Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24433 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 30/11/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24433

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16258-2012 proposto da:

F.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VINCENZO TANGORRA 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

MARAZZITA, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO ALVARO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO COOPERATIVA ORIENTE UNO, IN PERSONA DELL’AMM.RE LEGALE

RAPP.TE P.T. C.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA L. GHERZI 8, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO NAPOLI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 137/2012 del TRIBUNALE di PALMI, depositata il

03/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Ranieri Rota con delega orale che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Il Giudice di pace di Palmi rigettò la domanda con la quale F.C. ebbe a chiedere la condanna del Condominio Cooperativa Oriente Uno e del suo amministratore T.F. alla restituzione della somma di Lire 800 mila (da maggiorarsi con gli interessi legali), a suo dire indebitamente versata per la corresponsione di oneri concessori al Comune di Palmi, ed altresì al risarcimento dei danni.

2. – L’appello proposto dal F. fu dichiarato inammissibile dal Tribunale di Palmi, che ne ritenne la tardività.

3. – La sentenza di appello fu cassata da questa Corte, che rinviò al Tribunale di Palmi in persona di altro magistrato.

4. – Il Tribunale di Palmi, quale giudice di rinvio, respinse l’appello e confermò la sentenza di primo grado, condannando l’attore al pagamento delle spese processuali in favore dell’avv. Bruno Tripodi, difensore dei convenuti, dichiaratosi antistatario.

5. – Per la cassazione di tale ultima sentenza ricorre F.C. sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Condominio Cooperativa Oriente Uno, che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 82, 83 e 112 c.p.c., l’omessa pronuncia su un capo della domanda, la nullità della procura e il difetto di rappresentanza. Si lamenta, in particolare, che il Tribunale di Palmi abbia condannato il F. al pagamento delle spese processuali in favore dell’avv. T., quale procuratore antistatario del condominio, senza che l’assemblea condominiale avesse validamente deliberato di resistere in giudizio alla domanda attorea, essendo stata annullata la relativa delibera.

La censura non è fondata.

E invero, la domanda di rimborso avanzata dall’attore aveva come presupposto la pretesa nullità derivata della Delib. (29 maggio 1998) che aveva disposto la costituzione di un fondo comune e in esecuzione della quale la somma era stata versata; nullità – a dire dell’attore – derivata dalla dichiarata nullità della precedente Delib. assemblea condominiale 18 febbraio 1997. Lo stesso ricorrente, in seno al secondo motivo, precisa che la Delib. del 1998 – mai impugnata – sarebbe stata posta in essere in esecuzione della Delib. 18 febbraio 1997 annullata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza passata in giudicato e sarebbe stata, quindi, travolta da tale sentenza.

Orbene, poichè la domanda attorea implicava un sindacato, da parte del giudice, sulla perdurante validità o meno Delib. 1998 e poichè oggetto della domanda era comunque l’obbligo del singolo condomino di versare contributi condominiali sulla base di una deliberazione assembleare, l’amministratore del condominio era pienamente legittimato a resistere in giudizio, anche in mancanza di autorizzazione dell’assemblea, trattandosi di materie che rientrano nelle attribuzioni dell’amministratore ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 29 del 05/01/2000, Rv. 532690; Sez. 2, Sentenza n. 2625 del 04/10/1963, Rv. 264059; Sez. 2, Sentenza n. 4900 del 15/05/1998, Rv. 515476; Sez. 2, Sentenza n. 1451 del 23/01/2014, Rv. 629971).

2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè la nullità della sentenza per ultrapetizione, per avere la Corte territoriale rigettato la domanda attorea rilevando illegittimamente d’ufficio la validità della Delib. 29 maggio 1998 che aveva disposto la costituzione di un fondo comune, circostanza questa mai dedotta dai convenuti, non considerando invece che l’annullamento della Delib. del 1997 comportava anche – a dire del ricorrente – l’annullamento della Delib. del 1998 che sarebbe stato consequenziale.

Anche questa censura è priva di fondamento.

E invero, la questione della validità della Delib. del 1998 – mai impugnata dal F. – era esaminabile d’ufficio perchè atteneva alla fondatezza della domanda attorea, dovendo il giudice verificare se la somma era stata versata o meno sulla base di Delib. valida. Era necessario, dunque, per il giudice adito verificare se detta deliberazione fosse rimasta caducata in via consequenziale per effetto dell’annullamento della precedente Delib. del 1997. Non sussiste, pertanto, la dedotta ultrapetizione.

Il Tribunale ha spiegato (p. 5 della sentenza impugnata) che la Delib. del 1997 è stata annullata solo in parte e che, in relazione alla parte non annullata, continua ad essere valida ed efficace la Ddelib. del 1998. Si tratta di un problema di interpretazione delle delibere e del verbale di assemblea, che sfugge al sindacato della Corte di cassazione. Nè il ricorrente ha lamentato un errore nell’interpretazione delle Delib. e tantomeno l’erronea interpretazione del giudicato formatosi sulla Delib. del 1997.

3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.200,00 (milleduecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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