Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24409 del 17/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/10/2017, (ud. 15/09/2016, dep.17/10/2017),  n. 24409

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21733-2015 proposto da:

C.G., M.L., M.S.,

M.P., in proprio e quali eredi di M.V.,

rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso,

dagli Avvocati Bruno Forte e Letizia Ciuffarella;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 695/2015 della Corte d’appello di Perugia,

depositato il 14 aprile 2015.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

settembre 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con ricorso depositato nel 2011 presso la Corte d’appello di Perugia, C.G., M.L., M.P. e M.S., quali eredi di M.V., chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001 per la irragionevole durata di un giudizio iniziato dal loro dante causa nel giugno 1999 dinnanzi alla Corte dei conti e definito con sentenza depositata il 24 novembre 2009;

che la Corte d’appello rigettava la domanda rilevando che la domanda proposta nel giudizio presupposto, avente ad oggetto la domanda di corresponsione della pensione privilegiata di reversibilità ai sensi del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 85 doveva considerarsi temeraria, atteso che la stessa era subordinata alla sussistenza di requisiti di reddito non ricorrenti nella specie, avendo la Corte dei conti accertato che dalle dichiarazioni sostitutive depositate dal M., emergeva che lo stesso possedeva un reddito superiore ai limiti di legge, sicchè il medesimo sapeva o doveva comunque sapere, sin dalla presentazione del ricorso, che la domanda era infondata;

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso affidato a tre motivi;

che il Ministero dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso.

Considerato che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, dell’art. 6, par. 1, della CEDU e dell’art. 2697 cod. civ. nonchè dei principi in materia di onere della prova, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia affermato la temerarietà della domanda proposta nel giudizio presupposto senza avvedersi che il detto giudizio aveva proprio ad oggetto l’interpretazione del limite di reddito ai fini della concessione del beneficio richiesto in quel giudizio;

che quindi non poteva certamente ravvisarsi la temerarietà della lite, posto che era in discussione il criterio – se al lordo o al netto – di computo del limite di reddito preclusivo dell’accesso al beneficio;

che i ricorrenti deducono ancora violazione, errata e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. nonchè dei principi in materia di onere della prova, nonchè degli artt. 101,112 e 115 cod. proc. civ., sostenendo che la decisione della Corte d’appello si fonderebbe più su una ricostruzione fantasiosa della sentenza della Corte dei conti che ha definito il giudizio presupposto, che su atti e allegazioni acquisite al fascicolo del procedimento di equa riparazione, e ciò in violazione del principio in virtù del quale il giudice dovrebbe decidere sulla base delle allegazioni delle parti; e, nella specie, l’Avvocatura dello Stato nulla aveva dedotto quanto alla asserita temerarietà della domanda proposta nel giudizio pensionistico;

che, quand’anche volesse ritenersi legittima la rilevazione d’ufficio della temerarietà della controversia, ciò nondimeno la Corte avrebbe violato il principio del contraddittorio, di cui all’art. 101 cod. proc. civ., non avendo sottoposto alle parti la questione rilevata d’ufficio;

che con il secondo motivo i ricorrenti deducono omesso esame di più fatti decisivi, quali l’oggetto del giudizio dinnanzi alla Corte dei conti, che era proprio l’accertamento delle modalità di computo del limite di reddito ai fini della concessione del beneficio richiesto, l’acquisizione dei modelli 740 del ricorrente, che avevano dimostrato la percezione di redditi inferiori al limite di legge, e la compensazione delle spese del giudizio, che di per sè costituisce sicuro indice di non temerarietà della lite;

che con il terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 111 e 117 Cost., art. 6, par. 1 e art. 13 della CEDU, L. n. 89 del 2001, art. 2 nonchè artt. 13 e 34 della CEDU, dolendosi che la Corte d’appello avrebbe reso in effettivo il rimedio interno approntato dalla L. n. 89 del 2001, con ciò violando la convenzione europea e così l’art. 117 Cost., comma 1.

che il secondo motivo del ricorso, all’esame del quale può procedersi in via prioritaria, è manifestamente fondato;

che, invero, dal provvedimento impugnato non risultano presi in considerazione gli elementi di fatto dedotti dai ricorrenti, non avendo la Corte d’appello tenuto conto che oggetto del giudizio presupposto era proprio la modalità di computo del limite di reddito e che la Corte dei conti, pur rigettando il ricorso, ha tuttavia compensato le spese del giudizio, con ciò implicitamente escludendo una valutazione in termini di temerarietà della domanda proposta in quella sede (in tal senso, v. Cass. n. 11206 del 2016; Cass. n. 3258 del 2017);

che l’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento degli altri motivi e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione; che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^ – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017

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