Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24409 del 21/11/2011

Cassazione civile sez. un., 21/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 21/11/2011), n.24409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. ADAMO Mario – Presidente di Sez. –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24968-2010 proposto da:

AN.SA.PE CONS. COOP. AGRICOLE RIUNITE S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALBALONGA 7, presso lo studio dell’avvocato PALMIERO CLEMENTINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato COLALILLO VINCENZO, per delega a

margine del controricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1524/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;

udito l’Avvocato PALMIERI dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con D.M. 22 novembre 1995 il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nel quadro dell’approvazione con atto del 22.12.1992 del più ampio progetto presentato dal Consorzio Centro Carni Sud (capofila), dispose l’erogazione di un concorso statale in favore della consorziata An.Sa.Pe. – Consorzio Cooperative Agricole Riunite, per l’assunzione di un mutuo destinato al consolidamento di passività afferenti preesistenti impianti di macellazione e lavorazione carni, secondo la previsione della L. n. 67 del 1988, art. 15, comma 16. La successiva L. n. 290 del 1999 all’art. 5 previde che i benefici concessi per i mutui contratti per consolidamento di passività pregresse potessero essere conservati, anche in caso di mancata realizzazione del progetto integrato, se il beneficiario avesse presentato un progetto sostitutivo-integrativo finanziabile con il contributo concesso. An.Sa.Pe – che si era vista revocare il generale finanziamento concesso con il D.M. 22 dicembre 1992 per impossibilità di portare a termine il progetto complessivo – venne richiesta di presentare il progetto integrativo di cui all’art. 5 della L. n. 290 del 1999 ma con successivo D.M. 4 maggio 2000 l’Amministrazione ebbe a respingere la richiesta del beneficio, formulata il 28.10.1999, sul rilievo che il progetto presentato dal Consorzio non fosse in linea con le regole per la concessione di agevolazioni indicate dal Reg. 866/90/CE e per le quali la Commissione Europea aveva aperto procedura di infrazione. Pertanto la stessa Amministrazione, revocato nel 1997 il contributo di cui al D.M. 22 novembre 1995 e respinta la sopravvenuta richiesta di progetto sostitutivo di An.Sa.Pe, emise ingiunzione ex R.D. n. 639 del 1910 per Euro 118.495 diretta al recupero delle somme anticipate quali ratei di contributo sugli interessi del mutuo tra il 1993 ed il 19.4.2000.

Il Tribunale di Roma, con sentenza 9.3.2006, annullò l’ingiunzione accogliendo la domanda di An.Sa.Pe. e disattendendo l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Amministrazione. La Corte di Roma, adita dal Ministero, con sentenza 12.4.2010 ha invece declinato la giurisdizione in favore del G.A., assorbendo i motivi di appello relativi al merito, sul rilievo che rientrasse nei poteri valutativi della P.A. quello di scrutinare il nuovo progetto presentato dal beneficiario a sostegno della richiesta di mantenimento del contributo erogato ed a nulla rilevando – quanto a giurisdizione – che l’atto di revoca non fosse stato preceduto dal parere tecnico economico della Regione Abruzzo. Per la cassazione di tale declinatoria An.Sa.Pe ha proposto ricorso 22.10.2010 al quale si è opposta l’Amministrazione con controricorso dell’1.12.2010. An.Sa.Pe ha depositato memoria finale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel ricorso si censura la scelta di non aver dato il corretto rilievo al fatto che la revoca de qua era stata disposta all’esito del preteso inadempimento alla disciplina originata dall’atto di concessione del contributo ed era quindi una revoca ex nunc e non già un atto di annullamento ex tunc in autotutela: e, specularmente, la inadeguatezza del progetto presentato nel 1999, e che non avrebbe consentito la sanatoria della pregressa revoca, era frutto di un dato emergente oggettivamente e cioè il contrasto del progetto con le condizioni imposte dalle norme comunitarie; pertanto l’atto di revoca ed il diniego di approvazione impingevano su diritto soggettivo dell’impresa, generando una situazione conoscibile solo dal giudice ordinario.

L’Amministrazione resiste con ampia illustrazione della vicenda e delle tesi della spettanza al G.A. della cognizione della opposizione.

Ritiene il Collegio che il ricorso – là dove censura la declinatoria della Corte di Roma perchè viziata dalla ignoranza della reale portata della revoca contestata, quale atto basato sulla sopravvenuta insussistenza delle oggettive condizioni di conservazione del finanziamento del 22.11.1995 – meriti condivisione.

E’ incontestato tra le parti che il finanziamento al Consorzio capofila di cui al D.M. del 22 dicembre 1992 era stato revocato “per inadempimento” con D.M. 22 luglio 1997 si che la conferma del beneficio erogato ed in via di erogazione ad An.Sa.Pe con D.M. 22 novembre 1995 era condizionata alla congruità del progetto sostitutivo con le norme della L. n. 290 del 1999, art. 5 quali risultanti dopo la applicazione del regolamento 886/90/CE art. 16 punto 4 tit. 3^. La previsione del 1999, infatti, era stata dettata da una esigenza di sanare i finanziamenti già concessi ai sensi della L. 67 del 1988, art. 15, comma 16 ed ai quali era seguito inadempimento, alla condizione che i beneficiari presentassero progetti sostitutivi-integrativi accettabili. La norma, pertanto, poneva una condizione di conservazione del finanziamento già erogato e già revocato (con il D.M. 22 luglio 1997, nella specie) per o l’inadempimento conclamato del beneficiario quella della accettazione di un congruo progetto sostitutivo-integrativo di investimento finanziabile con parte del mutuo già concesso. Orbene, se la vicenda si fosse risolta nella mera revoca per “inadempimento” del contributo erogato il 22.11.1995 – senza alcun intervento legislativo di parziale e condizionata “sanatoria” -certamente le contestazioni della revoca stessa avrebbero ingenerato una controversia incidente sui soli diritti e quindi conoscibile dal giudice ordinario.

La questione posta, e risolta dalla Corte di merito nei termini riferiti e contestati in ricorso, si appunta invece sulla portata della valutazione della P.A. che la norma della L. n. 290 del 1999 ha imposto, avendo il giudice d’appello ritenuto assorbente il profilo discrezionale della valutazione assegnata ed opinando in senso diametralmente contrario la ricorrente An.Sa.Pe.. Rammentato come la difesa del Ministero abbia allegato in fatto che il progetto ictu oculi non fosse approvabile stante la eccedenza della percentuale del contributo pubblico erogato sull’investimento proposto in via sostitutiva (pari al 346% rispetto al 75% consentito), ritiene il Collegio che la predetta valutazione si risolva nella verifica oggettiva della condizione di mantenimento del rapporto di finanziamento (condizione quindi idonea ad escludere la rilevanza del pregresso inadempimento del sovvenuto alle clausole di erogazione) una valutazione il sindacato sulla quale spetta alla cognizione del G.O., da tal valutazione esulando i profili della “convenienza” dell’an e del quantum di un finanziamento sostitutivo di altro già revocato o della idoneità tecnico – funzionale del correlato progetto.

Ed infatti i parametri alla stregua dei quali è avvenuta la valutazione di ammissione ai beneficio “a sanatoria” non sono relativi alla valutazione economico-aziendale di un progetto e della convenienza della P.A. a sostenerlo: il disposto della L. n. 290 del 1999, art. 5, comma 3 interpretato in guisa da renderlo compatibile con il Regolamento CE, comporta un confronto matematico tra percentuale (finanziamento-investimento) consentita e percentuale (c.s.) proposta, un confronto che non attinge i profili della valutazione comparativa tra proposta di conversione di progetto ed interesse pubblico al finanziamento in conversione, che avrebbero imposto la devoluzione al G.A. della controversia sul corretto esercizio di una ponderazione comparativa (vd. S.U. 29529 del 2008 e 6599 del 2009).

Appare al proposito pertinente il richiamo formulato in memoria finale al precedente costituito da Sez. Un. n. 12641 del 2008. Ed infatti, come in analoga vicenda osservato da queste Sezioni Unite (n. 25398 del 2010), in tale pronunziato del 2008 si afferma la giurisdizione del giudice ordinario n….in una controversia sulla revoca di un finanziamento, che era stata disposta non per mera incompatibilità con la normativa comunitaria, bensì in forza di quanto disposto nella concreta fattispecie dalla Commissione europea, sulla base di una decisione della CECA. Su tale specifico presupposto, infatti, in quel caso s’è ritenuto che la revoca sarebbe un comportamento necessitato, ove si reputi prevalente il dovere di rispettare i vincoli comunitari, da cui sorge l’obbligo di disapplicazione di eventuali norme interne (qua è quella sul giudicato, che era invocato dal soggetto finanziato) contrastanti con i vincoli medesimi”.

Nel caso in disamina, la revoca del finanziamento di cui al D.M. 22 novembre 1995 e la condizione di mantenimento delineata dalla L. n. 290 del 1999, art. 5, comma 3 collegata alle previsioni della normativa comunitaria, pur non essendo stata imposta da un provvedimento vincolante di organi della Comunità europea è stata disposta dall’amministrazione con D.M. 4 maggio 2000 per difformità del progetto sostitutivo presentato ai sensi della L. n. 290 del 1999, art. 5, comma 3 dai rigidi parametri imposti dal Reg.

886/1990/CE (contenente il limite percentuale di finanziamento in rapporto all’investimento, per il quale il primo non avrebbe dovuto superare il 75% del secondo) e nella ineccepibile prospettiva di interpretare il beneficio di cui al detto art. 5, comma 3 conformemente al Regolamento ed in guisa da non incorrere nelle sanzioni adottabili all’esito della già avviata procedura di infrazione per aiuti di stato. E dei limiti “oggettivi” della valutazione in disamina è eloquente conferma proprio il D.M. 10 maggio 2000 la cui conclusione, in questa sede rilevante ai soli fini dell’esame della questione di giurisdizione, è nel senso che il progetto di sviluppo presentato da An.Sa.Pe non consentiva di allineare le agevolazioni già concesse con il D.M. n. 83978 del 1995 ai parametri degli aiuti di stato previsti dal Reg. 866/1990/CE e vigenti all’atto della concessione originaria. Su tali premesse, pertanto, in accoglimento del ricorso va cassata la declinatoria contenuta nella sentenza della Corte di Roma, e, affermata la giurisdizione del giudice ordinario, va disposto rinvio allo stesso Giudice per la decisione nel merito della opposizione di An.Sa.Pe – con riguardo ai motivi di appello dell’Amministrazione assorbiti nella declinatoria – e per la regolamentazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rinvia alla Corte di Appello di Roma anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011

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