Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24425 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 30/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 30/11/2016), n.24425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8890-2012 proposto da:

F.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato MARCO MACHETTA, che la

rappresenta difende unitamente all’avvocato FRANCESCO BATTAGLIA;

– ricorrenti –

contro

S.G.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3663/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato MACHETTA Marco, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La signora S.G., dopo aver ottenuto dal tribunale di Avellino un provvedimento di sequestro conservativo dei beni della signora F.R., convenne quest’ultima davanti al medesimo tribunale, con citazione notificata nelle forme di cui all’art. 143 c.p.c., per sentir dichiarare risolto per inadempimento della F. il contratto preliminare del (OMISSIS) con cui quest’ultima si era impegnata a cederle la totalità delle quote sociali della società Fratta di R.F. & C. sas. e per sentir condannare la convenuta a pagarle la somma di Euro 300.000 a titolo di restituzione del doppio della caparra versata.

Il tribunale di Avellino, nella contumacia della F., pronunciò la richiesta risoluzione contrattuale e condannò la convenuta pagare all’attrice la somma di Euro 150.000 dalla stessa versata a titolo di caparra, oltre interessi.

La sentenza del tribunale venne appellata dalla F. e la corte d’appello di Napoli, per quanto qui ancora interessa, confermò tale pronuncia tanto nel capo relativo alla risoluzione contrattuale, quanto nel capo relativo all’obbligo di pagamento della sorte capitale di Euro 150.000 a titolo di restituzione della caparra versata.

Avverso la sentenza di secondo grado la signora F. ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di quattro motivi, relativi, i primi tre, alla statuizione con cui la corte distrettuale ha disatteso la doglianza dell’appellante relativa alla nullità della notifica della citazione introduttiva effettuata nelle forme di cui all’art. 143 c.p.c. e, il quarto, alla statuizione con cui la corte distrettuale ha confermato il capo della sentenza di primo grado che condannava l’appellante a restituire alla signora S. la somma di Euro 150.000.

La signora S. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 28.9.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il terzo motivo di ricorso, rispettivamente riferiti all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 la ricorrente propone in sostanza la medesima doglianza, prospettata nel primo motivo sotto il profilo della violazione dell’art. 143 c.p.c. e nel terzo motivo sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Tali due motivi, pertanto, vanno trattati congiuntamente.

La ricorrente censura la sentenza gravata per aver giudicato valida la notifica della citazione introduttiva nonostante che tale citazione fosse stata eseguita nelle forme previste dall’art. 143 c.p.c. esclusivamente sulla scorta di un certificato anagrafico, senza il compimento di ulteriori ricerche in ordine all’effettiva reperibilità della signora F.; ricerche che, ad avviso della ricorrente, avrebbero dovuto sostanziarsi in un tentativo di notifica presso un immobile di proprietà della stessa ricorrente in Comune di Avellino, la cui esistenza sarebbe stata nota all’attrice per avere costei chiesto ed ottenuto il sequestro conservativo di tale immobile con il procedimento cautelare ante causam cui si è fatto cenno in narrativa.

Osserva preliminarmente il Collegio, in linea di diritto, che, come questa Corte ha ancora di recente ribadito (da ultimo, cfr. sent. n. 12526/14), l’ordinaria diligenza alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l’ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall’art. 143 c.p.c., va valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell’art. 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell’art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata.

Nella specie, come riferito nella sentenza gravata, l’ufficiale giudiziario procedette a depositare la citazione introduttiva presso la casa comunale di Avellino, ai sensi dell’art. 143 c.p.c., in data 3/11/2008, sulla base di un certificato del 3/10/2008 attestante l’irreperibilità della F., giusta accertamenti dell’ufficiale dell’anagrafe del 5/9/2008. Sulla scorta di tali risultanze di fatto la corte distrettuale ha ritenuto che la notifica della citazione introduttiva fosse stata correttamente eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c. in base all’attestazione di irreperibilità rilasciato dal comune “e tenuto conto che la precedente notifica del provvedimento cautelare presso l’ultima residenza conosciuta della F. in Avellino non era andata a buon fine, in quanto l’ufficiale giudiziario aveva attestato che, dalle informazioni assunte, la destinataria risultava trasferito altrove”; la corte distrettuale ha altresì espressamente esaminato la deduzione della odierna ricorrente secondo cui l’attrice avrebbe dovuto tentare di notificare la citazione presso l’immobile di cui la F. era proprietaria in Avellino, oggetto di sequestro conservativo, argomentando che “non può presumersi che il difensore della S. avesse conoscenza di tale presunta circostanza per il solo fatto di aver proceduto al sequestro conservativo del bene, in quanto tale provvedimento cautelare si esegue, sugli immobili, mediante la trascrizione dello stesso, ai sensi dell’art. 679 c.p.c., e quindi mediante un atto formale, senza alcun accesso all’immobile”.

La corte d’appello ha quindi ritenuto che gli accertamenti svolti ai fini della notifica la citazione introduttiva ai sensi dell’art. 143 c.p.c. fossero sufficienti ed ha esposto, al riguardo, una motivazione pertinente e immune da vizi logici.

In proposito il Collegio osserva che la circostanza che la sig.ra F. fosse proprietaria di un immobile in Avellino (immobile, va sottolineato, cui la cui destinazione ad abitazione della sig.ra F. e, più in generale, ad uso abitativo, viene dedotta nel ricorso per cassazione senza che, tuttavia, la ricorrente precisi, come avrebbe dovuto fare nel rispetto del principio di autosufficienza, se, e con quali modalità, tale destinazione abitativa sia stata dedotta nel giudizio di merito) non è stata ignorata dalla corte distrettuale. Al contrario, la corte partenopea ha espressamente valutato la circostanza che la sig.ra F. era proprietaria di un immobile in Avellino, ma ha ritenuto che tale circostanza non fosse sufficiente per sorreggere la presunzione che la medesima F. risiedesse in tale immobile. Si tratta di un apprezzamento che rientra nei poteri di valutazione delle emergenze processuali propri del giudice di merito, non censurabile se non sotto il profilo, nella specie insussistente, della sua illogicità.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione del contraddittorio in primo grado, non sanata in secondo grado, dipendente dal mancato rilievo della notifica della citazione introduttiva.

Il motivo dipende dal primo e terzo motivo e, pertanto, va rigettato consequenzialmente al rigetto dei medesimi.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione art. 1385 c.c., nonchè il vizio di omessa, illogica e insufficiente motivazione circa un punto essenziale della controversia, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo accertato l’avvenuto versamento della caparra. Secondo la ricorrente la corte avrebbe errato sotto un triplice profilo (cfr. pag. 16 del ricorso per cassazione):

a) in punto di motivazione, per avere ritenuto provata l’avvenuta dazione di Euro 150.000 sulla base di una ricevuta rilasciata da persona ( F.N.) diversa da F.R.;

b) in punto di diritto, per aver ritenuto costituita la caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c., ancorchè nessuna dazione fosse intervenuta prima dello scadere delle obbligazioni derivanti dal contratto al quale la caparra accedeva;

c) ancora in punto di diritto, per aver qualificato la domanda della sig.ra S. come domanda risolutoria ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 3 e, ciò non ostante, avere riconosciuto alla stessa sig.ra S. il diritto alla restituzione del doppio della caparra invece che al risarcimento del danno.

La censura sub a) è inammissibile perchè non attinge l’affermazione della corte territoriale secondo la quale F.N. ricevette la somma in questione nella sua qualità di procuratore di F.R..

Le censure sub b) e c) sono inammissibili, perchè anch’esse non pertinenti alla motivazione della sentenza gravata, la quale ha condannato la F. restituire alla sig.ra S. la somma versata (non il doppio di tale somma), quale effetto restitutorio della dichiarata risoluzione contrattuale (senza per questo incorrere, giova precisare, nella violazione dell’art. 112 c.p.c., cfr. Cass. 23490/09).

Il ricorso va quindi, conclusivamente, rigettato.

Non vi è luogo a regolazione di spese, non essendosi l’intimata è costituita nel giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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