Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2440 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. I, 03/02/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 03/02/2021), n.2440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12457/2019 proposto da:

K.O., elettivamente domiciliato in Roma, Via Augusto Riboty,

23, presso lo studio dell’avvocato Valeria Gerace, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 889/2019 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 08/02/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il processo trae origine dalla domanda di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ovvero della c.d. protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, proposta da K.O., cittadino del (OMISSIS);

– a sostegno della domanda egli ha allegato di essere fuggito dal suo paese perchè minacciato da banditi che avevano ucciso suo padre e che pretendevano di estorcergli del danaro;

– l’adito Tribunale di Roma ha respinto la domanda e la decisione è stata appellata dal ricorrente avanti la corte d’appello capitolina, che ha respinto il gravame non ricorrendo i presupposti per nessuna delle forme di protezione richieste;

– la cassazione della pronuncia di secondo grado è chiesta dal K. con ricorso affidato a due motivi cui resiste con controricorso l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della direttiva Europea 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’onere probatorio per non avere la corte territoriale attivato il dovere di cooperazione acquisendo le fonti informative necessarie a verificare le condizioni di vita nel paese di origine del ricorrente ai fini dell’accertamento dei fatti rilevanti per il riconoscimento della richiesta protezione;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per avere il giudice del merito escluso il riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria;

– i due motivi strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili perchè non attingono le motivazioni poste efficacemente a fondamento del diniego;

– la corte d’appello ha, infatti, escluso il riconoscimento del rifugio e della protezione sussidiaria sulla decisiva considerazione che i fatti narrati dal ricorrente – la minaccia di banditi comuni per ragioni economiche – non sono riconducibili alla forma di persecuzione descritte nell’art. 2, lett. e) ed f), g) e h), del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, rilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, nè a quella di protezione sussidiaria secondo il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

– alla medesima conclusione la corte perviene con riguardo alla protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c), D.Lgs. cit., sulla scorta della consultazione delle fonti informative – come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 – e che consentono di escludere che nel Senegal sia ravvisabile una condizione di violenza generalizzata o di conflitto e interno o internazionale;

– tali conclusioni non sono smentite dal ricorrente il quale allega fatti desunti dal rapporto di Amnesty International 2017-2018 e dal sito del Ministero degli esteri ((OMISSIS)), ma, tuttavia, non rilevanti ai fini della esame della condizione personale del ricorrente connotata dal coinvolgimento in fatti di criminalità comune, e, comunque, non attestanti la sussistenza di una condizione di violenza generalizzata ed indiscriminata nel Senegal, rilevante ai fini dell’accoglimento della domanda di protezione sussidiaria;

-lo stesso deve ritenersi con particolare riguardo al richiamo al sito (OMISSIS) essendo tali informazioni raccolte e destinate ai turisti e non decisive ai fini della ricognizione delle generali condizioni di vita nel paese di riferimento;

– in definitiva, l’inammissibilità di entrambi i motivi comporta l’inammissibilità del ricorso e, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente liquidate in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

 

 

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