Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24394 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/11/2016, (ud. 19/10/2016, dep. 30/11/2016), n.24394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12959-2011 proposto da:

C.V., in proprio, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato C.V.,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GERIT SPA AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI ROMA in persona

dell’Amm.re Delegato pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA ATTILIO REGOLO 12D, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO

ZACCHIA, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 8/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 20/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato C. che si riporta agli

scritti;

udito per il resistente l’Avvocato CHERUBINI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.V. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 8/38/2011, pronunciata il 15/12/2010 e depositata il 20/1/2011, che ha accolto parzialmente l’appello del contribuente contro la decisione di quella provinciale, inerente l’iscrizione di ipoteca, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, su immobile di proprietà, ed ha condannato l’appellata Equitalia Gerit s.p.a. alla rifusione delle spese del grado, liquidate in complessivi Euro 400,00.

In particolare, il giudice di secondo grado osserva che la CTP di Roma aveva accolto il ricorso del contribuente sul rilievo che l’avviso di accertamento sotteso alla cartella esattoriale, che costituisce il presupposto dell’impugnata iscrizione ipotecaria, era stato giudizialmente annullato e che l’Agenzia delle Entrate aveva anche disposto lo sgravio delle somme iscritte a ruolo, ma che la disposta compensazione delle spese del giudizio di prime cure, statuizione costituente l’oggetto del gravame, trovava pur sempre la sua giustificazione nel fatto che la parte “non aveva posto in essere nessun atto che potesse far sospendere la iscrizione dell’ipoteca da parte della Gerit s.p.a.”.

Resiste con controricorso Equitalia Gerit s.p.a., mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato un “atto di costituzione” ai fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 15, artt. 91 e 92 c.p.c., motivazione contraddittoria, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di legge, in relazione alle suddette disposizioni, giacchè il Giudice di appello dopo aver affermato che “l’iscrizione ipotecaria non andava fatta” ha poi disposto la compensazione delle spese del giudizio di primo grado, senza considerare che essendo il contribuente vittorioso nel merito, aveva diritto a vedersi rimborsate le spese sostenute, da porre a carico di entrambe le parti convenute in quel giudizio, soccombenti.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 5, comma 1 e 6, commi 1 e 3, della tabella A, parte 4, della Tariffa Forense (D.M. n. 127 del 2004), e dell’art. 91 c.p.c., in punto di quantificazione delle spese di giudizio liquidate, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, difetto di motivazione, giacchè il Giudice di appello, nel porre a carico della soccombente Equitalia Gerit s.p.a. la somma di Euro 400,00, non ha considerato che le parti appellate erano in realtà due, il che imponeva la condanna solidale dell’Agenzia delle Entrate, nè ha tenuto conto del valore della controversia, pari al quantum della iscrizione ipotecaria (Euro 25.494,00), e della depositata nota spese.

I motivi di ricorso vanno disattesi.

Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale espresso da questa Corte, in materia di spese processuali, il Giudice può disporre la compensazione anche senza fornire, al riguardo, alcuna motivazione, e senza che – per questo – la statuizione diventi sindacabile in sede di impugnazione e di legittimità, atteso che la valutazione dell’opportunità della compensazione, totale o parziale, delle spese rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della ricorrenza di giusti motivi, in quanto il sindacato del giudice di legittimità è limitato all’accertamento che non risulti violato il principio che le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa o che siano addotte ragioni palesemente o macroscopicamente illogiche e tali da inficiare, per la loro inconsistenza od evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale (Cass. n. 8623/2005; n. 5405/2004; n. 17962/2003).

Nel caso di specie, è stato accertato che il C. fu assoggettato ad esazione fiscale senza che ne ricorressero i presupposti in fatto, come pure riconosciuto in prime cure, e che ha dovuto far valere in giudizio il proprio diritto soggettivo, accollandosene le relative spese, ma lo stesso Giudice di appello ha ritenuto corretta la compensazione delle spese del primo grado di giudizio, valorizzando la circostanza che il contribuente non aveva “posto in essere nessun atto che potesse far sospendere la iscrizione ipotecaria da parte di Gerit s.p.a.”.

Il C., infatti, non aveva impugnato la cartella di pagamento, notificatagli il 14/6/2007, costituente l’atto presupposto dell’iscrizione di ipoteca effettuata dal Concessionario, giusta comunicazione del 28/3/2009, allorchè era già decorso – inutilmente – il termine di sessanta giorni dalla notificazione, come appunto previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, ma soltanto l’avviso di accertamento, a suo tempo notificatogli, in cui aveva trovato titolo l’intimazione di pagamento recata dalla cartella esattoriale, e che il provvedimento di sgravio delle somme iscritte a ruolo, da parte dell’Agenzia delle Entrate, era intervenuto l’8/6/2009, lite pendente (la sentenza n. 405/47/09 della CTP di Roma è stata depositata il 26/10/2009). La compensazione delle spese disposta dal Giudice non viene, pertanto, a rappresentare una determinazione del tutto arbitraria, e neppure si traduce in una lesione dell’effettività della tutela giurisdizionale, sicchè la soluzione adottata nella sentenza impugnata appare in linea con il sopra richiamato insegnamento giurisprudenziale in materia di spese di lite.

Quanto al secondo motivo, giova osservare che nel caso in cui la pretesa azionata sia stata delibata con sentenza non impugnata, in questa parte passata in giudicato, e rimanga ancora una residua materia del contendere, consistente esclusivamente nell’ammontare delle spese di lite, il dibattito processuale si concentra su queste ultime, che danno la misura dell’attività difensiva delle parti e rappresentano il “valore” della controversia residuale.

Mentre nel giudizio di primo grado, infatti, le spese di lite non hanno una propria autonomia al fine della loro liquidazione a carico della parte soccombente, ma conseguono alla soccombenza e non concorrono, a tal fine, a determinare il “valore della controversia”, nei successivi gradi di giudizio il rimborso delle spese di lite, ove oggetto di contestazione, può assumere una sua autonomia e diventare, appunto, oggetto del dibattito processuale.

Erra, pertanto, il ricorrente allorchè individua nell’importo di Euro 25.494,00 (“quantum dell’iscrizione ipotecaria”) “il valore della lite” per determinare le ulteriori spese di lite della fase processuale d’appello, avente ad oggetto unicamente le spese di lite della fase precedente, come da depositata nota spese, ed infondata si appalesa la dedotta violazione della Tariffa in quanto la doglianza del C. non rapporta la liquidazione di competenze ed onorari difensivi all’effettivo oggetto del giudizio di secondo grado, così da evidenziare una concreta violazione dei minimi tariffari.

E’ appena il caso di osservare che la “parte soccombente” è stata correttamente individuata dal Giudice di secondo grado nell’Agente della riscossione nella cui attività rientra l’imposizione della cautela ed a spese del quale è stata disposta la cancellazione della formalità, con decisione in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui “l’impugnazione dell’ipoteca, iscritta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 e del fermo di beni mobili registrati, iscritto ex art. 86 dello stesso D.P.R., costituisce un’azione di accertamento negativo della pretesa dell’agente della riscossione, sicchè dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione che si conclude con sentenza appellabile” (Cass. n. 24234/2015).

Segue, secondo soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente ritualmente costituita, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Equitalia Gerit s.p.a., delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 9.000,00, per compensi, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori di legge, da distrarre in favore dell’antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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