Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24412 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/10/2017, (ud. 21/10/2016, dep.17/10/2017),  n. 24412

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21650-2015 proposto da:

P.A.E. e I.C., rappresentati e difesi, per

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Alberto

Pattaro;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Trento, depositato 1’8

giugno 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

ottobre 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la Corte d’appello di Trento, in composizione collegiale, ha rigettato l’opposizione proposta, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter da P.A.E. e I.C. avverso il decreto con il quale consigliere designato di quella Corte aveva dichiarato improcedibile la domanda dai medesimi proposta per ottenere la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio iniziato nel 1995, per non essere ancora definitiva, alla data della domanda, il provvedimento che aveva concluso il giudizio presupposto;

che la Corte d’appello ha ritenuto non accoglibile il rilievo dei ricorrenti secondo i quali il giudizio presupposto, quanto alla loro posizione, era stato definito in modo ormai irrevocabile, atteso che il ricorso per cassazione era stato proposto solo da un altro danneggiato che aveva contestato la quantificazione del danno a lui liquidato;

che, in proposito, la Corte d’appello ha ritenuto che pur essendo corretta la ricostruzione effettuata dai ricorrenti, ostava all’accoglimento della stessa il rilievo che il ricorso per cassazione era stato notificato anche a loro e che quindi essi dovevano essere considerati parti del giudizio di impugnazione, con la conseguenza che il giudizio presupposto non poteva essere ritenuto definito in modo irrevocabile nei loro confronti; circostanza questa che, ad avviso della Corte d’appello legittimerebbe i ricorrenti stessi a proporre la domanda di equa riparazione anche per il protrarsi del giudizio in cassazione;

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di un motivo;

che il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.

Considerato che con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, dell’art. 327 cod. proc. civ., nonchè della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 2, art. 2-bis, commi 1 e 2 e art. 3, comma 5;

che i ricorrenti sostengono che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che la mera notificazione del ricorso ad essi avrebbe comportato la perdurante pendenza del giudizio presupposto anche nei loro confronti, tenuto conto che il litisconsorzio verificatosi nella specie era solo facoltativo; sicchè la definitività avrebbe dovuto essere apprezzata con riferimento alle singole controversie riunite;

che il ricorso è fondato;

che è senz’altro vero che ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4 la domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva e che, quindi, ai fini della decorrenza del termine, deve aversi riguardo al provvedimento conclusivo del giudizio presupposto;

che, tuttavia, tale regola, per non porre dubbi di legittimità costituzionale (peraltro già evidenziati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 30 del 2014), non può non essere applicata avendo riguardo alla specificità dei singoli procedimenti;

che, in particolare, nella ipotesi di riunione di procedimenti ovvero di litisconsorzio facoltativo, pur se il giudizio è unico, le domande rimangono distinte e mantengono la propria autonomia;

che, dunque, posto che gli odierni ricorrenti non hanno proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia depositata il 21 giugno 2013, e posto che l’impugnazione avverso tale sentenza proposta da altra parte del giudizio presupposto – ma non dalla parte soccombente nei confronti degli attori in equa riparazione – non interferisce in alcun modo sulla statuizione di condanna al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti, deve ritenersi che la posizione di questi ultimi, pur se evocati nel giudizio di cassazione, sia divenuta definitiva, non essendo la stessa suscettibile di revisione, per effetto della decisione di questa Corte e dell’autonomia dei procedimenti riuniti;

che deve conseguentemente ritenersi che i ricorrenti ben potevano proporre domanda di equa riparazione, in quanto il giudizio da essi introdotto risulta definito con sentenza per loro irrevocabile;

che ha dunque errato la Corte d’appello di Trento nel rigettare l’opposizione, così confermando la statuizione di improponibilità della domanda adottata dal consigliere designato;

che il decreto impugnato va quindi cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Trento, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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