Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24405 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 03/11/2020), n.24405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27274-2018 proposto da:

BANCA POPOLARE VALCONCA SPA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIPRO 47, presso lo studio

dell’avvocato MARIO PISELLI, rappresentata e difesa dagli avvocati

JAN CZMIL, MARCO DE PASCALE;

– ricorrente –

contro

CURATORE DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL in liquidazione, in persona del

Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato PIERO FRATTARELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato IVAN BAGLI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 731//2018 R.G. del TRIBUNALE di RIMINI,

depositato il 16/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

– che è proposto ricorso, fondato su tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Rimini del 16 luglio 2018, con il quale l’opposizione della Banca Popolare Valconca s.p.a. allo stato passivo fallimentare della (OMISSIS) s.r.l. è stata: a) accolta, quanto all’ammissione al passivo della somma di Euro 294.158,10, a titolo di restituzione della somma oggetto di mutuo ipotecario; b) respinta, con riguardo all’ammissione del credito di Euro 454.433,94, vantato a titolo di saldo di conto corrente bancario (ed ammesso dal g.d. per la minore somma di Euro 224.610,78); c) pertanto, il tribunale ha sia compensato le spese per intero con riguardo al primo credito, sulla base della non contestazione del credito da parte della curatela e della tardiva produzione documentale della banca; sia condannato la banca alle spese processuali, con riguardo alla seconda voce di credito;

– che il Tribunale, quanto alla decisione sub b), reca una duplice motivazione, affermando, da un lato, la tardività della produzione documentale, in quanto depositata solo dopo il decreto del g.d.; e, dall’altro lato, l’insufficienza di detta produzione, comprendente i contratti, il saldaconto per Euro 679.044,72, un estratto conto a marzo 2017 per Euro 207.236,93, senza produzione integrale degli estratti conto, della lista movimenti, degli scalari e del riepilogo competenze, ciò impedendo di comprendere come si sia formato il saldo preteso dalla banca, e conseguente rigetto della domanda;

– che si difende con controricorso l’intimata procedura.

Diritto

CONSIDERATO

– che i motivi di ricorso sono i seguenti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 647 c.p.c., perchè il proprio credito deriva da decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione prima del fallimento;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 c.p.c. e art.99 L. fall., perchè, nel giudizio di opposizione, la banca era stata vittoriosa per la prima pretesa e soccombente sulla seconda, onde il tribunale avrebbe dovuto procedere alla totale, e non solo parziale, compensazione delle spese processuali;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 92-98 L. fall., avendo il tribunale affermato che il credito non è provato a sufficienza, mentre la banca aveva depositato ogni documento necessario;

– che il primo motivo è manifestamente infondato;

– che, al riguardo, occorre anzitutto rilevare che lo stesso ricorso non deduce l’avvenuta emissione del decreto di esecutività ex art. 647 c.p.c. in data anteriore alla sentenza dichiarativa del fallimento, mai indicando la data in cui sarebbe stato pronunciato detto decreto di esecutorietà, ma riferendosi, al più, alla mera mancata opposizione ante fallimento (cfr. Cass. 31 gennaio 2014, n. 2112 e Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; ed ancora Cass., ord. 24 ottobre 2017, n. 25191; Cass., ord. 24 gennaio 2018, n. 1774; Cass., ord. 3 settembre 2018, n. 21583; Cass., ord. 16 settembre 2019, n. 23023); pertanto, occorre ribadire detto principio, secondo cui il decreto ingiuntivo non opposto, ma privo della dichiarazione ex art. 647 c.p.c., non è sufficiente all’ammissione al passivo fallimentare;

– che il secondo motivo è, invece, manifestamente fondato;

– che, invero, due sono i principi di diritto consolidati, violati dal provvedimento impugnato: 1) da un lato, il principio secondo cui, in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice dell’impugnazione, allorchè riformi in tutto o in parte il provvedimento impugnato, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite (e multis, Cass. 17 settembre 2019, n. 23123; Cass. 29 ottobre 2019, n. 27606); 2) dall’altro lato, il principio, del pari costante, secondo cui, in caso di accoglimento parziale della domanda, il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poichè tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (Cass. 24 ottobre 2018, n. 26918, fra le altre);

– che il terzo motivo è inammissibile, in quanto, ripropone un giudizio sul fatto, oltre a non censurare la prima ratio decidendi del decreto impugnato, laddove dichiara la produzione tardiva;

– che, in definitiva, accolto il secondo motivo di ricorso, respinto il primo e dichiarato inammissibile il terzo, il decreto impugnato va cassato e la causa rinviata innanzi al Tribunale di Rimini, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo e dichiarato inammissibile il terzo; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa innanzi al Tribunale di Rimini, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

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