Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24397 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 18/11/2011), n.24397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

F.O. residente a (OMISSIS), rappresentato e

difeso, giusta delega a margine del controricorso, dall’Avv. Riccio

Andrea, nel cui studio, in Roma, Via Fedro, 52, è elettivamente

domiciliato;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 155/07/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di Roma – Sezione n. 07, in data 07/12/2006, depositata il

19 marzo 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

06 luglio 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il P.M. dott. CENICCOLA Raffaele.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto a R.G. n. 12548/2008, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 155/07/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Roma, Sezione n. 07, il 07.12.2006 e DEPOSITATA il 19 marzo 2007.

Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato gli appelli proposti dalle parti, confermando l’operato dei Giudici di prime cure, che avevano parzialmente accolto il ricorso del contribuente.

2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione di avviso di liquidazione, relativo ad atto di divisione giudiziale, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 nonchè per insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.

3 – L’intimato, giusto controricorso, ha chiesto che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata.

4 – L’impugnata decisione, fra l’altro, ha così motivato : “1.

L’Ufficio ripropone le difese già avanzate in sede di ricorso e nulla deduce riguardo la circostanza che nella valutazione della massa ereditaria, esso Ufficio, non da alcuna prova del criterio di valutazione prescelto. 2 Corretta appare la decisione impugnata che, per effetto del precedente accertamento dello stesso Ufficio, ha ritenuto legittima la riduzione da L. 448.306.333 a L. 337.250.000 della vendita conseguente allo stralcio della quota di S. F. e conseguentemente da L. 4.000.838.000 a L. 3.334.500.000 il valore finale dell’intera massa ereditaria al 31.12.1992”.

5 – Il mezzo investe solo la seconda delle due distinte “rationes decidendi”, – ciascuna di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adottata – e non anche la prima, basata sul difetto di prova in ordine al criterio di valutazione prescelto; ciò stante, essendo parte ricorrente tenuto ad impugnarle entrambe, il ricorso, sembra, non possa sfuggire ad una declaratoria di inammissibilità, sia per mancata impugnazione della prima ratio (Cass. n. 21490/2005, n. 24591/2005, n. 5553/1981, n. 3236/1985), sia per la conseguente inconferenza del quesito (Cass. SS.UU. n. 36/2007, n. 20360/2007), posto che alla eventuale fondatezza (Cass. n. 24464/2006, n. 17123/2007, n. 9510/2008) delle censure con cui si impugna solo la seconda ratio, non potrebbe, comunque, conseguire l’annullamento dell’impugnata decisione, che sopravviverebbe sulla base della ratio non criticata.

5 bis – Nel merito, le censure non sembrano, comunque, fondate, tenuto conto che la motivazione della decisione impugnata, sul piano logico formale, è corretta e, d’altronde, che la sentenza non contiene alcuna affermazione di principio, che si ponga in contrasto con il disposto del denunciato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 norma che, ove rettamente interpretata in conformità agli artt. 3, 53 e 97 Cost., di certo, non può portare ad escludere che rientri nel potere dovere del Giudice Tributario, la possibilità di scegliere gli elementi da porre a fondamento della decisione e, nel caso, segnatamente, di valorizzare il precedente accertamento compiuto dallo stesso Ufficio, in sede di vendita di quota della medesima eredità.

6 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con declaratoria di inammissibilità o rigetto per manifesta infondatezza. Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso, la memoria con cui è stato nominato il difensore e gli altri atti di causa;

Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione, ritiene di dover rigettare l’impugnazione, per inammissibilità delle doglianze;

Considerato che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro millecinquecento/00, di cui Euro millequattrocento/00 per onorario ed euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge; Visti gli artt. 375 e 380 bis del c.p.c..

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia Entrate al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro millecinquecento/00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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