Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24412 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 03/11/2020), n.24412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32506-2018 proposto da:

MA.TO. DI A.N. S.A.S., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO

D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato CARLO MILARDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALFREDO SGUANCI;

– ricorrente –

contro

V. PARTECIPAZIONE DI F.V. & C. S.A.S., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CARMINE AIELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3209/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Società V. Partecipazione s.a.s. di F.V. convenne in giudizio la MA.TO. s.n.c. di A.N., davanti al Tribunale di Torre Annunziata, chiedendo che fosse accolta la sua domanda di diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza ((OMISSIS)) ovvero, in via subordinata, che la convenuta fosse condannata al rilascio dell’immobile alla scadenza del secondo sessennio ((OMISSIS)).

A sostegno della domanda espose di essere subentrata al precedente proprietario nella locazione di un immobile ad uso commerciale in favore della convenuta, stipulato in data (OMISSIS), e di avere intimato alla stessa, con comunicazione dell'(OMISSIS), di non avere intenzione di proseguire nella locazione alla prima scadenza, volendo adibire l’immobile all’attività di rivendita di articoli in pelle da esercitare in proprio (disdetta intimata ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 29).

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda principale, accolse quella subordinata e condannò la società attrice al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla società locatrice e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 28 giugno 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della decisione del Tribunale, ha riconosciuto fondato il diniego di proroga della locazione alla prima scadenza del (OMISSIS), condannando la società conduttrice al rilascio dell’immobile ed alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte di merito che la facoltà del locatore di negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza non presuppone la necessità, ma solo la seria intenzione di servirsi dell’immobile per uno degli scopi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 29. Nella specie, la comunicazione scritta inviata dalla locatrice rispondeva in pieno ai requisiti di legge, anche perchè la giurisprudenza di legittimità insegna che ai fini della prova della serietà del proposito si richiede la realizzabilità tecnica e giuridica, ma non anche la concreta realizzazione dell’intento; tanto più che è sempre consentito al conduttore il controllo sull’effettiva destinazione ai fini delle misure sanzionatorie di cui alla L. citata, art. 31.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli propone ricorso la MA.TO. s.n.c. di A.N. con atto affidato a due motivi.

Resiste la Società V. Partecipazione s.a.s. di F.V. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., n. 5) e art. 447-bis c.p.c., nonchè della L. n. 392 del 1978, art. 29, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Secondo la società ricorrente, la Corte di merito avrebbe utilizzato ai fini della decisione una serie di documenti dei quali la società locatrice, pur avendoli prodotti insieme al ricorso originario, non aveva espressamente indicato di volersi avvalere. La pretesa di avvalersi di quei documenti sarebbe stata manifestata solo in grado di appello, e perciò tardivamente; sicchè di quei documenti il giudice non avrebbe dovuto tenere conto.

1.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento.

Osserva il Collegio, innanzitutto, che il ricorso, oltre a non contenere una idonea esposizione sommaria dei fatti, è redatto con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), perchè richiama una serie di atti e documenti senza indicare se, come e dove essi siano stati messi a disposizione di questa Corte.

Quanto alla specifica censura in diritto, il motivo è redatto in modo carente perchè non dà conto di aver posto alcuna questione, in sede di merito, relativa alla utilizzabilità dei documenti richiamati nella sentenza; per cui la contestazione in questa sede potrebbe essere del tutto nuova.

Peraltro, anche senza contare questi rilievi preliminari, esaminando nel merito la censura, non si comprende per quale motivo il giudice non avrebbe dovuto utilizzare documenti tempestivamente prodotti fin dal giudizio di primo grado (il ricorrente stesso ammette la tempestività della produzione). La produzione degli stessi unitamente al ricorso dimostra di per sè che la parte intende avvalersene a sostegno delle proprie ragioni.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’art. 91 c.p.c., contestando la condanna alle spese.

2.1. Si osserva che il motivo non è propriamente tale, poichè il giudice di appello ha fatto doverosa applicazione del principio di soccombenza, per cui non è chiaro di cosa abbia a dolersi la società ricorrente.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, da distrarre in favore del difensore antistatario. Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.000, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarre in favore del difensore avv. Carmine Aiello, che si è dichiarato antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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