Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2443 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 27/01/2022), n.2443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

U.S. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Anna

Maria Galimberti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato

in Piacenza, Viale Abbadia n. 8.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza n. 1965-2020 della CORTE D’APPELLO di Bologna,

depositata il 9.7.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 11.1.2022 dal Consigliere Relatore Dott. Roberto

Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

– Che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Interno nei confronti di U.S., cittadino del Pakistan, avverso l’ordinanza emessa in data 6.11.2018 dal Tribunale di Bologna, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale avanzate dal richiedente, ma accolta la sola domanda di protezione umanitaria;

– che viene proposto da U.S. ricorso avverso la predetta sentenza n. 1965/2020, depositata il 9.7.2020, affidato a due motivi;

La Corte d’Appello ha ritenuto che non era fondata neanche la richiesta di riconoscimento dell’invocata protezione umanitaria, posto che: a) il racconto del richiedente (minacce dei genitori della fidanzata e denuncia sporta per il presunto rapimento della fidanzata) non era credibile, anche in ragione dell’evidente genericità della domanda di protezione e comunque per la non autenticità del documento allegato e asseritamente comprovante la predetta denuncia; b) non era necessario l’approfondimento istruttorio per accertare le condizioni interne del paese di provenienza del richiedente, anche sul rilievo dell’accertamento di non credibilità del racconto; c) che l’allegata integrazione sociale del richiedente non era elemento di valutazione di per sé dirimente per accertare il diritto alla protezione umanitaria; d) non era stata fornita la prova certa della sua provenienza geografica, così rendendo impraticabile anche il giudizio comparativo con le condizioni di vita nel paese di provenienza; e) non ricorrevano neanche i presupposti applicativi della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c;

– che l’amministrazione intimata non ha svolto difese;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1.che con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, sul rilievo che la corte avrebbe errato nel valutare come non credibile il racconto del richiedente;

2. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 TUI, , comma 6, sul rilievo che la corte territoriale avrebbe errato nella valutazione di insussistenza dei presupposti applicativi dell’invocata protezione umanitaria;

3. che il primo motivo è inammissibile già per come formulato;

3.1 che occorre invero ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019); – che, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretende, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perché non dedotto nel senso sopra chiarito e perché comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità;

4. che anche il secondo motivo è inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione e perché non si confronta con le rationes decidendi del provvedimento di rigetto e, cioè, con la valutazione di non credibilità del racconto (profilo in relazione al quale il ricorrente ha proposto doglianze irricevibili solo nel primo motivo) e con l’affermata mancata prova di un’adeguata integrazione sociale in Italia;

5. che nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità,

stante la mancata difesa della parte intimata.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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