Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24394 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 18/11/2011), n.24394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

OFFICINE ACQUAVIVESI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del

ricorso, dagli Avv.ti De Zordo Agostino e Vito Antonio Martielli,

elettivamente domiciliata nello studio del primo, in Roma, Viale

Umberto Tupini, 133;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI Acquaviva delle Fonti, in persona del legale rappresentante

pro tempore;

– intimato –

AVVERSO la sentenza n.18/06/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di Bari – Sezione n. 06, in data 31/01/2008, depositata il

18 aprile 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

05 luglio 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il P.M. dott. VELARDI Maurizio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto a R.G. n. 13608/2009, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 18/06/2008, pronunziata dalla C.T.R. di Bari, Sezione n. 06, il 31.01.2008 e DEPOSITATA il 18 aprile 2008. Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato l’appello della contribuente, ritenendo fondata la pretesa impositiva del Comune.

2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione di avviso di liquidazione TARSU dell’anno 2001, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 124 disp. att. c.c., dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. nonchè del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62 e 70, del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62.

3 – L’intimato Comune, non ha svolto difese in questa sede.

4 – Le questioni poste dal ricorso vanno esaminate tenendo conto dell’orientamento giurisprudenziale da ultimo venutosi a consolidare.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentenze n. 13916/2006 e n. 24664/2007 hanno, infatti, affermato che il giudicato va assimilato agli elementi normativi, la cui interpretazione va effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme, e la relativa prova, ove lo stesso si sia formato dopo il deposito del ricorso per cassazione, può anche essere fornita nel corso del giudizio di legittimità e fino all’udienza di discussione, e deve essere rilevata anche d’ufficio, ancor quando nel rispetto del principio del contraddittorio. E’ stato, pure, deciso che nel processo tributario, il giudice del gravame non può trascurare, ma deve apprezzare ai fini della formazione del suo convincimento, anche gli elementi di prova desumibili dai documenti che la parte abbia allegato al processo mediante produzione per la prima volta in sede d’impugnazione (Cass. n. 11863/2003, n. 7329/2003, n. 2027/2003), avuto riguardo alla specifica disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2 nel caso applicabile ratione temporis, (Cass. n. 19162/2003), che, ha fatto, espressamente, “salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti”, senza alcun distinguo tra prove costituite e costituende (Cass. n. 20086/2005), ed al connesso obbligo del giudice (Cass. n. 6337/2002, n. 9109/2002, n. 3421/2001), nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, di verificarne la rilevanza nell’ambito specifico della fattispecie tributaria in esame.

D’altronde, è stato pure precisato che “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta” (SS.UU. n. 13916/2006, n. 10280/2000, n. 6883/2001).

4 bis Sembra che l’impugnata decisione abbia fatto malgoverno di tali principi, non avendo considerato che, alla stregua dei richiamati principi, il giudicato è rilevabile d’ufficio, fino all’udienza di discussione in Cassazione e che, pertanto, la sentenza n. 63/02/2006 della CTR di Bari, che munita di attestazione del passaggio in giudicato, si sostiene, senza contestazione, prodotta in copia conforme all’udienza del 31.01.2008, avrebbe dovuta essere esaminata, valutata e, ricorrendone i presupposti, specificamente valorizzata per la decisione del presente ricorso.

5 – Si ritiene, dunque, che il ricorso possa essere definito in camera di consiglio, proponendosi l’accoglimento per manifesta fondatezza del primo e del secondo motivo, assorbiti gli altri, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso e gli altri atti di causa;

Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione, ritiene di dover accogliere l’impugnazione, per manifesta fondatezza del primo e del secondo mezzo e, per l’effetto, cassare l’impugnata decisione, con assorbimento degli altri motivi;

Considerato che la causa va, quindi, rinviata ad altra sezione della CTR della Puglia, la quale procederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito, ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, motivando congruamente;

Visti gli artt. 375 e 380 bis del c.p.c..

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, nei sensi di cui alla parte motiva, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR della Puglia.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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