Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24408 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 03/11/2020), n.24408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31765-2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

BIAGIO CALDERANO;

– ricorrente –

contro

G.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

GIUSEPPE MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato SIMONA BIANCHI,

rappresentata e difesa dagli avvocati CRISTINA CIUFOLI e MARIO

MONACELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 577/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 09/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.E. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Perugia, l’avv. A.M., chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale.

A sostegno della domanda espose che la convenuta l’aveva assistita in un giudizio relativo ad un infortunio stradale che si era concluso con una sentenza declaratoria della nullità assoluta dell’atto di citazione per difetto dello ius postulandi; e, per di più, la professionista aveva fatto inutilmente decorrere il termine di prescrizione.

Si costituì in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda e condannò l’avv. A. al pagamento della somma di Euro 37.719,60, oltre interessi e rivalutazione e con il carico delle spese.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla parte soccombente in via principale e dalla G. in via incidentale in ordine alla liquidazione delle spese della c.t.u., e la Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 9 agosto 2018, ha rigettato il gravame principale, ha accolto in parte quello incidentale ed ha condannato l’appellante principale al pagamento delle ulteriori spese del grado, confermando le ragioni già evidenziate dal Tribunale.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Perugia ricorre l’avv. A.M. con atto affidato a tre motivi.

Resiste G.E. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte osserva innanzitutto, in ossequio al principio della c.d. ragione più liquida, che le eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso indicate dalla difesa della controricorrente nella memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c. non verranno esaminate, in quanto superate dall’esito complessivo del ricorso.

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e violazione dell’art. 10, comma 2, del codice di rito, sostenendo che l’erroneo assioma del difetto dello ius postulandi era stato contestato anche davanti al C.O.A. di Perugia, e che le domande formulate dalla ricorrente nella causa svolta per conto della G. costituivano un unico petitum, benchè articolate in più voci.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, è del tutto generica e non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha individuato due ragioni di responsabilità professionale che non sono state in alcun modo contestate.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione di legge, perchè la sentenza avrebbe compiuto un giudizio prognostico negativo sull’attività della professionista senza tenere in considerazione la scorrettezza dell’avv. Monacelli che aveva anche sollecitato la promozione di un giudizio disciplinare nei confronti della ricorrente.

3.1. Il motivo è inammissibile per la totale estraneità della censura rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta nullità della sentenza in quanto deliberata senza l’esame della memoria di replica dell’avv. A., non risultata presente nel fascicolo informatico a causa di un blocco del sistema informatico verificatosi in data 9 giugno 2018.

4.1. Il motivo è inammissibile per due concorrenti ragioni.

In primo luogo, è inammissibile perchè l’eccezione non risulta essere stata posta in alcun modo in sede di giudizio di merito, per cui è da ritenere nuova.

In secondo luogo, la doglianza nulla dice sul contenuto della memoria di replica e sulle ragioni per le quali la (presunta) mancanza di quel documento avrebbe realmente pregiudicato le ragioni difensive della ricorrente.

5. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Non sussistono ragioni per l’accoglimento dell’istanza di cui all’art. 89 c.p.c. proposta dall’avv. Monacelli in relazione a frasi asseritamente offensive contenute nel ricorso, posto che non è superata la soglia della offensività di cui alla citata disposizione.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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