatto ma solo la esecuzione di prestazioni nell’ambito del periodo di proroga tacita del contratto, regolate in questo ultimo.

Dal contratto l’appaltatore non poteva recedere, potendo eventualmente chiedere solo la risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità del contratto di durata da lui concluso, con esclusione di ogni spazio “giuridico” per la proposizione dell’azione di ingiustificato arricchimento.

2.4. Quanto detto esclude la pretesa irrilevanza, che si sarebbe data dai giudici di merito, alla domanda di pagamento per arricchimento senza causa, avendo la Corte territoriale ritenuto il pagamento del prezzo stabilito in contratto nella fase di proroga, unico legittimo effetto di un obbligo giuridico, incompatibile con quello connesso alla circostanza di fatto dell’arricchimento della committente.

3. In conclusione, il ricorso è infondato anche se in ragione dell’indiscusso aumento dei prezzi delle prestazioni fornite, emergente pure dalla successiva aggiudicazione della gara, è giustificabile, in deroga eccezionale al principio della soccombenza, la compensazione totale delle spese del giudizio di cassazione tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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