Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24419 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. III, 09/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 09/09/2021), n.24419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30709-2019 proposto da:

A.Y., rappresentato e difeso dall’avv.to GIUSEPPE BRIGANTI

(avv.briganti.pec.iusreport.it) elettivamente domiciliato presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA n. 10642/2019, depositato

il 10/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.Y., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a cinque motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto si era recato ad una manifestazione antigovernativa che era degenerata in episodi di violenza: a seguito dell’intervento della polizia era riuscito a scappare ma, riconosciuto dalle autorità, aveva saputo di essere ricercato per essere arrestato. Ha aggiunto che la sorella era stata picchiata dai poliziotti e che la madre aveva avuto un attacco cardiaco, ragione per cui aveva deciso di allontanarsi.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la nullità del decreto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 1, n. 11, lett. a), e art. 13 e degli artt. 737,135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, nonché della L. n. 46 del 2017, art. 2, art. 106 Cost., comma 2 e art. 111 Cost., comma 6.

1.1. Lamenta gravi lacune motivazionali in ordine alla valutazione di credibilità la quale era priva, in thesi, di logiche argomentazioni in ordine alle ragioni della asserita contraddittorietà delle circostanze narrate; nonché l’erroneo disconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

1.2. Deduce, infine, che l’audizione in sede giurisdizionale incombente necessario per la valutazione di credibilità – era stato espletato da un G.O.T. che non aveva fatto parte di un collegio giudicante con la conseguente nullità del decreto impugnato.

1.3. Il motivo è parzialmente fondato.

1.4. La motivazione sulla credibilità del ricorrente resa da Tribunale, infatti, è apodittica e tautologica (cfr. cpv 4 della motivazione del decreto) in quanto si risolve in tre affermazioni meramente assertive, e non consente di comprendere le ragioni per le quali la vicenda narrata sia stata ritenuta inattendibile.

Risulta dunque inosservato il paradigma argomentativo di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 (cfr. ex multis Cass. 8819/2020).

1.5. La censura ridonda sulla valutazione delle fattispecie per le quali la valutazione di credibilità è pregiudiziale (e cioè lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria): in relazione a ciò le doglianze subordinate, riferite ad entrambe, devono ritenersi assorbite.

1.6. Risulta invece infondata la censura relativa all’audizione del ricorrente svolta da un GOT non facente parte del collegio giudicante in quanto la questione – oggetto di contrasto fra diverse pronunce – è stata recentemente risolta da Cass.SU 5425/2021 – la cui motivazione deve intendersi integralmente richiamata in questa sede – che ha espresso il principio secondo il quale “non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta.” (cfr. Cass. SU 5254/2021 come massimata).

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1. Il motivo è inammissibile perché non viene indicato il fatto storico principale o secondario che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare.

3. Con il terzo motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3 e art. 32 Cost., nonché del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8,9,10,13,27,32 e 35 bis anche in relazione all’art. 115 c.p.c. ed al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 5, 6, 7 e 14 ed al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2.

3.1. La censura critica il provvedimento impugnato sia perché si fonda su dichiarazioni ritenute inattendibili, con ciò contraddicendosi; sia perché non sarebbe stato adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria in relazione alle condizioni del paese di origine, vulnus che ridonderebbe, in thesi, sul mancato riconoscimento sia della protezione umanitaria che della sussidiaria, per le quali il Tribunale avrebbe omesso di confrontarsi con la specifica vicenda narrata dal richiedente.

3.2. Il motivo è fondato per quanto di ragione.

3.3. Il Tribunale, infatti, da una parte, in relazione alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) ha reso una motivazione contraddittoria rispetto alle COI riportate, in quanto ha escluso una situazione di violenza indiscriminata nel territorio di provenienza del ricorrente, a fronte di informazioni descrittive di uccisioni da parte della polizia, rapimenti ed abusi, prospettando con ciò argomentazioni illogiche (cfr. pag. 3 primo e secondo cpv della sentenza impugnata).

3.4. Dall’altra, ha del tutto omesso di acquisire C.O.I. attendibili ed aggiornate in relazione alla sussistenza di un conflitto armato nell’accezione Eurounitaria, ed in ordine al livello di tutela dei diritti fondamentali garantito nel paese di origine, con ciò non svolgendo il giudizio di comparazione in modo esaustivo e coerente con i principi predicati da questa Corte in materia (cfr. Cass. 4455/2018; Cass. SU 29459/2019).

4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 13 e 47 CEDU e dell’art. 46 della direttiva Europea 32/2013.

5. Con il quinto motivo, deduce, in via subordinata la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost. nonché del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 ed art. 19 T.U.I. così come modificati dal D.L. n. 113 del 2018.

5.1. Tali due ultimi motivi rimangono logicamente assorbiti dall’accoglimento del primo e del terzo.

6. Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Ancona in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

“la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, e, inoltre, tenendo conto della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c) D.Lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicché è compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi e l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale”;

“il dovere di cooperazione istruttoria predicato dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 impone al giudice di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio e l’estrinsecazione dei poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni attendibili ed aggiornate sul Paese di origine del richiedente in riferimento alle vicende prospettate e con specifica indicazione delle fonti in base alle quali sia stato svolto l’accertamento necessario, aggiornate alla data della decisione.”

“l’onere di allegazione del richiedente la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), diversamente dalle ipotesi di protezione sussidiaria cd. individualizzanti, previste dall’art. 14, lett. a) e lett. b) detto decreto è limitato alla deduzione di una situazione oggettiva di generale violenza indiscriminata – dettata da un conflitto esterno o da instabilità per il solo fatto di rientrare nel paese di origine, disancorato dalla rappresentazione della propria vicenda individuale di esposizione al rischio persecutorio, sicché, ove correttamente allegata tale situazione, il giudice, in attuazione del proprio dovere di cooperazione istruttoria, è tenuto ad accertarne l’attualità con riferimento alla situazione oggettiva del paese di origine e, in particolare, dell’area di provenienza del richiedente.”

“secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”.

Il Tribunale di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte,

accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso per quanto di ragione; dichiara inammissibile il secondo e assorbiti il quarto ed il quinto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Ancona in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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