Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24404 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 03/11/2020), n.24404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12467-2018 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO

12/D, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO FAZI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FIRENZE, in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 925/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 14/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- O.A., proveniente dalla terra ivoriana, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Perugia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e della protezione umanitaria.

Con provvedimento emesso nell’ottobre 2015, il Tribunale ha rigettato il ricorso.

E’ seguita l’impugnazione avanti alla Corte di Appello di Perugia. Che la ha respinta con sentenza depositata il 14 dicembre 2017.

2.- Il giudice del merito ha rilevato, in particolare, che il racconto effettuato dal richiedente circa le ragioni del suo espatrio non evidenziava alcuna delle ipotesi che consentono il riconoscimento di alcuna forma di protezione internazionale, trattandosi di una normale vicenda di esercizio della giurisdizione interna del paese di origine. E ha anche aggiunto che la “pretesa assenza di relazioni familiari e sociali nel paese di origine – affermazione peraltro della difesa, in contrasto con quella del richiedente di avere dei fratelli in Costa d’Avorio – non sembra sufficiente per il riconoscimento anche della protezione umanitaria”.

Avvero questo provvedimento ricorre O.A., esponendo due motivi di cassazione.

Il Ministero resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.- Il ricorso censura la pronuncia della Corte di Appello: (i) col primo motivo, assumendo, in relazione alle ipotesi di cui ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine”; (ii) col secondo motivo, assumendo, in relazione all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione del principio di non refoulement”.

4.- Il ricorso è inammissibile.

Lo stesso infatti si compone – sia per il primo, che per il secondo motivo esclusivamente di asserti generici, che non si confrontano in alcun modo con quanto rilevato dalla motivazione della Corte perugina, nè con la situazione specifica del richiedente protezione, nè con la Costa d’Avorio, quale terra di origine e provenienza del richiedente.

5.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in sede di dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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