Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24396 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 16/04/2019, dep. 03/11/2020), n.24396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12192-2013 proposto da:

POLI DISTILLERIE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI VILLA SACCHETTI 9,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che lo rappresenta e

difende unicamente all’avvocato FEDERICO CASA, giusta procura a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, DIREZIONE REGIONALE VENETO

UFFICIO DOGANE VICENZA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 90/2012 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 06/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2019 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato FERRETTO per delega dell’Avvocato

CASA che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Dogane di Vicenza il 13.10.2003 avviò una verifica nei confronti di Poli Distillerie s.r.l. avente ad oggetto il controllo dell’esatto adempimento degli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 504 del 1995 (T.U.A.), art. 3, ossia anche per la rilevazione di eccedenze/deficienze di prodotti alcolici data dal raffronto tra le giacenze fisiche rilevate e le risultanze delle movimentazioni contabili del registro accise, a far data dal 1.1.2002 e fino al 13.10.2003. Dopo quasi quattro anni di verifiche, venne finalmente esitato il P.V.C. del 27.7.2007, in relazione al quale la società presentò osservazioni – ai sensi dello Statuto del contribuente, art. 12 – all’Agenzia delle Dogane in data 8.10.2007. Conseguentemente, l’Agenzia dispose un nuovo accesso presso i locali aziendali in data 11.9.2008, con ulteriori verifiche concluse con la redazione del P.V.C. del 9.6.2009, anch’esse oggetto di osservazioni. L’Agenzia, dopo averle rigettate, emise avviso di pagamento, con cui si recuperavano a tassazione accise non corrisposte per il periodo dal 1.1.2002 al 13.10.2003, per complessivi Euro 100.488,16, oltre accessori. La società propose quindi ricorso dinanzi alla C.T.P. di Vicenza, che lo rigettò con sentenza n. 76/9/11. La C.T.R. del Veneto, però, accolse parzialmente l’appello della società con sentenza del 6.11.2012, disponendo la decurtazione delle differenze quantitative accertate nei limiti ammessi dalla legge, e rigettandolo nel resto.

Poli Distillerie s.r.l. ricorre per cassazione, affidandosi a quindici motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’Agenzia delle Dogane con controricorso. Il Procuratore Generale ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 15 (nel testo previgente), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente assume l’erroneità della decisione per non essere stata rilevata l’intervenuta prescrizione quinquennale, decorrente dal 13.10.2003 e non già, come invece ritenuto dalla C.T.R., dal 27.7.2007, e ciò in quanto il P.V.C. redatto in detta data, inequivocabilmente, doveva intendersi superato per effetto dell’accoglimento delle osservazioni avanzate da essa ricorrente e dalla successiva adozione di un nuovo P.V.C. in data 9.6.2009. Aggiunge, poi, che la C.T.R. è incorsa in ulteriore violazione, laddove ha ritenuto applicabile l’art. 15 T.U.A., comma 2, a tutte le contestazioni di cui all’avviso impugnato, semmai applicabile alle sole deficienze eccedenti i cali consentiti, e quindi solo ai rilievi 2) e 3), fermo restando che l’atto interruttivo della prescrizione (o il fatto che la legge indica quale momento iniziale della prescrizione) deve intervenire quando gli ordinari termini di prescrizione non siano già scaduti, come invece avvenuto nella specie.

1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 15, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente rileva l’erroneità della decisione sotto altro profilo, avendo la C.T.R. implicitamente respinto le ulteriori argomentazioni per cui, nella specie, neppure poteva trovare applicazione l’art. 15 T.U.A, comma 3, in quanto l’azione penale nei confronti del proprio L.R. era stata esercitata solo il 16.6.2009, e quindi a prescrizione già maturata.

1.3 – Con il terzo motivo, si denuncia la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sempre in relazione all’eccezione di prescrizione, la sentenza impugnata sarebbe poi assolutamente contraddittoria laddove dapprima la C.T.R. afferma che la pretesa fiscale deve ritenersi ancorata alle risultanze del P.V.C. del 27.7.2007, mentre qualche riga dopo afferma che lo stato di fatto deve ritenersi cristallizzato alla data del secondo P.V.C., ossia al 9.6.2009.

1.4 – Con il quarto motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In relazione ai punti 1) e 5) dell’avviso impugnato, la C.T.R. non avrebbe esaminato i documenti prodotti sia in primo che in secondo grado, idonei a dimostrare che l’accisa non assolta era stata in realtà pagata anticipatamente. 1.5 – Con il quinto motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente rileva l’erroneità della decisione laddove la C.T.R. ha ritenuto che la situazione di fatto andasse incontestabilmente cristallizzata al 9.6.2009, come se la parte non possa dimostrare nella sede naturale del processo una diversa ricostruzione, a sè favorevole.

1.6 – Con i motivi sesto e settimo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Pur avendo accolto in parte il quarto motivo d’appello, secondo la ricorrente la C.T.R. non ha motivato in relazione ad altro aspetto della pretesa, concernente la richiesta dell’accisa sulla deficienza di prodotti alcolici sfusi grezzi e contrassegnati condizionati riscontrata nei depositi fiscali superiore al 2% e al 10% oltre il calo consentito.

1.7 – Con i motivi dall’ottavo al decimo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La C.T.R., secondo la ricorrente, non s’è pronunciata sul quinto motivo d’appello, così come proposto da essa società, decidendo, in realtà, sul settimo, così omettendo la motivazione in relazione alla giustificazione dell’eccedenza di litri anidri 3.237,57 di prodotti alcolici sfusi grezzi e contrassegnati condizionati riscontrata nei depositi fiscali superiore al 2% e al 10% oltre il limite ammesso.

1.8 – Con l’undicesimo motivo, si denuncia omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Le medesime doglianze di cui al punto che precede vengono riproposte, in subordine, sotto il profilo dell’error in procedendo.

1.9 – Con il dodicesimo e tredicesimo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 4 e del D.M. n. 55 del 2000, artt. 1,2 e 4 e tabella “A”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La sentenza impugnata sarebbe erronea per non aver riconosciuto, seppur implicitamente, la spettanza del calo di giacenza del 4+1% per quantitativi di prodotti alcolici custoditi in recipienti di legno di capacità non superiore a 4 ettolitri, nonchè la spettanza del calo tecnico per due inventari fisici effettuati e documentati.

1.10 – Con il quattordicesimo motivo, si denuncia omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La C.T.R. avrebbe omesso di pronunciare sulla richiesta, avanzata al par. 4.4 del ricorso in appello, circa il riconoscimento di cali tecnici per due inventari fisici effettuati.

1.11 – Con il quindicesimo motivo, infine, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 383 del 1997, art. 2, commi 8 e 10, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La C.T.R., infatti, non avrebbe tenuto conto della necessità che l’Agenzia, in sede di verifica, effettuasse l’inventario considerando il magazzino dei prodotti sfusi grezzi o magazzino dell’alcole unitariamente inteso, e non già singolarmente per ciascun prodotto, il che avrebbe consentito di escludere ogni addebito nei confronti di essa società, potendo recuperarsi a tassazione la sola deficienza eccedente il calo consentito di litri anidri 38,07.

2.1 – Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, notificato dall’Agenzia delle Dogane solo in data 6.9.2013, e quindi ben oltre i termini di cui all’art. 370 c.p.c., la notifica del ricorso essendo stata effettuata il 7.5.2013. Di esso, quindi, non si terrà conto.

3.1 – Ciò posto, i primi tre motivi, da esaminarsi congiuntamente perchè connessi, sono fondati limitatamente al rilievo 5) dell’avviso.

Infatti, l’art. 15 T.U.A., nel testo vigente ratione temporis (ossia nella versione antecedente alla modifica apportata dal D.Lgs. n. 48 del 2010; nel prosieguo, il riferimento al T.U.A. dovrà intendersi al testo del D.Lgs. n. 504 del 1995 previgente rispetto a detta modifica), così stabilisce: “1. Il credito dell’amministrazione finanziaria per l’accisa si prescrive in cinque anni. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito. 2. Per le deficienze eccedenti i cali consentiti il quinquennio decorre dalla data del verbale di accertamento delle deficienze medesime. 3. La prescrizione del credito d’imposta è interrotta quando viene esercitata l’azione penale; in questo caso il termine di prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio penale”.

Secondo la C.T.R., la pretesa fiscale, azionata con l’avviso di pagamento notificato il 21.5.2010, non sarebbe prescritta perchè il dies a quo, riguardo a tutte le contestazioni, andrebbe individuato nel 27.7.2007, data di redazione del primo P.V.C.

Ora, va osservato che, per il recupero dell’accisa entro il termine di prescrizione di cinque anni, l’art. 15 cit. prevede nella sostanza quattro specifiche ipotesi di termine iniziale, decorrendo essa: 1) dalla data di esigibilità dell’imposta (ossia, in forza del disposto dell’art. 2 T.U.A., comma 2, dalla data “della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato”); 2) in caso di “comportamenti omissivi”, dalla scoperta del fatto illecito; 3) in caso di deficienze eccedenti i cali consentiti, dalla data del verbale di accertamento delle stesse deficienze; 4) dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale che definisca il relativo giudizio, in tal caso l’esercizio dell’azione penale determinando l’interruzione della prescrizione.

3.2.1 – Al riguardo, per quanto concerne i rilievi 2) e 3) dell’avviso, come pure evidenzia la ricorrente, il dies a quo – trattandosi di deficienze eccedenti i limiti consentiti – va specificamente individuato nella data del verbale di accertamento, ex art. 15 T.U.A., comma 2.

Ora, come già anticipato, tale data è stata individuata dalla C.T.R. nel 27.7.2007, data di redazione del primo P.V.C. (si è affermato come il secondo P.V.C. derivasse da un mero “supplemento d’indagine”). Tuttavia, dal tenore degli atti di imposizione, come evincibili dal ricorso, e come pure nella sostanza afferma contraddittoriamente lo stesso giudice d’appello, emerge che l’avviso impugnato è fondato sulla situazione fattuale cristallizzata in detto secondo P.V.C., e solo da questo sembra mutuare i relativi presupposti costitutivi, accertati a seguito dell’accoglimento delle osservazioni ex art. 12 St. contr. proposte dalla società in data 8.10.2007, con conseguente “stravolgimento” (così il legale della ricorrente, nel corso della discussione orale) delle risultanze del primo P.V.C., evidentemente (in modo esplicito o implicito) revocato.

Sul punto, l’Agenzia non ha efficacemente dedotto alcunchè nel corso di questo giudizio di legittimità (tenuto conto dell’inammissibilità del controricorso), anche al fine di dimostrare che il primo P.V.C. potesse conservare una residua e più o meno ampia valenza, anche sotto il profilo della identità (totale o, almeno, parziale) dell’accertamento in fatto delle violazioni poi contestate col secondo P.V.C. Tuttavia, poichè l’interruzione della prescrizione integra eccezione in senso lato, ed è rilevabile d’ufficio dal giudice se emergente ex actis (v. Cass., Sez. Un., n. 10531/2013, Cass. n. 18602/2013, Cass. n. 13335/2015), non v’è dubbio che, il giudice d’appello avrebbe dovuto comparare le risultanze del primo e del secondo P.V.C. (entrambi certamente versati in atti, sub docc. 5 e 8 del fascicolo di primo grado della società), almeno ai fini suddetti, ma tale accertamento è stato totalmente pretermesso, avendo la C.T.R. apoditticamente affermato che l’accertamento delle violazioni va fatto risalire, tout court, alla data del primo P.V.C.

In definitiva, ha errato la C.T.R. (la questione, come si vedrà, ha in realtà concreta rilevanza solo per il rilievo 5) – v. infra, par. 3.4) nel non valutare se, almeno quanto al regime della prescrizione, nel caso di accoglimento delle osservazioni del contribuente ex art. 12 St. contr. e di rinnovazione delle operazioni di accertamento, il conseguente avviso di pagamento emesso dall’Ufficio si fondi solo sull’ultimo P.V.C. (dovendo intendersi il primo revocato, esplicitamente o implicitamente), ovvero se il primo conservi una sua autonoma valenza, perchè richiamato dall’atto impositivo e/o fondato sui medesimi fatti.

Può quindi, in proposito (anche ai fini di quanto si dirà al par. 3.3.1), pronunciarsi il seguente principio di diritto: “In tema di imposte sui prodotti alcolici, qualora il contribuente proponga osservazioni ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12 (Statuto del contribuente) avverso il processo verbale di constatazione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 19 (nel testo vigente ratione temporis) e le stesse siano accolte in sede amministrativa, con conseguente rinnovazione delle operazioni di accertamento e controllo, il primo termine iniziale della prescrizione quinquennale, ai sensi del cit. D.Lgs., art. 15, commi 1 e 2, (nel caso di “comportamenti omissivi”, o di accertamento delle deficienze di prodotto), va individuato nella data di emissione del nuovo processo verbale, che al primo si sia sostituito (esplicitamente o implicitamente revocandolo), a meno che non risulti che le violazioni con esso accertate siano fondate sulla medesima situazione di fatto di cui al primo accertamento”.

3.2.2 – Tuttavia, le doglianze della ricorrente non possono condurre, sul punto, alla cassazione della sentenza impugnata, perchè – come discende pianamente da quanto prima detto – ove anche si individuasse il dies a quo nel 9.6.2009, anzichè nel 27.7.2007, le pretese attinenti i rilievi 2) e 3) dell’avviso impugnato a maggior ragione non potrebbero ritenersi prescritte alla data della notifica dell’avviso stesso (21.5.2010).

D’altra parte, non è sostenibile – come pure pretenderebbe la ricorrente – che il verbale di accertamento delle deficienze possa innestarsi (quale atto interruttivo) nell’ambito del termine generale a sua volta decorrente dalla data di immissione in consumo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 15 T.U.A., e ciò perchè lo stesso art. 15 T.U.A., comma 2, è chiarissimo nell’individuare, per le deficienze di prodotto eccedenti il limite di legge, il termine iniziale di decorrenza del quinquennio nella data del verbale di accertamento. Pertanto, ritiene la Corte come non sia consentito, per l’accertamento delle deficienze, ipotizzarsi altro termine iniziale, su un piano più generale, con decorrenza anticipata e che possa eventualmente con un secondo termine concorrere.

Del resto, la norma in esame, nell’individuare in tal guisa il dies a quo, ha pieno senso logico, perchè presuppone un accertamento fattuale “istantaneo” presso il deposito fiscale, evidentemente ancorato alla data in cui esso viene effettuato, sicchè neppure può profilarsi una sostanziale indeterminatezza del termine iniziale: resta così smentito il timore, paventato dalla società ricorrente, che il contribuente possa in tale ipotesi rimanere privo di riferimenti temporali, vero essendo, anzi, il contrario.

3.3.1 – Analoghe conclusioni possono raggiungersi per quanto concerne i rilievi 1) e 4) dell’avviso.

Infatti, in tal caso – ribadito quanto già osservato nel par. che precede sulla necessità dell’accertamento del contenuto del primo P.V.C., in comparazione col secondo – non può farsi riferimento tout court alla “data del verbale di accertamento delle deficienze” (come nella sostanza ritenuto dalla C.T.R.), perchè le fattispecie contestate dall’Ufficio con detti rilievi non sono sussumibili nell’ambito del riscontro delle deficienze, concernendo invece la sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa su alcole etilico immesso in consumo (rilievo 1) e il riscontro di eccedenza di prodotti alcolici sfusi oltre il limite di legge (rilievo 4). Nè, in proposito, il dies a quo può senz’altro consistere nella data “della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato”, ex art. 2 T.U.A., o al più tardi, nella data di apertura delle operazioni di verifica presso il deposito di Poli Distillerie (13.10.2003), tesi invece sostenuta dalla stessa ricorrente.

Al riguardo, va infatti evidenziato che, come assai di recente condivisibilmente affermato da questa Corte (Cass. n. 4034/2019, in motivazione), con riferimento alle accise su energia elettrica, ma con valenza senz’altro trasponibile alle accise sui prodotti alcolici, la disposizione secondo cui la prescrizione decorre dalla data della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato “… va considerata nell’alveo del sistema della tassazione delle accise, sistema che, come del resto avviene anche per l’Iva e per le imposte sui redditi, è caratterizzato dalla riconduzione dell’accertamento in base a fatti fiscalmente rilevanti all’interno di un periodo di tempo definito. Il tributo, in altri termini, si attua attraverso adempimenti del contribuente, obbligatori per legge, rispetto ai quali l’intervento dell’Amministrazione risulta solo eventuale: le attività di accertamento necessarie, anche sul piano cronologico, sono, in realtà, quelle demandate al contribuente – ossia il fabbricante quale soggetto tipico nella materia delle accise – che assume la responsabilità dell’attuazione del tributo.

Ne deriva che l’azione successiva dell’Amministrazione si caratterizza come controllo di quanto il contribuente ha realizzato: l’atto di accertamento ha ad oggetto i fatti imponibili non direttamente ma attraverso una attività secondaria, propria del contribuente-fabbricante, che ha, in concreto, quale obbiettivo gli atti posti in essere (od omessi) dal contribuente medesimo…. La “data in cui è avvenuto il consumo”, allora, si identifica, in termini univoci, in quella in cui è possibile verificare che il contribuente-fabbricante abbia adempiuto agli obblighi di legge e, dunque e in particolare, con quella di presentazione della dichiarazione annuale di cui all’art. 55 TUA, comma 1, …”. Nella specie, avuto dunque riguardo alla materia delle accise sugli alcolici – per l’epoca antecedente alla c.d. telematizzazione delle accise (introdotta dal D.L. n. 262 del 2006, conv. in L. n. 286 del 2006) – occorre far riferimento alla trasmissione del prospetto riepilogativo che il depositario autorizzato deve inoltrare all’Ufficio tecnico di finanza (U.T.F.) entro il quinto giorno successivo alla chiusura di ciascuna quindicina, ai sensi del D.M. n. 153 del 2001, art. 7, comma 2, lett. a), (Regolamento recante disposizioni per il controllo della fabbricazione, trasformazione, circolazione e deposito dell’alcole etilico e delle bevande alcoliche, sottoposti al regime delle accise), prospetto attestante, tra l’altro, la produzione e la movimentazione dei prodotti sottoposti ad accisa, distintamente per posizione fiscale, nonchè il movimento d’imposta e le relative garanzie.

Pertanto, ne deriva che, trattandosi di fattispecie – quelle dei rilievi 1) e 4) dell’avviso – in cui alla ricorrente sono state contestate specifiche violazioni, riconducibili con evidenza alla mancata dichiarazione di alcole etilico ai sensi del D.M. n. 153 del 2001, cit. art. 7 (e quindi ad un “comportamento omissivo”), non può che discendere come il dies a quo consista in tal caso nella data della scoperta del fatto illecito (v. il principio di diritto supra enunciato, par. 3.2.1), e quindi o in quella del 27.7.2007, o in quella del 9.6.2009 (date di redazione, rispettivamente, del primo e del secondo P.V.C.), e non già nella data di immissione in consumo, giacchè assume rilievo il momento in cui l’Ufficio è posto nelle condizioni di verificare l’adempimento degli obblighi cui il depositario è tenuto.

In altre parole, quanto ai rilievi 1) e 4) dell’avviso, la prescrizione avrebbe potuto decorrere dalla data di immissione in consumo dei relativi prodotti alcolici, o al più tardi dal 13.10.2003, data del primo accesso fiscale (come sostenuto da Poli Distillerie), solo se essi fossero stati ritualmente dichiarati, il che, evidentemente, non è.

In proposito, può dunque pronunciarsi il seguente principio di diritto: “In tema di recupero delle accise su prodotti alcolici, il termine quinquennale di prescrizione che, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, comma 2, e art. 15, comma 1, (nel testo vigente ratione temporis), decorre dalla “immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato, va riferito alla data di presentazione del prospetto riepilogativo quindicinale da parte del contribuente-fabbricante, responsabile dell’attuazione del tributo, assumendo rilievo il momento in cui l’Ufficio è posto nelle condizioni di verificare l’adempimento degli obblighi di cui al cit. D.Lgs., art. 3, comma 4, nonchè del D.M. n. 153 del 2001, art. 7, comma 2, lett. a), (anch’esso, nel testo vigente ratione temporis)”.

3.3.2 – Come già visto per i rilievi 2) e 3), non può dunque procedersi alla cassazione sul punto della sentenza impugnata, giacchè, anche per i rilievi 1) e 4), alla data di notifica dell’avviso impugnato (21.5.2010), la relativa prescrizione quinquennale non può dirsi comunque maturata, si identifichi il primo termine iniziale di prescrizione nel 27.7.2007 o nel 9.6.2009. 3.4 – Le censure sono invece fondate in relazione al rilievo 5) dell’avviso, concernente la parziale corresponsione dell’accisa dovuta su prodotto immesso in consumo nel maggio 2003, in scadenza il 17.6.2003.

Al riguardo, non è revocabile in dubbio che si tratta di prodotti alcolici regolarmente dichiarati, ma per i quali, con evidenza, la relativa accisa non è stata integralmente assolta nel termine predetto.

Pertanto, il dies a quo concernente la pretesa di cui al rilievo 5) va individuato nella data di esigibilità dell’obbligazione, ossia in quella di immissione in consumo, in virtù del combinato disposto degli artt. 2 e 15 T.U.A. (si veda il principio enunciato al par. 3.3.1), e quindi al più tardi nella data di scadenza del 17.6.2003.

In tale ottica, l’emissione del primo P.V.C. del 27.7.2007, come già osservato nel par. 3.2.1 (e a differenza dei rilievi da 1) a 4) dell’avviso, in cui in ogni caso la prescrizione non può dirsi maturata alla data della notifica di quest’ultimo), può assumere valenza decisiva: infatti, se la contestazione del mancato pagamento dell’accisa dovuta sul prodotto immesso in consumo nel maggio 2003 è in esso contenuta, al primo P.V.C. deve riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione quand’anche revocato ed integralmente sostituito dal secondo P.V.C.; in caso contrario, detta efficacia deve invece escludersi, con ogni conseguente effetto.

Ha dunque errato la C.T.R. nel non effettuare la comparazione tra il primo e il secondo P.V.C. (v. supra, par. 3.2.1), al fine di valutare l’idoneità del primo ad interrompere la prescrizione delle pretese fiscali di cui al rilievo 5) dell’avviso, nell’ipotesi negativa essa dovendo intendersi maturata, al più tardi, alla data del 17.6.2008.

Nè, del resto, può farsi riferimento ad un possibile effetto interruttivo derivante dall’esercizio dell’azione penale (ex art. 15 TUA, comma 3), perchè nella specie esso è avvenuto con l’emissione, da parte del Tribunale di Bassano del Grappa, del decreto penale di condanna n. 495/09 del 16.6.2009 a carico del L.R. della società, e quindi – anche per tal verso – a prescrizione già maturata. Pertanto, stante il conclamato errore in cui è incorsa la C.T.R. e la decisività della questione, la sentenza impugnata è cassata in relazione.

4.1 – Il quarto motivo è fondato.

Premesso che la censura va propriamente ricondotta – più che all’omesso esame di documenti – all’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fatto che nella specie ben può individuarsi nella dedotta circostanza del pagamento anticipato dell’accisa in relazione ai rilievi 1) e 5) dell’avviso, osserva il Collegio che dalla motivazione della sentenza impugnata non risulta che la C.T.R. abbia esaminato detta circostanza (che la ricorrente assume essere comprovata dai documenti prodotti nel giudizio di merito e attinente alla gestione del “magazzino 11”) e conseguentemente adottato la relativa statuizione. Della questione non v’è traccia nella decisione impugnata.

Se invece essa dovesse intendersi valutata per implicito dalla C.T.R. – laddove, nel rigettare il terzo motivo d’appello, il secondo giudice ha affermato che la contabilità concernente carichi/scarichi o la compilazione di documenti deve intendersi incontestabilmente cristallizzata alla situazione fattuale di cui al P.V.C. del 9.6.2009, giacchè “ricostruita congiuntamente alla parte” – tale statuizione sarebbe evidentemente erronea, perchè da un lato non può ascriversi alla mera sottoscrizione del P.V.C. da parte del contribuente una valenza latamente confessoria, in assenza di inequivoci elementi in tal senso (nella specie, non risultanti), e dall’altro non s’è tenuto conto del fatto (anche qui potenzialmente decisivo, e non esaminato dal giudice d’appello) che la società aveva invece contestato le stesse risultanze del secondo P.V.C., presentando autonome osservazioni ex art. 12 St. contr. in data 6.8.2009.

5.1 – Il quinto motivo è conseguentemente assorbito.

6.1 – I motivi dal sesto al decimo sono inammissibili.

Infatti, con essi si lamenta l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi del previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Tuttavia, la sentenza impugnata è stata emessa dopo l’11.9.2012, data di entrata in vigore del “nuovo” art. 360, comma 1, n. 5, sicchè il vizio non poteva essere denunciato sotto il profilo motivazionale latamente inteso, bensì o come vera e propria mancanza di motivazione, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, ovvero come omesso pronuncia su motivo d’appello, per violazione dell’art. 112 c.p.c., in entrambi i casi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Ora, mentre una tale censura non è stata proposta quanto alle questioni di cui ai motivi sesto e settimo, sicchè i relativi mezzi circa il deficit motivazionale non possono essere esaminati, la ricorrente ha comunque correttamente proposto come errores in procedendo, con l’undicesimo motivo, le censure afferenti ai motivi dall’ottavo al decimo, sicchè esse possono essere delibate come segue.

7.1 – Ciò posto, l’undicesimo motivo è fondato.

In effetti, la C.T.R. non ha compiutamente esaminato il quinto motivo d’appello, il cui contenuto è sostanzialmente riportato in ricorso, tendente a giustificare l’eccedenza di litri anidri 3.237,57 di prodotti alcolici sfusi grezzi (acquavite di frutta e aromi), condizionati non contrassegnati (grappa, acquavite di frutta e liquori) e condizionati contrassegnati (acquavite di vino) riscontrata nei depositi fiscali superiore al 2% oltre il limite ammesso: la decisione si limita a riconoscere la decurtazione dei limiti ammessi dalla legge, ma non prende alcuna posizione sulle giustificazioni addotte dalla società. La sentenza impugnata, dunque, è nulla in parte qua, perchè resa in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.c..

8.1 – Venendo ora al dodicesimo motivo, la ricorrente sostiene che nè l’art. 4 T.U.A., nè il regolamento sui cali tecnici e naturali (D.M. n. 55 del 2000), ai fini del riconoscimento del calo di giacenza (4% in volume anidro, previsto dalla tabella “A” del D.M. n. 55 del 2000) e della relativa maggiorazione (1% in v.a., come da nota 4 alla detta tabella) prevedano che i recipienti in legno siano custoditi in “magazzini costruiti in modo che non vi si possa accedere senza lasciare traccia, suggellati dal competente UTF”, come invece affermato dal giudice d’appello.

Ora, per quanto l’origine di tale regola – che osterebbe al riconoscimento dei cali, così come preteso dalla ricorrente – non venga specificamente indicata dalla C.T.R., il periodo sopra riportato tra virgolette è stato in realtà ripreso, testualmente, dal già cit. D.M. n. 153 del 2001, art. 5, comma 5, che disciplina la tenuta dei depositi fiscali. Con esso, in particolare, si prevede che l’affidamento dei prodotti finiti alla responsabilità del depositario non opera qualora, per il conseguimento di particolari fini, anche extra-fiscali, determinati dall’Agenzia, sia necessario che il prodotto rimanga custodito in magazzini, costruiti in modo che non vi si possa accedere senza lasciare traccia, suggellati dall’U.T.F., e che detti magazzini, qualora lo stoccaggio non debba essere effettuato in recipienti di legno, possono essere costituiti da serbatoi all’aperto. Ritiene la Corte come la decisione della C.T.R. che ha negato il riconoscimento dei cali in discorso – sul presupposto che la conservazione dei prodotti contenuti in recipienti di legno andrebbe effettuata secondo le modalità imposte da detta norma – sia decisamente errata.

Detta norma, infatti, non è pertinente con la questione che occupa ed è dettata ad altri fini (oltre a non rivestire, a ben vedere, neanche il contenuto che la C.T.R. parrebbe attribuirle), mentre è proprio il D.M. n. 55 del 2000, specificamente dedicato alla questione dei cali naturali e tecnici, a riconoscere al produttore gli abbuoni di cui all’art. 4 T.U.A., nella misura forfetariamente stabilita.

Più in particolare, in forza delle previsioni di cui alla tabella “A” allegata al detto D.M. n., e alla nota 4) che accompagna detta tabella, la misura del calo per alcole etilico non denaturato con titolo alcolometrico volumico inferiore a 80% vol., acquaviti, liquori, ed altre bevande contenenti alcole di distillazione, contenuti in recipienti di legno, è pari al 4% in volume anidro, oltre ad un ulteriore 1% in v.a. se detti recipienti sono di capacità inferiore a 4 ettolitri.

Concorrendo detti presupposti, quindi (oltre, ovviamente, a quelli ulteriori stabiliti dalla legge, qui non in discussione), al produttore vanno riconosciuti i relativi abbuoni dall’accisa, non risultando previsto da alcuna norma che essi siano subordinati alla dislocazione dei recipienti di legno in magazzini sigillati, come invece erroneamente affermato dalla C.T.R.

Il motivo in esame è dunque accolto e va pronunciato il seguente principio di diritto: “In tema di imposte sui prodotti alcolici, qualora essi siano contenuti in recipienti di legno, l’abbuono dall’accisa per cali tecnici e naturali in misura forfetaria, come previsto dal combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 4, comma 3, e del D.M. n. 55 del 2000, artt. 1 e 4 e relativa tabella “A” (nel testo vigente ratione temporis), non è subordinato alla circostanza che detti recipienti siano contenuti in magazzini suggellati dal competente Ufficio tecnico di finanza, sicchè detto abbuono, concorrendo gli ulteriori presupposti di legge, deve essere riconosciuto nella misura del 4% in volumi anidri, con l’ulteriore maggiorazione dell’1 % in volumi anidri qualora i recipienti abbiano una portata inferiore ai quattro ettolitri”.

9.1 – Deve ora esaminarsi, nell’ordine logico, il quattordicesimo motivo, che è fondato.

Anche in tal caso, la C.T.R. non ha pronunciato sul motivo d’appello in relazione ai cali tecnici, spettanti al contribuente, in forza del D.M. n. 55 del 2000 e della tabella “B” ad esso allegata, nella misura dello 0,3% per ciascuna “operazione semplice” (spostamento, travasamento, ecc.). In proposito, sebbene risultino documentate almeno due operazioni di inventario fisico, non è dato riscontrare nella decisione impugnata alcuna statuizione, neanche implicita, la questione essendo stata in verità del tutto obliterata. La sentenza impugnata, dunque, è nulla in parte qua.

10.1 – Il tredicesimo motivo è conseguentemente assorbito.

11.1 – Il quindicesimo motivo, infine, è infondato.

Invero, la previsione del D.P.R. n. 383 del 1997, art. 2, commi 8 e 10, secondo cui, in particolare, le operazioni d’inventario riguardano distintamente il magazzino dell’alcole, l’opificio di trasformazione considerato nel suo complesso ed il magazzino dei prodotti condizionati, concerne le modalità di erezione degli inventari ai fini della concessione dell’abbuono di cui all’art. 4 T.U.A., comma 2, ma non esclude l’obbligo di tenuta separata dei registri, ai sensi del D.M. n. 153 del 2001, art. 7, trattandosi di adempimento funzionale al controllo della fabbricazione, trasformazione, circolazione e deposito dell’alcole etilico e delle bevande alcoliche, sottoposti al regime delle accise, e quindi finalizzato all’accertamento del regolare assolvimento dei relativi obblighi da parte del produttore, come (sostanzialmente e, stavolta, correttamente) ritenuto dal giudice d’appello.

12.1 – In definitiva, sono accolti per quanto di ragione i motivi primo, secondo, terzo, quarto, undicesimo, dodicesimo e quattordicesimo; sono inammissibili i motivi dal sesto al decimo; è rigettato il quindicesimo, mentre restano assorbiti i restanti. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Più in dettaglio, il giudice del rinvio: quanto ai primi tre motivi e al dodicesimo motivo, si atterrà ai principi di diritto enunciati in motivazione; quanto al quarto motivo, esaminerà il fatto, decisivo, del preteso adempimento delle accise in via anticipata in relazione ai rilievi 1) e 5) dell’avviso impugnato (per tale ultimo, al netto dell’accoglimento dei primi tre motivi, in parte qua), valutando la relativa documentazione prodotta dalla ricorrente nella fase di merito e adottando all’esito la conseguente statuizione; quanto infine ai motivi undicesimo e quattordicesimo, pronuncerà sui relativi motivi di gravame di Poli Distilleria, non esaminati nel precedente giudizio d’appello.

P.Q.M.

accoglie per quanto di ragione i motivi primo, secondo, terzo, quarto, undicesimo, dodicesimo e quattordicesimo; dichiara inammissibili i motivi dal sesto al decimo; rigetta il quindicesimo motivo e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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