Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24403 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. II, 04/10/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 04/10/2018), n.24403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 342-2014 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PINTURICCHIO

214, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA AMORESANO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE SILVESTRO;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA NORD S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO DE SANCTIS

4, presso lo studio dell’avvocato GLAUCO MANZIA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MARINO FERRO;

A.A., AR.FR., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’

PAOLETTI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER

ELISEO DE LUCA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 728/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 28/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2018 dal Consigliere SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Fr. ed A.A. ebbero a proporre domanda di divisone dei beni immobili, relitti morendo dai genitori, evocando in giudizio avanti il Tribunale di Udine il germano A.F., nonchè la spa SFET, quale titolare del diritto di ipoteca sulla quota indivisa spettante al germano F. dei beni immobili oggetto di divisione.

Il Tribunale friulano, avanti il quale il convenuto ebbe a costituirsi tardivamente, procedette alla divisione dei soli beni immobili assegnando agli attori – congiuntamente – quelli siti in Udine ed al convenuto quello sito in Grado, sul quale veniva trasferita anche l’ipoteca.

La Corte d’appello di Trieste, attinta dall’impugnazione mossa da A.F., ebbe a rigettare il gravame osservando:

come l’elaborato del consulente non fosse incompleto poichè tardiva la pretesa dell’appellante di includere nella stima anche i beni mobili,non oggetto della domanda giudiziale ritualmente proposta;

come l’evocazione in causa in prime cure del convenuto fosse stata correttamente eseguita, poichè la notifica a mezzo posta regolarmente effettuata e non proposta querela di falso contro la sottoscrizione – riferibile all’appellante – presente sulla cartolina di ricevimento del plico raccomandato;

come la domanda originaria,esposta dagli attori, non era indeterminata nel suo oggetto poichè esattamente individuati gli immobili di cui era chiesta la divisione;

come la spa Equitalia Nord era successore per incorporazione della società esattrice evocata in giudizio, sicchè non era necessaria nuova costituzione di detto soggetto;

come non concorrevano le condizioni di legge per accogliere l’istanza di rimessione in termini con riguardo al deposito di documento, che per altro nemmeno poteva qualificarsi testamento olografo per difetto palese di autografia;

come il dedotto contrasto tra motivazione e dispositivo si risolveva in mero errore materiale emendabile.

Avverso la sentenza resa dalla Corte giuliana, A.F. ha proposto ricorso per cassazione fondato su nove motivi.

Equitalia Nord spa ed i germani Fr. ed A.A. si sono ritualmente costituiti a resistere con controricorso ed i germani A. hanno anche depositata memoria difensiva in prossimità dell’adunanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da A.F. s’appalesa siccome infondato e va rigettato. Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione del disposto ex art. 194 c.p.c., in quanto la Corte alabardata ha errato nel ritenere rilevante la tardiva sua proposizione della questione afferente l’inclusione nella divisione anche dei beni mobili ed il denaro, relitti dalla de cujus, poichè comunque il consulente,espressamente, abilitato dal Giudice ad acquisire ulteriori informazioni.

La censura si palesa priva di pregio giuridico poichè la statuizione assunta sul punto dalla Corte triestina è in linea con il constante insegnamento di questa Suprema Corte – Cass. sez. 2 n 26893/17, Cass. sez. 3 n 12921/15 -, ossia che la possibilità del consulente di assumere informazioni ed altri elementi fattuali utili alle sue indagini incontra, comunque, il limite invalicabile delle domande od eccezioni ritualmente proposte in causa dalle parti.

Nella specie con chiarezza la Corte di prossimità ha precisato che l’impugnante s’era tardivamente costituito, sicchè non era abilitato ad ampliare l’oggetto dell’originaria domanda di divisione, svolta in causa dai germani,ed espressamente limitata alla divisione dei soli beni immobili,siccome ben possibile secondo costante insegnamento di questa Suprema Corte – Cass. sez. 2 n 6931/16, Cass. sez. 2 n 573/11 -.

Con la seconda ragione di impugnazione il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del disposto ex art. 164 c.p.c., comma 1, in relazione alla norma in art. 163, n 3 codice di rito, poichè la Corte giuliana non avrebbe rilevato come, dalle stesse allegazioni degli originari attori, la divisione non poteva limitarsi ai soli cespiti immobiliari, sicchè era generico l’oggetto della domanda. La censura s’appalesa siccome infondata per le ragioni dianzi illustrate nell’esaminare il primo mezzo d’impugnazione, posto che è ben possibile domanda di divisione parziale, sicchè in tale prospettiva la domanda originaria, siccome sviluppata dai germani A. per come ricorda anche l’impugnante, era dettagliata adeguatamente quanto al suo oggetto.

Con la terza doglianza l’ A. lamenta violazione delle disposizioni in artt. 139 e 140 c.p.c. poichè la Coorte triestina non ha rilevato che, in relazione alla notifica della citazione introduttiva nei suoi confronti, era stata violata la precisa sequenza dei luoghi di notificazione stabilita dalla norma in art. 139 c.p.c., in quanto la notifica effettuata non presso la sua residenza anagrafica, bensì altro luogo di sua residenza, asseritamente, de facto.

Inoltre l’impugnante rilevava come, non risultando completa la relata di notifica poichè l’addetto postale non risultava aver individuato compiutamente il firmatario, nemmeno era proponibile la querela di falso, invece ritenuta dato indispensabile a supporto della censura dalla Corte di prossimità.

Ambedue i profili di censura ripropongono questioni già esaminate e correttamente risolte dal Collegio di Trieste.

Difatti il Collegio giuliano ha posto in evidenza come la questione circa il luogo di avvenuta notifica risultasse irrilevante avuto riguardo alla consegna a mani dell’impugnante del plico postale,siccome attestato dalla sua sottoscrizione della ricevuta postale.

Quanto poi all’asserita rilevanza dell’incompletezza dell’attività di identificazione del firmatario da parte dell’addetto postale alla consegna del plico,la questione appare risolta dall’arresto di questo Supremo Collegio – Cass. su n 9962/10 – al cui insegnamento la Corte territoriale s’è attenuta, sicchè nella specie per contestare la regolarità dell’avvenuta notifica, l’ A. avrebbe dovuto proporre querela di falso.

Con il quarto mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione del disposto ex art. 75 c.p.c., commi 2 e 3 in relazione alla posizione del creditore ipotecario evocato in giudizio, poichè la Corte territoriale non ebbe ad rilevare la nullità determinata dalla circostanza che, comunque, il difensore dell’originaria società esattrice evocata agì, per alcune udienze, senza più mandato e come non fosse documentato che la spa SFET venne incorporata per fusione nella spa Equitalia F.V.G e quindi in Equitalia Nord spa, per altro soggetto tardivamente costituitosi in giudizio.

La censura appare patentemente infondata posto che non si confronta con l’effettiva ratio decidendi illustrata partitamente dalla Corte di merito e fondata su preciso riferimento a documento probante – visura camerale – e richiamo al costante insegnamento di questa Suprema Corte – effetti della fusione per incorporazione tra società -.

Difatti l’ A. si limita ad, apoditticamente, asserire che non risulta confortata dagli atti l’asserzione della Corte di merito che la spa Sfet sia stata incorporata in Equitalia F.V.G., senza anche confutare il cenno specifico alla documentazione camerale operato dalla Corte triestina.

Inoltre l’ A. si limita ad ignorare il cenno specifico,presente in motivazione della sentenza impugnata, all’insegnamento di legittimità circa gli effetti dell’incorporazione tra società.

Difatti, essendoci continuità tra le società fuse per incorporazione, il mandato al primo difensore rimaneva valido e la sua sostituzione con nuovo difensore non comporta tardiva costituzione, che comunque nella specie non avrebbe sviluppato alcun effetto processuale – per altro nemmeno indicato dall’impugnante – poichè la società esattrice risulta evocata ex art. 1113 c.c..

Con il quinto motivo di doglianza il ricorrente deduce violazione del disposto in art. 184 bis c.p.c. posto che la Corte alabardata ha malamente ritenuta la carenza dei requisiti per l’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini benchè il documento ritrovato rilevate, a prescindere dal profilo formale, in quanto lumeggiante le ultime volontà della de cujus.

La censura appare priva di pregio posto che la Corte di prossimità ha puntualmente posto in rilievo la mancata osservanza dell’onere probatorio gravante sull’istante circa la non imputabilità della ritardata produzione ed al riguardo l’impugnante nulla di specifico deduce.

Quindi la Corte di merito ha puntualmente osservato come il documento in questione, essendo per stessa ammissione del producente stato redatto da terzo e solo sottoscritto dalla de cujus, non può esser ritenuto testamento olografo e quindi nemmeno rilevante al fine di lumeggiare disposizioni di ultima volontà aventi una qualche valenza processuale.

Il ragionamento svolto dall’ A. non si confronta specificatamente con la motivazione addotta dal Collegio triestino, sicchè nemmeno si configura il vizio dedotto.

Con la sesta censura l’ A. deduce vizio di nullità della sentenza impugnata per contrasto tra motivazione e dispositivo, in quanto i Giudici del merito hanno ritenuto configurare errore materiale situazione che, per la sua strutturazione, invece lumeggiava errore di giudizio.

La censura elevata s’appalesa mera apodittica affermazione della propria valutazione direttamente contrapposta alla puntuale e motivata statuizione adottata al riguardo dalla Corte triestina,la quale ha posto in evidenza le specifiche ragioni lumeggianti come la questione sollevata dall’impugnante – errore nell’indicazione del prenome del convenuto nell’intestazione della sentenza ed il cenno ad “attore” quanto alle contestazioni, ritenute generiche, portate in comparsa di risposta – si risolvesse in mero errore materiale emendabile, senza influenza alcuna sull’argomentazione logico-giuridica sviluppata dal Tribunale.

Con il settimo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione della disciplina ex D.Lgs. n. 28 del 2010, poichè la Corte giuliana non ha assegnato rilevanza all’avviato, da parte sua, procedimento avanti l’Organismo di conciliazione ed un tanto in contrasto con la disciplina normativa in tema di conciliazione richiamata. La censura appare patentemente priva di pregio alla sola osservazione che era esclusiva facoltà della Corte d’Appello rimettere le parti al tentativo di conciliazione avanti l’apposito Organismo, non già, diritto della parte promuovere detta procedura quando la lite giudiziale già in grado d’appello.

Con l’ottava doglianza il ricorrente lamenta violazione della disposizione in art. 359 c.p.c. in relazione agli artt. 190 e 352 codice di rito, poichè la Corte territoriale risulta aver adottata la decisione nella camera di consiglio del 25.6.2013, mentre il 6.8.2013 era pervenuta, dalla Cancelleria, ai difensori delle parti richiesta di inviare le rispettive conclusioni.

La doglianza si palesa come manifestamente infondata specie in relazione alle norme richiamate siccome violate, posto che la parte non deduce che la Corte abbia deliberato la decisione prima dello spirare del termine di deposito delle scritture finali.

Più banalmente la richiesta ai difensore di invio delle sole conclusioni adottate in causa mediante posta elettronica da parte della Cancelleria va inquadrata nell’esigenza di esatta riproduzione delle stesse nell’intestazione della redigenda sentenza,sicchè non risulta essersi verificata alcuna anomalia.

Con il nono ed ultimo mezzo d’impugnazione l’ A. deduce omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, posto che la Corte alabardata non ha esaminato la questione afferente la presenza nell’asse di un’autovettura; non ha risposto alla proposta eccezione afferente la tardiva costituzione della spa Equitalia Nord; non ha esaminata la sua eccezione relativa al termine inadeguato per esperire la mediazione; non ha rilevato l’omessa esame da parte del Tribunale della sua istanza di rimessione in termini.

Il motivo su sunteggiato s’appalesa siccome inammissibile poichè l’impugnante non si confronta con la motivazione invece su dette questioni puntualmente esposta dalla Corte, sicchè all’evidenza non ricorre il dedotto vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Difatti, come già visto, la domanda era unicamente diretta alla divisione dei beni immobili sicchè ogni questione afferente beni mobili era esclusa; quanto alla costituzione della società esattrice, la Corte ha puntualmente rilevato come non sia mai venuto meno il soggetto originariamente costituitosi, bensì solamente mutata la denominazione sociale; quanto alla mediazione, esperita direttamente dalla parte, la stessa ex lege non aveva alcuna influenza sul giudizio d’appello come già illustrato dianzi; quanto alla sua istanza di rimessione in termini, non solo,la Corte ha operato specifico richiamo alla motivazione resa dal primo Giudice,che quindi esiste, ma pure ha esposto preciso argomento per ritenere infondata la pretesa al riguardo avanzata dall’ A..

Al rigetto dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna di A.F. a rifondere ai germani Fr. ed A.A., in solido fra loro, ed alla spa Equitalia Nord le spese di questo procedimento di legittimità, liquidate per ciascuna delle citate parti resistenti in Euro 10.200,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario, ex tariffa forense, siccome precisato in dispositivo. Concorrono in capo al ricorrente le condizioni di legge per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere ai resistenti germani A., in solido fra loro, ed alla spa Equitalia Nord le spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, in favore di ciascuna parte nominata, oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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