Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2442 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 07/11/2018, dep. 29/01/2019), n.2442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22670-2017 proposto da:

N.D.O.A.C., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

CIRCI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI MAZZI;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

dagli avvocati LUCIANA ROMEO, EMILIA LAVATA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 238/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 21 marzo 2017, la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da N.A.C.D.O. nei confronti dell’INAIL ed intesa al riconoscimento della rendita per i postumi derivati dall’infortunio sul lavoro occorsole in data 20 marzo 2001;

che, ad avviso della Corte territoriale, correttamente il primo giudice aveva ritenuto prescritto il diritto della lavoratrice in quanto nessuna richiesta era stata rivolta all’INAIL fino alla data del 24 novembre 2010 sicchè era decorso il termine triennale di prescrizione previsto dal T.U. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, non potendosi condividere l’assunto dell’appellante secondo cui l’attività giudiziale svolta dalla N. – descritta e documentata avrebbe dovuto avere un effetto interruttivo del detto termine prescrizionale trattandosi di attività rivolta nei confronti del datore di lavoro ed alla quale l’istituto era rimasta del tutto estraneo ed in considerazione del fatto che i postumi derivati dall’infortunio (schiacciamento di una mano) si erano manifestati già nel 2001 e si erano stabilizzati, al più tardi, 100 giorni dopo il detto infortunio; che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la N. affidato ad otto motivi cui resiste l’INAIL con controricorso; che è stata depositata proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con gli otto motivi di ricorso si deduce:

– con i primi tre, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) perchè era errato ritenere decorso il termine di prescrizione triennale dal momento che, solo all’esito di un lungo iter processuale e con sentenza del Tribunale di Milano n.4402/2010 del 28 ottobre 2010 (passata in giudicato il 28 ottobre 2011), era stata accertata la responsabilità della società datrice di lavoro della N. nella causazione del sinistro del 20 marzo 2001 ed il ricorso introduttivo del presente giudizio era stato depositato il 13 dicembre 2013 (primo e terzo motivo), inoltre la Corte territoriale non aveva tenuto conto degli atti stragiudiziali interruttivi della prescrizione posti in essere dalla lavoratrice nei confronti dell’INAIL (secondo motivo);

– con il quarto, omesso esame circa un fatto decisivo per la decisione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) non avendo il giudice del gravame rilevato che la prestazione richiesta all’INAIL era quella di cui alla sentenza n. 4402/2010 ove venivano specificate le voci di calcolo dell’indennizzo poi richiesto all’istituto;

– con il quinto, violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere l’impugnata sentenza affermato che era pacifico che l’INAIL non era stato convenuto dalla N. in alcuno dei giudizi dalla stessa promossi per ottenere il risarcimento del danno senza fornire alcuna spiegazione di tale assunto nè precisando se ed in qual modo tale circostanza avesse connotato negativamente tutto l’iter processuale;

– col sesto ed il settimo omesso esame circa un fatto decisivo per la decisione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) non avendo il giudice del gravame rilevato che la N. aveva avuto la percezione della malattia e contezza dei postumi invalidanti residuati a seguito dell’infortunio solo a seguito della sentenza n. 4402/2010 (sesto motivo) e che se i postumi si erano stabilizzati nel 2001 era pur vero che era stato dedotto un peggioramento degli stessi di cui la Corte territoriale non aveva tenuto conto (settimo motivo);

– con l’ottavo la nullità della sentenza (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la Corte d’appello semplicemente ritrascritto il contenuto della decisione impugnata senza tenere in alcun conto delle censure alla stessa mosse e senza chiarire le ragioni per le quali aveva ritenuto di confermarla;

che tutti i motivi, da trattare congiuntamente, sono da rigettare in quanto non considerano il dato oggettivo – evidenziato nella impugnata sentenza – che l’INAIL è rimasto del tutto estraneo all’attività processuale svolta dalla N. nei confronti della sua datrice di lavoro conclusasi con la sentenza del Tribunale di Milano n. 4402/2010 e proseguita infruttuosamente in sede esecutiva; ragion per cui detta attività non ha avuto alcun rilievo ai fini interruttivi del termine triennale di prescrizione nei confronti dell’istituto. Peraltro, la Corte territoriale ha anche precisato che non è stato prodotto alcun valido atto interruttivo della prescrizione posto in essere medio tempore dal momento del verificarsi dell’infortunio sul lavoro (il 20 marzo 2001 e consistito nello schiacciamento di una mano) o da quando i postumi dallo stesso derivati si erano stabilizzati ed erano chiaramente percepibili (al più tardi 100 giorni dopo l’infortunio trattandosi di difficoltà di movimento della mano interessata dallo schiacciamento) e la data della domanda amministrativa (il 24 novembre 2010). Quanto al motivo di ricorso (il secondo) in cui si fa riferimento ad atti idonei ad interrompere la prescrizione posti in essere dalla lavoratrice lo stesso è privo di specificità limitandosi ad indicarli genericamente senza specificare quando sarebbero stati posti in essere, il loro contenuto e quando e dove sarebbero stati prodotti in giudizio. Infine, con riferimento al momento in cui la N. avrebbe avuto percezione delle conseguenze dell’infortunio, il giudice del gravame, con una valutazione di merito corretta ed adeguatamente motivata non censurabile in questa sede, ha ritenuto che la stessa era collocabile, al più tardi, a cento giorni dopo l’infortunio facendo corretta applicazione del principio affermato da questa Corte secondo cui ” La manifestazione della malattia professionale, rilevante quale “dies a quo” per la decorrenza del termine triennale di prescrizione di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112, può ritenersi verificata quando sussiste la oggettiva possibilità che l’esistenza della malattia, ed i suoi caratteri di professionalità ed indennizzabilità, siano conoscibili in base alle conoscenze scientifiche del momento, senza che rilevi il grado di conoscenze e di cultura del soggetto interessato. ” (Cass. n. 598 del 15/01/2016; Cass. n. 2285 del 31/01/2013, ex multis);

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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