Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24402 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/11/2016, (ud. 20/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26030-2011 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso

lo studio dell’avvocato PATRIZIA AMORETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO PAOLO MANSI giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

C.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 245/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 19/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2016 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MANSI che si riporta al ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso.

Fatto

IN FATTO

Equitalia Sud s.p.a., incorporante Equitalia Polis s.p.a., propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 245/9/11, pronunciata il 9/3/2011 e depositata il 19/5/2011, che ha accolto l’appello di C.C. avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale, sfavorevole al contribuente, inerente l’iscrizione di ipoteca D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, per alcune cartelle di pagamento – in tesi – non ritualmente notificate, e per l’effetto ha dichiarato la nullità dell’iscrizione ipotecaria sui beni immobili di proprietà costituiti in fondo patrimoniale, disponendone nel contempo la cancellazione a cura dell’Agente della riscossione. Rilevava la CTR l’inammissibilità, perchè nuovo, del motivo concernente l’omissione dell’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, riferibile peraltro alla esecuzione forzata propriamente detta e non alla misura cautelare oggetto dell’impugnazione e, nel merito, osservava l’illegittimità dell’iscrizione di ipoteca sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, qualunque clausola fosse stata inserita nell’atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 c.c., non potendo detti beni essere distolti dalla destinazione ai bisogni della famiglia, come anche affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

La contribuente non ha svolto attività difensiva.

Diritto

IN DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e n. 5, deduce, in relazione all’art. 37 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, omesso esame di un punto decisivo della controversia, non avendo il giudice di appello valutato l’eccezione, proposta solo in grado di appello, di difetto di giurisdizione del giudice tributario a favore del giudice ordinario, questione peraltro rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 37 c.p.c., atteso che nella fattispecie in esame l’iscrizione ipotecaria era stata eseguita a garanzia dei crediti portati da sette cartelle di pagamento, notificate al contribuente tra il 2003 ed il 2006, per complessivi Euro 107.272,36 (pari al doppio delle somme non pagate), di cui ben cinque relative a crediti di natura contributiva verso l’INPS.

La doglianza è fondata atteso che alcune (cinque su sette) delle cartelle poste a base dell’iscrizione impugnata e, segnatamente, quelle n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), che riguardano – circostanza non contestata e riscontrabile in atti – crediti previdenziali e, quindi, di natura non tributaria, sicchè l’adito giudice tributario avrebbe dovuto parzialmente declinare la giurisdizione in favore del giudice ordinario per la parte in cui la cautela era stata disposta per il mancato pagamento di siffatta tipologia di crediti, non essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione a seguito della decisione di merito pronunciata in primo grado, stante la specifica impugnazione sul punto proposta in sede di appello.

Ove, infatti, l’iscrizione ipotecaria concerna una pluralità di pretese, alcune delle quali di natura tributaria ed altre invece di natura non tributaria, e l’impugnazione sia stata proposta, anzichè separatamente innanzi ai giudici diversamente competenti in relazione alla natura dei crediti posti a base del provvedimento cautelare, unicamente dinanzi al giudice tributario, questi deve trattenere la causa presso di sè in relazione ai crediti tributari posti a fondamento del provvedimento in questione, e rimettere la causa dinanzi al giudice ordinario per la parte in cui il provvedimento si riferisce a crediti di natura non tributaria (Cass. Sez. Un. n. 14831/2008).

La giurisdizione, dunque, va regolata con la separazione delle domande e la devoluzione di ciascuna al giudice rispettivamente fornito della competenza giurisdizionale (Cass. Sez. U. n. 14831/2008, citata, proprio in tema di contributi INPS).

Con il secondo motivo, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce, riguardo al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 76 e 77, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, avuto, non avendo il giudice di appello considerato che l’iscrizione di ipoteca è strumento di conservazione della garanzia e non atto di esecuzione forzata per cui esso non contravviene al divieto, posto dall’art. 170 c.c., di dar corso ad atti esecutivi su beni destinati ai “bisogni della famiglia”.

Con il terzo motivo, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, deduce, in relazione all’art. 170 c.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omesso esame di punto decisivo della controversia, in quanto il giudice di appello non avendo valutato la natura dei crediti di cui alle cartelle di pagamento neppure ha considerato che il divieto di cui al richiamato art. 170 c.c., non riguarda le obbligazioni di natura tributaria.

Con il quarto motivo, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, deduce, in relazione all’art. 162 c.c., comma 4, e art. 2647 c.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omesso esame di punto decisivo della controversia, in quanto il giudice di appello non ha valutato la circostanza, oggetto di specifica eccezione, concernente l’inopponibilità ai terzi del vincolo di destinazione sui beni in difetto di annotazione a margine dell’atto di matrimonio.

Con il quinto motivo deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione circa più fatti controversi e decisivi, in quanto il giudice di appello ha trascurato che la costituzione del fondo patrimoniale era stata trascritta solo in data 6 giugno 2007, un giorno prima dell’iscrizione di ipoteca da parte dell’Agente della riscossione, quest’ultima effettuata il 7 giugno 2007.

I motivi dal secondo al quinto, che possono essere scrutinati congiuntamente atteso che, da angoli visuali diversi, si incentrano tutti sulla controversa questione concernente possibilità e limiti di aggressione, mediante iscrizione ipotecaria, di beni costituiti in fondo patrimoniale, sono fondati nei termini di seguito precisati.

Come già affermato da questa Corte “l’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti in fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui al D.P.R. 3 marzo 1973, n. 602, art. 77. Ne consegue che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando – nell’ipotesi contraria – il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca – sicchè, ove proceda in tal senso, l’iscrizione è da ritenere illegittima – nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità” (tra le altre, Cass. n. 5385/2013).

Se è vero, infatti, che l’ipoteca si configura quale strumento conservativo strumentale e prodromico al pignoramento di immobili, è altrettanto vero che, in base all’attuale normativa, che pure ha ristretto l’ambito applicativo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, introducendo specifiche soglie di valore al di sotto delle quali l’iscrizione della formalità non è consentita e prescrivendo all’agente per la riscossione, con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, come novellato dal D.L. n. 110 del 2011, art. 7, comma 2, lett. u) bis, convertito in L. n. 106 del 2011, l’invio al contribuente di una preventiva comunicazione, si può iscrivere ipoteca solo nei casi in cui ricorrano le condizioni per procedere all’esecuzione forzata.

Giova, sul punto, chiarire che l’ipoteca (come il fermo amministrativo dei beni mobili registrati), anche se non è un atto esecutivo, dovendosi piuttosto parlare, come evidenziato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1535/2015, di “un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria”, deve sottostare alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., in quanto atto preordinato alla esecuzione forzata – la quale potrà in concreto anche mancare – che presuppone la formazione di un valido titolo esecutivo, idoneo a consentire l’avvio dell’espropriazione dei beni del debitore, ossia il ruolo che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 1, l’ufficio impositore consegna al concessionario, ovvero l’avviso di accertamento, nei casi previsti dal D.L. n. 78 del 2010, art. 29, convertito in L. n. 122 del 2010, quando cioè la riscossione coattiva debba avvenire in forma semplificata senza ruolo e conseguente notificazione della cartella di pagamento.

Non ha pregio, quindi, l’argomentazione di giurisprudenza rimasta minoritaria (Cass. n. 10794/2016), secondo cui l’applicabilità dell’art. 170 c.c., all’iscrizione di ipoteca di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, sarebbe impedita dalla alternatività della misura cautelare all’esecuzione forzata vera e propria, che va intesa nel senso che il concessionario agente per la riscossione può iscrivere ipoteca quando vi siano elementi idonei a configurare l’urgenza della cautela, stante il non rescindibile collegamento tra ipoteca ed esecuzione immobiliare, e non già nel senso che suddetta misura sia addirittura avulsa dalle regole del titolo esecutivo presupposto.

E le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 4077/2010, hanno confermato che l’ipoteca prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti per quest’ultima stabiliti dal medesimo D.P.R., art. 76, come da ultimo modificato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 convertito in L. n. 248 del 2005, e, quindi, non può essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli ottomila Euro.

Questa Corte ha, inoltre, ribadito che il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia (Cass. n. 3738/2015, n. 15886/2014).

Spetta, quindi, al giudice di merito di accertare – in fatto – se il debito in questione si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia, con la precisazione che, se è vero (Cass. n. 12998/2006) che tale finalità non si può dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, è vero altresì che tale circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare tali bisogni (Cass. n. 3738/2015 cit. la quale, in adesione a Cass. n. 4011/2013, ha, pertanto, ritenuto che, in quest’ottica, non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori i beni costituiti per bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione del loro tenore di vita familiare, così da ricomprendere anche i debiti derivanti dall’attività professionale o di impresa di uno dei coniugi qualora il fatto generatore dell’obbligazione sia stato il soddisfacimento di tali bisogni, da intendersi nel senso ampio testè descritto).

Orbene, la CTR, nel ritenere illegittima l’iscrizione ipotecaria D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77 si è discostata da tali principi, soprattutto ove si consideri che la statuizione concernente la riconducibilità del debito alle esigenze della famiglia è basata su un accertamento in fatto che non censurabile in cassazione se congruamente motivato (Cass. n. 933/2012; n. 12730/2007) – nel caso di specie del tutto omesso sull’erroneo rilievo della assoluta non aggredibilità, mediante iscrizione di ipoteca, dei beni costituti in fondo patrimoniale, da parte dell’Agente di riscossione, e della affermata “probatio diabolica” che altrimenti graverebbe sul contribuente, se fosse tenuto a provare, quanto ad imposte e sanzioni di mancato pagamento, l’assunzione delle relative obbligazioni per l’interesse della famiglia.

Il giudice di appello, inoltre, non ha considerato che l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale e non già sull’Agente di riscossione (Cass. n. 5385/2013, n. 4011/2013, citate).

Pertanto, assodato che l’iscrizione di ipoteca può essere ricondotta al novero degli atti ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 170 c.p.c., latamente inteso, la sentenza impugnata va cassata, e poichè il credito riguarda anche importi dovuti a titolo di tributi, il giudice di merito, cui si rinvia il presente giudizio, dovrà accertare, quanto ai rapporti per i quali sussiste la giurisdizione del giudice tributario, avuto riguardo, segnatamente, alle cartelle di pagamento n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), se debito del contribuente per cui è stata disposta la cautela sia o meno riconducibile ai bisogni della famiglia, sussistendone la consapevolezza del creditore, con la precisazione che tale finalità non può essere esclusa, in via di principio, per il solo fatto che il debito medesimo sia sorto nell’esercizio dell’impresa o della professione.

Va, in conclusione, cassata la impugnata sentenza e dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, innanzi al quale vanno rimesse le parti, sulla domanda relativa all’iscrizione ipotecaria per la parte originata da crediti di natura contributiva (INPS), e ciò in applicazione del principio della traslatio iudicii, nonchè va disposto il rinvio alla C.T.R. della Campania, altra sezione, che procederà, attenendosi ai principi di diritto sopra affermati, a nuovo esame della controversia concernente il provvedimento in questione per la parte originata da crediti di natura tributaria.

Ai giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette le parti innanzi al Tribunale in funzione di giudice del lavoro, territorialmente competente, quanto alla controversia concernente l’iscrizione ipotecaria per omesso pagamento dei contributi previdenziali, e rinvia, quanto alla controversia concernente l’iscrizione ipotecaria per omesso pagamento dei tributi, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania. Rimetta al giudice del rinvio anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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