Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24407 del 30/09/2019

Cassazione civile sez. I, 30/09/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 30/09/2019), n.24407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24376/2018 proposto da:

B.S., T.F., entrambi nella qualità di genitori di

T.C., T.I. e T.R., elettivamente

domiciliati presso l’avv. Lorenzo Trucco che li rappres. e difende,

con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Procura Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di

Cassazione;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il

23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/07/2019 dal Consigliere, Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

B.S. e T.F., genitori dei minori T.C., T.I. e T.R., richiesero, con ricorso, al Tribunale dei minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, l’autorizzazione alla loro permanenza in Italia, esponendo che i figli erano tutti nati in Italia, che la maggiore dei tre aveva otto anni, frequentante regolarmente la scuola italiana e che T.C. era affetta da dislessia, adducendo il grave pregiudizio per tali minori in caso di rientro nel Paese d’origine.

Il Tribunale rigettò il ricorso, ritenendo insussistente il radicamento in dei minori i quali, sebbene nati in Italia, non avrebbero sofferto alcun pregiudizio in caso di rientro in Albania insieme ai genitori, e rilevando che il rilascio del richiesto titolo di soggiorno, in una situazione stabile e consolidata, come quella in esame, avrebbe costituito una sostanziale sanatoria, con disparità di trattamento con i soggetti giunti in Italia per motivi di sostentamento economico i quali, però, non potrebbero valersi della presenza di un figlio minore.

La Corte d’appello per i minorenni di Torino, con decreto emesso il 23.5.18, rigettò il reclamo proposto dai suddetti genitori, osservando che: i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e con l’età e le condizioni di salute del minore devono essere correlati esclusivamente alla sussistenza di condizioni di emergenza, ovvero di circostanze eccezionali e contingenti che pongano in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore tanto da richiedere la presenza del genitore nel territorio dello Stato per fronteggiarle; la tenera età dei minori escludeva il radicamento profondo sul territorio, essendo invece ciò compatibile con un loro trasferimento altrove; i ricorrenti avevano riportato una condanna penale in Italia per traffico di stupefacenti, non avendo dato prova di prospettive lavorative; la dislessia di T.C. costituiva una patologia curabile anche nel paese d’origine dei genitori; i ricorrenti, dunque, non avevano dimostrato un effettivo, concreto nocumento per i minori.

I soggetti indicati propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il ricorso risulta notificato alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione che non si è costituita.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in quanto la Corte d’appello non aveva correttamente applicato la suddetta norma, senza considerare la situazione concreta della figlia maggiore T.C. e la gravità della sua patologia, con le conseguenze connesse ad una partenza dall’Italia in ordine alla cura, peraltro indicando erroneamente la possibilità del rientro in Albania, Stato in cui non risiedevano e da cui non provenivano.

Con il secondo motivo è denunziata violazione di non meglio indicate norme del D.Lgs. n. 286 del 1998, titolo IV, poichè la decisione impugnata comportava lo sradicamento della famiglia dal territorio italiano con ripercussioni sull’unità familiare.

Con il terzo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 18, in relazione agli artt. 9 ss. Convenzione sui Diritti del fanciullo 20 novembre 1989, in quanto la pronuncia impugnata, essendo anche motivata sulla base delle condanne penali citate – seppure emesse con il beneficio della sospensione condizionale della pena e dunque da ritenere relative a fatti rimasti isolati e non recenti – non garantiva la tutela dei minori, non attuando un adeguato bilanciamento di tale tutela con l’ordine pubblico e ponendo invece in primo piano l’interesse degli adulti.

I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente poichè tra loro connessi, sono fondati.

Va anzitutto osservato che, in tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto (Cass., S.U. n. 15750/2019; Cass. n. 14238/2018).

Sotto tale primo profilo, il collegio ritiene che la decisione di appello violi il principio suesposto, avendo la Corte territoriale fatto derivare il diniego del permesso in questione automaticamente dalle condanne penali riportate da entrambi i genitori, senza indicarne l’epoca, la natura e la gravità (- risulta solo che si tratta di condanne in materia di stupefacenti) – nonchè la eventuale isolatezza del caso, e senza operare, in modo conforme alla normativa in materia, la dovuta comparazione con l’interesse dei minori. E’ erroneo, infatti, l’assunto del giudice di secondo grado, secondo cui il permesso ex art. 31 presupponga “la sussistenza di condizioni di emergenza, ovvero di circostanze contingenti ed eccezionali”.

Questa Corte ha, per contro, affermato – in proposito – che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, non può essere interpretato in senso restrittivo, tutelando esso il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, e sia pure in via temporanea, potendo, tuttavia essere sostituito da diverse misure a protezione dell’unità familiare. Sicchè la norma non pretende la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla sua salute, ma comprende qualsiasi danno grave che potrebbe subire il minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell’allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall’ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione; ne consegue che le situazioni che possono integrare i “gravi motivi” di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione, oltre che alle esigenze di cure mediche, all’età del minore che assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l’aumentare dell’età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita (Cass., n. 4197/2018; Cass., n. 29795/2017; Cass., n. 19433/17).

E’ stato altresì affermato che i “gravi motivi” connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, che consentono la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del suo familiare, secondo la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa; la normativa in esame non può quindi essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori. Sul richiedente l’autorizzazione incombe, pertanto, l’onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall’allontanamento del genitore” (Cass., n. 9391/18).

Nel caso concreto, i ricorrenti hanno ben allegato ed evidenziato lo specifico pregiudizio cui sarebbero esposti i tre minori in caso di rimpatrio, esplicitando anche l’esigenza di tutela della salute della figlia maggiore. Tuttavia, la Corte d’appello non ha considerato che le minori sono tutte nate in Italia e sono scolarizzate o pre-scolarizzate sul territorio nazionale, che hanno otto e cinque anni, per cui il radicamento sul territorio nazionale è piuttosto evidente, e che la prima è in cura in Italia perchè affetta da dislessia.

Al riguardo, l’assunto della Corte territoriale, secondo cui si tratterebbe di patologia agevolmente curabile nel Paese di origine, è del tutto generico, non suffragato da dati documentali e non adeguato alla situazione di fatto, se si considera che i genitori della bambina sono, rispettivamente, macedone – la madre – e serbo-kosovaro – il padre. Nè va sottaciuto che il riferimento all’Albania, contenuto nella sentenza impugnata, quale Stato in cui la famiglia in questione dovrebbe far rientro, è stato censurato e ritenuto inveritiero dai ricorrenti; in particolare, va rilevato che il giudice d’appello, nell’esporre la motivazione del Tribunale, ha indicato nell’Albania il Paese d’origine del ricorrenti senza che ciò trovi una certa conferma nell’ambito dell’intera motivazione del provvedimento impugnato.

Ora, tale critica pone vieppiù in evidenza la genericità del riferimento della Corte di merito alla richiamata adeguata possibilità di cura della dislessia nel Paese in cui i ricorrenti-genitori dovrebbero far rientro se non fosse concessa l’autorizzazione alla permanenza in Italia. Pertanto, dagli atti non emerge che sia stato operato il doveroso bilanciamento tra le esigenze di sicurezza dello Stato e le esigenze, prioritarie, di tutela dei minori, in conformità del citato consolidato orientamento di questa Corte cui il collegio intende dare continuità. Per quanto esposto, in accoglimento dei tre motivi del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte territoriale, anche per le spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i tre motivi di ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Rinvia alla Corte d’appello di Torino – sezione per i Minorenni -, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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