Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24438 del 30/09/2019

Cassazione civile sez. I, 30/09/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 30/09/2019), n.24438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28065/2014 proposto da:

Release S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma Via Francesco Denza n. 15, presso

lo studio dell’avvocato Lollini Susanna, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati Camerini Ruggero, Dalpiaz Stefano,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore

Dott. N.G., domiciliata in Roma Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Carnesecchi Francesco, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 521/2014 del TRIBUNALE di SIENA, del

22/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/06/2019 dal Cons., Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.

CARDINO ALBERTO, che ha concluso per l’accoglimento o rimessione

alle Sezioni Unite;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Ruggero Camerini che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’avvocato Francesco Carnesecchi che

ha chiesto il rigetto del ricorso o l’invio alle Sezioni Unite.

R.G. 28065/14

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Siena, in sede di opposizione, ha respinto, in ciò confermando la pronuncia del giudice delegato, la domanda d’insinuazione al passivo del fallimento della società (OMISSIS) srl in liquidazione, proposta dalla società Release SpA, avente ad oggetto il proprio credito chirografario per complessivi Euro 145.975,44 derivante dall’avvenuta risoluzione della locazione finanziaria di un’imbarcazione nei confronti della società (OMISSIS) srl, poi fallita.

La società ricorrente aveva dedotto, davanti al Tribunale, che il GD aveva fondato il proprio provvedimento di rigetto sull’errata applicazione dell’art. 1526 c.c. in luogo dell’applicazione dell’art. 72 quater L. Fall. (estensibile in via analogica, all’ipotesi di risoluzione negoziale ante fallimento), secondo le previsioni dell’art. 15 contratto di leasing. In ogni caso, la società opponente ha precisato che le clausole negoziali del contratto erano compatibili con la disciplina civilistica riferita alla natura di leasing traslativo, attribuita dal GD, perchè essa non pretendeva alcun profitto ingiustificato, ma soltanto quanto avrebbe conseguito qualora il contratto avesse avuto regolare adempimento.

Nel costituirsi, la curatela, premessa la natura traslativa dell’operazione finanziaria, ha evidenziato come il concedente non poteva pretendere, a seguito della restituzione del bene (a distanza di pochi anni dalla conclusione del contratto), il trattenimento dei canoni ricevuti e il pagamento di quelli non ancora riscossi (oltre alle spese e agli interessi moratori), ma a tutto voler concedere, poteva chiedere l’indennità di cui all’art. 1526 c.c., per la cui determinazione, l’interessata avrebbe dovuto promuovere distinto giudizio in altra sede.

A fondamento della decisione di rigetto dell’opposizione, il Tribunale, premessa la qualificazione di leasing traslativo dell’operazione finanziaria oggetto di giudizio, ha rilevato come, poichè essa si era risolta per inadempimento, in data anteriore alla dichiarazione di fallimento e non per scioglimento richiesto dal curatore, ha ritenuto illegittima la pretesa del concedente di ottenere l’ammissione al passivo dell’intero importo dei canoni non ancora scaduti al momento della dichiarazione di fallimento, canoni che presuppongono il permanere della utilizzazione del bene e quindi il relativo godimento, laddove con la risoluzione del contratto il bene viene restituito al concedente, che può provvedere a una sua nuova riallocazione.

La società Release SpA ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, nei cui confronti resiste la curatela con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria, ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 72 quater L. Fall., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il Tribunale non aveva ritenuto applicabile analogicamente la disciplina in rubrica alla vicenda negoziale oggetto d’esame, pur prevista testualmente in ipotesi di solo scioglimento del contratto e non per l’ipotesi di risoluzione dello stesso, in quanto non vi era ragione di differenziare le due ipotesi che andavano ricondotte ad unità e l’accoglimento di tale assunto avrebbe condotto il Tribunale ad ammettere il credito chirografario della ricorrente, secondo il dettato della norma di cui alla rubrica.

Con il secondo motivo, la società ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 1526 e 1834 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, il Tribunale, pur non avendo ritenuto che l’art. 72 quater L. Fall. fosse applicabile all’ipotesi del contratto di leasing oggetto di controversia, ma invece, doveva considerarsi applicabile l’art. 1526 c.c., tuttavia, non ne aveva fatto “buongoverno”, in quanto, con l’ammissione del proprio credito chirografario, non si sarebbe verificata alcuna indebita locupletazione della società concedente in danno della società utilizzatrice, ma la ricorrente avrebbe solo ottenuto quanto le sarebbe derivato per l’ipotesi di regolare esecuzione del contratto, tenendo conto che la somma ricavata dalla riallocazione dell’imbarcazione sul mercato era stata accreditata alla società utilizzatrice; in particolare, secondo la società ricorrente, l’art. 1526 c.c. riconosceva espressamente come legittimo il diritto del concedente, di: 1) trattenere i canoni percetti, salvo la possibilità del giudice di ridurre l’importo complessivo “secondo le circostanze”;

2) di ottenere il risarcimento del danno, liquidabile anche mediante penale convenzionale, se del caso riducibile ex art. 1384 c.c..

Con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè il tribunale non aveva esaminato le modalità attraverso cui la ricorrente aveva computato le proprie pretese, in particolare, deducendo dal proprio credito quanto aveva ricavato dalla vendita della propria imbarcazione.

Il primo e secondo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto sono fondati, con assorbimento del terzo motivo.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “Gli effetti della risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell’utilizzatore, verificatasi in data anteriore alla data di entrata in vigore della L. n. 124 del 2017 (art. 1, commi 136-140), sono regolati dalla disciplina dell’art. 72 quater L. Fall., applicabile anche al caso di risoluzione del contratto avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore. Ne consegue che, in caso di fallimento dell’utilizzatore, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene e dovrà insinuarsi al passivo fallimentare per poter vendere o allocare il bene e trattenere, in tutto o in parte, l’importo incassato. La vendita avverrà a cura dello stesso concedente, previa stima del valore di mercato del bene disposta dal giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Sulla base di tale valutazione sarà determinato l’eventuale credito della curatela nei confronti del concedente o quello, in moneta fallimentare, del concedente stesso, da quantificarsi in misura corrispondente alla differenza tra il valore del bene ed il suo credito residuo, derivante dai canoni scaduti e non pagati ante-fallimento ed i canoni a scadere, in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione. Eventuali rettifiche, sulla base di quanto effettivamente realizzato dalla vendita del bene, potranno farsi valere in sede di riparto” (Cass. n. 8980/2019).

Nel caso di specie, il Tribunale ha erroneamente fatto riferimento alla disposizione dell’art. 1526 c.c., piuttosto che alla disciplina prevista dall’art. 72 quater L. Fall., che, seppure dettata in relazione all’ipotesi in cui lo scioglimento del contratto di leasing deriva da una scelta del curatore e non dall’inadempimento dell’utilizzatore, è del tutto coerente con la fisionomia unitaria del leasing finanziario di cui alla L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 136-140, dovendo ritenersi definitamente superata la distinzione, di matrice giurisprudenziale, tra leasing c.d. “di godimento” e “leasing traslativo” ed il ricorso in via analogica, per tale seconda figura, alla disciplina dettata dall’art. 1526 c.c., nel cui perimetro normativo non rientra la presente vicenda.

Il decreto va, pertanto, cassato e la causa va rinviata al Tribunale di Siena, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, accoglie il primo motivo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo.

Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Siena, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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