Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24410 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. un., 21/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. ADAMO Mario – Presidente di Sez. –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17139-2010 proposto da:

I.V.P.C. S.R.L. – ITALIAN VENTO POWER CORPORATION, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato ABBAMONTE

ANDREA, che la rappresenta e difende, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICASTRO

3, presso lo studio dell’avvocato VOCCIA CARLO, rappresentato e

difeso dagli avvocati CRISCI LUCIO, CRISCI FABRIZIO, per delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1915/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;

uditi gli avvocati Pierluigi GIAMMARIA per delega dell’avvocato

Andrea ABBAMONTE, Carmelo D’ANTONE per delega dell’avvocato Lucio

Crisci;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Benevento con sentenza del 3.2.2004 accolse la sola domanda risarcitoria proposta il 11.3.1999 da D.N., proprietario di un fondo sito nel Comune di San Giorgio La Molara, e condannò la soc. I.V.P.C. (Italian Vento Power Corporation) a r.l. a risarcirgli la somma di Euro 2.700 per il danno patito. Il danno afferiva alla costruzione a distanza infralegale, sul finitimo fondo di B.V., di una paia eolica di altezza di 50 mi realizzata da IVPC in esecuzione di una convenzione con il Comune stipulata ex lege n. 10 del 1991 e previa conclusione con il B. di un contratto misto di servitù, superficie e locazione. La soc. IVPC ha proposto appello, reiterando la disattesa eccezione di difetto di giurisdizione del G.O., ed il D. ha articolato impugnazione incidentale: la adita Corte di Napoli con sentenza del 25.10.2010 ha rigettato l’impugnazione principale della società ed accolto quella incidentale pertanto condannando IVPC ad arretrare di 25 mt dal confine il traliccio della pala eolica.

Nella motivazione della sentenza la Corte di merito ha negato fondamento alla eccezione di difetto di giurisdizione osservando che non aveva alcuna plausibilità l’ipotesi di ricondurre la controversia afferente la distanza dal confine di un singolo traliccio alla materia urbanistica-edilizia ai sensi del D.Lgs. 80 del 1998, art. 34 che riguardando la controversia nell’ottica della L. 10 del 1991 era da rilevare che emergeva come si trattava di una singola iniziativa privata posta in essere dall’Impresa in base a concessione edilizia del Comune e nel quadro di apposita convenzione, sicchè l’intervento eseguito – e di indubbia pubblica utilità – si era realizzato non in forme imperative ma con strumenti privatistici.

La Corte ha poi condiviso le argomentazioni dell’appellante incidentale sulla violazione dell’art. 873 c.c., L. n. 765 del 1967, art. 17 e delle norme tecniche del PRG del Comune ed ha fissato in mt 25 dal confine la distanza del manufatto computabile dal punto di massima sporgenza dell’impianto (le pale) nonchè ha accolto le osservazioni che lamentavano la affermazione afferente la pretesa carenza di legittimazione passiva di IVPC rispetto alla domanda di arretramento della costruzione dal confine, nel mentre ha disatteso le censure mosse al quantum del risarcimento riconosciuto (stante il carattere agricolo del fondo e la assai modesta turbativa alla sua attività cagionata dalla pala stessa).

Per la cassazione di tale sentenza la soc. IVPC ha proposto ricorso il 20.7.2010 articolando cinque motivi ai quali ha resistito il D. con controricorso del 7.9.2010. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che, corretta la decisione della Corte di Appello in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario, sebbene bisognevole di correzioni in diritto, debbano invece condividersi le censure che il ricorso rivolge alla concessione, da parte del giudice d’appello, della tutela ripristinatoria-demolitoria a carico di IVPC. Si esaminano i cinque motivi previa loro sintetica esposizione. Primo Motivo: si denunzia violazione del D.Lgs. 80 del 1998, art. 34 nell’avere il giudice del merito ignorato che alla stregua della L. n. 10 del 1991, art. 1 e del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12 le opere necessarie alla realizzazione delle pale eoliche devono considerarsi di pubblica utilità e che il soggetto concessionario del potere di realizzazione, anche se privato ed anche se agente con strumenti privatistici, in quanto realizzatore di impianti di produzione di energia convogliantesi nella rete elettrica nazionale e per concessione, in convenzione, con il Comune, doveva considerarsi dotato di poteri della P.A.. Secondo motivo: si lamenta violazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 per avere la Corte mancato di considerare che IVPC era da un canto gestore della parte di servizio pubblico di produzione di energia consentita ed era dall’altro canto autorizzata a farlo in forza di convenzione sostitutiva di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 11. Terzo motivo: ci si duole della omessa considerazione del fatto che la pur privata produzione di energia elettrica non per questo fa venir meno il carattere di servizio di interesse pubblico e la natura di opera di pubblica utilità delle costruzioni che siano state realizzate per consentirne l’esercizio, così come del tutto irrilevante è la realizzazione delle opere attraverso lo strumento privatistico della convenzione impositiva di servitù.

Quarto motivo: si lamenta falsa applicazione dell’art. 873 c.c. e disapplicazione del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12 per avere la Corte di merito omesso di considerare come nel caso in cui dalla realizzazione di un impianto o linea elettrica derivi danno a privato confinante non può essere adottata pronunzia che incida sulla linea o sull’impianto ma solo sanzione di tipo risarcitorio. Quinto motivo:

si censura la mancata applicazione della previsione esclusiva e limitatrice della L. n. 2359 del 1865, art. 46.

Con riguardo ai primi tre motivi, che contestano la scelta dei giudice del merito di ritenersi dotato di potestas judicandi, si osserva che la decisione censurata appare conforme a diritto.

Ed invero IVPC ebbe a realizzare – all’esito di delibere comunali dichiarative della p.u. dell’opera L. n. 10 del 1991, ex art. 1, comma 4 in forza di atti di concessione dell’edificazione e previa convenzione con il proprietario dei suoli – un intervento di interesse pubblico, posto che l’esercizio delle pale eoliche attiene alla produzione di energia ed al suo trasporto nella rete elettrica nazionale gestita dallo Stato e, per esso, dalla concessionaria TERNA. Che il trasporto dell’energia elettrica sia servizio di pubblica utilità è dato indiscutibile così come è indubbio e conseguente che gli atti del gestore di tale servizio, funzionali alla sua costituzione ed alla determinazione delle modalità di esercizio, siano devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tanto emerge dalla lettura del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 nel testo risultante dalla L. n. 205 del 2000, art. 7 disposto recante richiamo ai servizi di cui alla L. n. 481 del 1995.

Ancor più diretta è poi la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie in materia di provvedimenti e procedimenti per gli impianti ed il trasporto di energia elettrica che ha operato la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 552 facendo rinvio alle previsioni del D.L. 7 del 2002 convertito nella L. n. 55 del 2002. Nello stesso segno si iscrivono poi tanto la L. 99 del 2009, art. 41 (altresì assegnante alla competenza esclusiva del TAR del Lazio le controversie afferenti procedure e provvedimenti attingenti le infrastrutture di trasporto di energia elettrica comprese nella rete di trasmissione nazionale) quanto, e da ultimo, il D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133 lett. O) (il cui art. 4, comma 1, n. 43 all. 4 ha abrogato il citato art. 41), per il quale spettano alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie, anche risarcitorie, concernenti atti e procedimenti della P.A. relativi, tra l’altro, alla rete di trasmissione nazionale. Quanto, specificamente e per quel che occupa, agli interventi per la costruzione ed alle Infrastrutture per la gestione ed il trasporto delle energie “alternative” non vi è che da richiamare il disposto del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, commi 1 e 2 per il quale opere ed Infrastrutture sono, rispettivamente, indifferibili ed urgenti e di pubblica utilità.

Altrettanto evidente è però che la controversia insorta nella specie non riguarda, in relazione al risultato pratico perseguito dall’attore, una ipotesi di incidenza della domanda sulla efficienza o funzionalità della rete elettrica ma (esattamente come nella vicenda esaminata da queste S.U. e decisa con ord. 7103 del 2011) evidenzia la prospettazione di uno spostamento del manufatto all’interno dell’area confinante a ripristino del regime delle distanze e l’applicazione di una sanzione indennitaria per la violazione del regime stesso e per i danni arrecati. La pretesa articolata, pertanto, non è affatto diretta ad arrecare alcuna incidenza sulla funzionalità dell’impianto e tampoco ad intervenire sulla efficienza della rete elettrica. Il che vuoi dire che nella controversia de qua IVPC non è evocata come amministrazione o concessionario che svolge il servizio e per ottenerne una modificazione, ma come impresa costruttrice del manufatto e di esso proprietaria, e, come tale, responsabile dei danni, che esso “staticamente” venga ad arrecare al terzo confinante. Analogamente queste S.U. si sono pronunziate con la ord. 13639 del 2011 in sede di regolamento ex art. 41 c.p.c. in controversia che vedeva evocata la società costruttrice di aerogeneratori non già quale esercente di un servizio bensì come costruttrice di un opus reputato dannoso. E, del pari, l’ord. 17065 dei 2011 ha ritenuto spettare alla cognizione del giudice ordinario la controversia tra proprietario confinante e Comune, al quale era stata addebitata la costruzione, su suo suolo ma a distanza infralegale, di una area destinata a verde pubblico attrezzato.

Rettamente pertanto i giudici del merito, e, per quel che occupa, la Corte di Napoli, hanno ritenuto attratta nella loro giurisdizione la controversia sottoposta.

Venendo quindi all’esame degli altri due motivi proposti da IVPC ritiene il Collegio che essi siano fondati una volta che la questione controversa sia ricondotta nell’alveo della disamina degli effetti riflessi sul terzo – e non sul soggetto immediatamente inciso dall’opera pubblica – della legittima esplicazione di attività di interesse pubblico: se è certo, ut supra, che è il giudice ordinario a dover occuparsi di tali effetti e delle correlate sanzioni è altrettanto indiscutibile che l’esecuzione di un’opera di pubblica utilità e che rappresenti un elemento di esercizio di un servizio pubblico (la rete elettrica nazionale) non può essere ricondotta -sol per effetto della violazione dei suoi limiti di dislocazione spaziale- ad attività realizzata jure privatorum (come nella vicenda esaminata da Cass. 6469 del 2008) e pertanto essere considerata suscettibile di riduzione in pristino per la parte in cui l’opus lede il regime (legale e regolamentare) delle distanze; di contro l’opera in discorso può ingenerare, innanzi al giudice ordinario, soltanto la reazione indennitaria che l’ordinamento prevede e consente, quella di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46 e, quindi, della successiva disposizione di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 44.

Il più risalente orientamento di questa Corte (Cass. 4331 del 1982), confermato in men remoti pronunziati (Cass. 6719 del 2000) pervenne invero ad escludere drasticamente che alla costruzione di un’opera pubblica, da parte della P.A., quale una strada sopraelevata, potesse applicarsi il regime delle distanze di cui all’art. 873 c.c. e le sanzioni correlate per la sua inosservanza, potendo il confinante leso reagire nella sola sede indennitaria di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46.

Una più articolata considerazione è in realtà rinvenibile in un successivo arresto di queste Sezioni Unite (sent. n. 1612 del 1993) che ha bensì negato l’esperibiiità di azione petitoria o possessoria in capo al proprietario confinante con l’opera pubblica, che deduca una lesione del proprio diritto o del proprio possesso per effetto della inosservanza delle distanze legali, e che ha giustificato tale diniego con la idoneità delle scelte della autorità amministrativa circa l’ubicazione dell’opera a comprimere le sue posizioni soggettive, e con il divieto per il giudice ordinario di interferire sull’atto amministrativo. Il richiamo all’art. 4 all. E della L. n. 2248 del 1865 – che è la cifra costante delle meno recenti decisioni, tese ad evidenziare il carattere del divieto in termini di “protezione” della area riservata all’amministrazione – è nella pronunzia del 1993 giustapposto a considerazioni di estrema rilevanza. E’ stato invero da tal decisione ricordato che la dichiarazione di pubblica utilità’ è preceduta dall’approvazione del progetto tecnico dell’opera di cui si tratta e che alla base dei provvedimenti ablatori vi sono sempre i piani particolareggiati e la relazione esplicativa dell’opera da realizzare, documentazione che viene ad integrare la portata dei provvedimento stesso. Ed è stato quindi sottolineato che l’intervento edificatorio di pubblica utilità “… non lascia senza protezione l’interesse qualificato del privato alla legittimità della localizzazione dell’opera, in quanto il sistema positivo offre all’uopo rimedi sia amministrativi: v. L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 10 e 11, L. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 16 e 19 sia di giustizia amministrativa: v. L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 2, lett., b,”. La cennata ricostruzione – che vede “cedere” la posizione di diritto soggettivo del proprietario confinante al rispetto del regime delle distanze a fronte di un intervento realizzativo di un’opera pubblica effettuato nell’esercizio del potere pubblico, dalla P.A. o dal suo concessionario, correlativamente rimandando alla giustizia amministrativa la tutela della posizione stessa – è stata poi seguita sino alle più recenti pronunzie di questa Corte (Cass. 6469 e 15189 del 2008).

La tenuta di tale costruzione in termini sia di ragionevolezza della compressione del diritto soggettivo dei soggetto esposto alla costruzione a distanza infralegale sia di congruità della (sola) tutela indennitaria già prevista dalla L. n. 2359 del 1865, art. 46 ed oggi statuita nel citato D.P.R. n. 327 del 2001, art. 44 si apprezza, ad avviso del Collegio, proprio rammentando le considerazioni formulate dalla sentenza 1612 del 1993 (e sopra trascritte) con riguardo all’interesse del terzo confinante che si ritenga teso a denunziare innanzi al giudice amministrativo le illegittimità del procedimento nella parte in cui ad opera della sua previsione progettuale sia integrata lesione delle previsioni regolamentari sulle distanze dell’opera dal confine. Ed a tal proposito non va ignorato che il rispetto del generale regime delle distanze nella edificazione di opere di pubblica utilità da parte dell’Amministrazione Statale o dei concessionari di servizi pubblici o dei Comuni riceve un “trattamento procedimentale” specifico: il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7 recante la rubrica Attività edilizia delle pubbliche amministrazioni prevede infatti alla lettera B) che non si applichino le disposizioni del relativo titolo per le opere pubbliche, da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti, ovvero da concessionari di servizi pubblici, previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, e successive modificazioni; e lo stesso art. 7 alla lettera C) prevede che del pari siano esonerate dalla applicazione diretta delle norme le opere pubbliche dei comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 47. La tutela innanzi al giudice amministrativo da parte del proprietario confinante “terzo”, che si ritenga leso, assume dunque il ruolo di attivazione di un controllo, anche nei confronti delle sedi decisionali indicate sopra, di uno degli elementi costitutivi della legittimità del provvedimento, quello della conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche secondo il modello di verifica delineato dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7, lett. B e C: la sua mancata evocazione lascia al predetto “terzo” – del tutto ragionevolmente – la disponibilità del solo strumento indennitario apprestato per i danni da atto legittimo, quello di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46 ed al ridetto D.P.R. n. 327 del 2001, art. 44.

Al proposito basti qui rammentare (come rilevato da Cass. 19972 del 2009 e 24266 del 2010) che l’indennizzo commisurato all’indennità di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46 (nella sua seconda fattispecie), non compete affatto al proprietario del fondo espropriando – già indennizzato sia per l’occupazione temporanea che per l’espropriazione o l’asservimento ex art. 46 (nella sua prima fattispecie) – ma è dovuto a tutti i proprietari di immobili confinanti con quello in cui è insediata l’opera pubblica, e quindi non assoggettati a procedura ablativa, il cui spazio aereo è stato invaso dalle relative strutture. Sicchè il ridotto godimento del bene in tali casi, corrispondenti alla seconda delle fattispecie previste dalla L. n. 2359 del 1865, art. 46, è compensato dalla relativa indennità.

Sulla base delle esposte considerazioni si accolgono i due motivi, censuranti la indebita pronunzia di “arretramento” del paolo eolico di IVPC, e su tali basi si cassa la sentenza impugnata: nessuna ulteriore valutazione essendo rimessa al proposito, ben può pronunziarsi ex art. 384 c.p.c. e quindi rigettarsi la domanda del D. di arretramento del manufatto in questione. La complessità delle questioni trattate induce a compensare tra le parti per intero le spese del giudizio di legittimità, ferma restando la corretta regolamentazione disposta, con parziale compensazione, nella sentenza impugnata con riguardo alle spese dei due gradi di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e pronunziando nel merito rigetta la domanda di D.N. diretta all’arretramento del palo eolico della soc. IVPC; compensa tra le parti per intero le spese del giudizio di legittimità, ferma restando la regolamentazione delle spese per i precedenti gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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