Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2440 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. III, 27/01/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 27/01/2022), n.2440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17773/2019 proposto da:

C.P., domiciliata in ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato STEFANO SARTORI BARANA, (PEC:

avvstefanosartoribarana01.puntopec.it);

– ricorrente –

contro

B.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO PERUSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1496/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata in data 08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

7/11/2021 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.P. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Verona, B.O. per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, quantificati nella somma di Euro 25.000,00 o in quella accertata in corso di causa, provocati dal comportamento antigiuridico, consistente in atteggiamenti prevaricatori, violenti ed intimidatori integranti, a suo dire, il reato di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis c.p., che avevano messo a repentaglio la dignità ed incolumità propria e quelle della figlia minore V..

A tale scopo adduceva di avere intrattenuto una relazione sentimentale con Ba.Ma., dalla quale era nata la figlia V., mentre lo stesso intratteneva un’altra relazione sentimentale con la convenuta che, in almeno cinque occasioni, tra il (OMISSIS), aveva tenuto condotte aggressive nei suoi confronti – anche tentando di introdursi e, talvolta, introducendosi in casa sua, e in un episodio provocandole lesioni personali che avevano richiesto l’intervento del pronto soccorso – che la costringevano a sottoporsi a una terapia farmacologia a base di ansiolitici.

La convenuta, costituitasi in giudizio, negava ogni addebito.

Il Tribunale, con la sentenza n. 2514/2016, accoglieva la domanda dell’attrice e condannava B.O. al pagamento, a titolo risarcitorio, di Euro 6.000,00 per danno non patrimoniale, al netto degli interessi legali, oltre che alla rifusione delle spese di lite.

La sentenza veniva impugnata, dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia, da B.O., la quale lamentava l’errata valutazione delle prove istruttorie e l’assenza di prova delle condotte illecite e dell’evento di danno, in aggiunta all’eccesiva liquidazione del risarcimento.

L’odierna ricorrente contestava la fondatezza dei motivi di impugnazione e lamentava l’irrisorietà dell’importo liquidato dal giudice di prime cure.

La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 1496-2019, riformava la decisione di prime cure, perché: i) B.O. aveva confermato l’esistenza di una situazione conflittuale di carattere multifattoriale, determinata non solo da questioni sentimentali, ma anche economiche, che era sfociata in due episodi di conflitto verbale; ii) l’odierna ricorrente aveva riferito di convivere con Ba.Ma. e con la figlia V., di essere a conoscenza della pretesa creditoria di B.O. nei confronti di Ba.Ma. ed aveva ammesso che le aggressioni erano cessate quando B.O. aveva intrapreso azione legale nei confronti di Ba.Ma.; iii) il teste Ba. era assolutamente inattendibile, per via del tenore delle sue dichiarazioni, dello stato di convivenza con l’odierna ricorrente e della situazione di convenuto nella causa promossa nei suoi confronti da B.O.; iv) la testimonianza di Ba.Ma., coinvolto con entrambe le parti in causa, denotava la tendenza a riferire, anche solo per quieto vivere, prospettazioni dei fatti ondivaghe e frutto di un evidente tentativo di equilibrismo: ad esempio, per aderire alle richieste di C.P. enfatizzava la portata lesiva ed intimidatoria dei gesti compiuti nei suoi confronti da B.O., ma, al contempo, sminuiva la portata dell’episodio della spinta contro la porta di casa, a seguito del quale C.P. aveva riportato le lesioni refertate dal pronto soccorso, affermando di non ricordarlo, non riuscendo a collocarlo esattamente nel tempo; assecondava la posizione di C.P. quando riferiva di essere a conoscenza del fatto che la stessa assumeva regolarmente lo Xanax in contrasto con l’essersi definito convivente occasionale della stessa; v) la deposizione del teste M. che riferiva di avere, su richiesta di C.P., installato nella tarda primavera/estate del (OMISSIS) una telecamera davanti alla casa di quest’ultima, spaventata dalle incursioni di B.O., non era attendibile quando riportava di essere a conoscenza dell’episodio – avvenuto un anno prima rispetto alla installazione delle telecamere – in cui B.O. avrebbe preso a calci e pugni la porta dell’odierna ricorrente, non per essere stato presente, ma per avere riconosciuto B.O. visionando la registrazione dell’impianto di videosorveglianza; vi) erano trascorsi due giorni dall’aggressione prima che C.P. si recasse al pronto soccorso; vii) l’esposto in procura contro B.O. era fondato solo sulle affermazioni della denunciante; viii) la stessa B.O. aveva riconosciuto di aver aggredito verbalmente Ba.Ma., mentre si trovava presso la odierna ricorrente, per questioni economiche; ix) lo stato di ansia di C.P. ben poteva derivare dalla situazione conflittuale con il convivente, della cui infedeltà era a conoscenza, dalla nascita della figlia, dalle difficoltà economiche; x) il certificato del medico curante di C.P. che descriveva uno stato d’ansia generalizzato non era idoneo ad individuare la causa di tale stato d’ansia.

C.P., formulando due motivi, ricorre per la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Venezia.

Resiste con controricorso B.O..

La causa è stata trattata in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo C.P. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 246 e 247 c.p.c., per avere il giudice a quo ritenuto inattendibile il teste Ba.Ma. sulla base di un giudizio preventivo afferente ad uno presunto nonché errato status di suo convivente.

La tesi formulata è che la Corte abbia effettuato un giudizio sulla capacità a testimoniare del teste piuttosto che una valutazione sull’attendibilità delle dichiarazioni dal medesimo rese. A supporto di tale ipotesi, la ricorrente adduce la seguente affermazione della Corte: “Quanto al teste Ba., in effetti il tenore delle dichiarazioni rese, unitamente allo stato di convivenza con l’attrice… lo rendono teste assolutamente inattendibile”.

La Corte territoriale avrebbe, quindi, fatto valere una incapacità a testimoniare, facendola dipendere erroneamente da un vincolo soggettivo che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 74/248 ha ritenuto, dichiarando per questo costituzionalmente illegittimo l’art. 247 c.p.c., costituisse un irragionevole compressione del diritto alla prova, in quanto avulso dall’oggetto del giudizio e dalla natura degli interessi sostanziali controversi.

Peraltro, all’epoca dei fatti il teste avrebbe avuto un rapporto di convivenza con B.O. e quando nel corso della sua deposizione si era definito, invece, suo convivente occasionale e saltuario intendeva riferirsi, nonostante la cessazione di ogni relazione sentimentale, alla assidua frequentazione della sua casa, in quando in essa risiedeva la comune figlia V..

La Corte Territoriale avrebbe dovuto tener conto che il teste, nonostante la situazione conflittuale nella quale si trovava, aveva confermato il verificarsi degli episodi di aggressività di cui si era resa protagonista B.O., avrebbe cioè dovuto considerare che egli non aveva alcuna ragione personale per parteggiare per una delle parti in causa, applicando correttamente l’art. 246 c.p.c., siccome interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte.

1. Il motivo non merita accoglimento.

Le censure della ricorrente non colgono nel segno, perché la Core territoriale non ha affatto confuso la incapacità a testimoniare con l’inattendibilità del teste, come la trama argomentativa su cui si fonda il motivo, estrapolando alcuni stralci della sentenza e celandone ad arte altri, ipotizza.

Del resto, la Corte territoriale richiama in premessa proprio la distinzione tra incapacità e inattendibilità a testimoniare, allo scopo di dimostrare che le ragioni per cui ha ritenuto che la deposizione del teste non potesse offrire da sola, in assenza di altri supporti probatori, la prova dei fatti contestati ad B.O., andavano individuate nella sua inattendibilità, non già affermata aprioristicamente in virtù del legame con le parti in causa, ma in ragione di un insieme di circostanze: la difficile posizione di soggetto egualmente coinvolto, sia dal punto di vista sentimentale sia da quello economico con le parti in causa, tanto che le sue dichiarazioni erano state giudicate, equivoche, ondivaghe e contraddittorie, perché risultato di un tentativo di mantenere una posizione di equilibrata equidistanza rispetto alle due donne, avendo egli stesso ammesso si sentirsi in colpa nei confronti della odierna ricorrente da cui aveva avuto una figlia e di provare sentimenti di ansia per la situazione con entrambe le donne.

Non vi è nulla nel ragionamento della Corte territoriale che possa far pensare che lo abbia ritenuto inidoneo a testimoniare in maniera aprioristica, né che il suo interesse evidentemente di fatto alla decisione, stante che la stessa avrebbe coinvolto le due donne con le quali intratteneva relazioni sentimentali ed economiche, sia stata l’unica ragione che abbia indotto la Corte territoriale a ritenerlo inattendibile.

Pertanto, non essendo la Corte d’Appello incorsa nell’errore di diritto imputatole, la censura assume i caratteri di una critica, inammissibile, alla valutazione discrezionale dell’attendibilità del testimone che il giudice ha correttamente basato su di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite).

2. Con il secondo motivo alla sentenza impugnata è rimproverato di aver violato e falsamente applicato gli artt. 246 e 247 c.p.c..

Premesso che l’art. 612 bis c.p., punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita e che anche solo due condotte di minaccia o di molestia sono sufficienti ad integrare l’elemento costitutivo del reato, la Corte d’Appello avrebbe dovuto tener conto, secondo la ricorrente, che emergeva ex actis, anche dalla testimone introdotta dalla difesa della controricorrente, la prova che in almeno due occasioni B.O. si era recata a casa sua, aggredendola verbalmente.

Ne’ il giudice a quo avrebbe tenuto conto dello stato di grave e perdurante ansia che, pur non traducendosi in un mutamento delle abitudini di vita né in uno stato patologico accertabile medico-legalmente, aveva avuto un effetto destabilizzante, visto che gli episodi di aggressione si svolgevano nelle immediate vicinanze della sua abitazione, come confermato dal teste M.: testimonianza che la Corte territoriale non avrebbe considerato adeguatamente, ritenendo l’episodio dallo stesso riferito inverosimile perché “si collocava più di un anno prima dell’installazione della telecamera ed egli, dunque, non poteva aver visto alcuna immagine del tipo di quelle descritto”.

Neppure avrebbe preso in considerazione l’episodio di aggressione repertato dal pronto soccorso, ritenendo rilevante il solo fatto che fossero passati due giorni dall’aggressione.

Anche tale motivo è inammissibile.

La censura non individua un error iuris commesso dalla Corte d’Appello come individuato nell’epigrafe del motivo – ma denuncia l’esito delle valutazioni del materiale probatorio che ha costituito la ragione su cui la sentenza impugnata ha basato la statuizione di accoglimento del motivo di appello. La valutazione delle prove raccolte costituisce, però, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (da ultimo, cfr. Cass. 01/12/2021, n. 37768).

3. Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

5. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico della ricorrente l’obbligo del pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte controricorrente, liquidandole in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA