Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24393 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. II, 09/09/2021, (ud. 01/04/2021, dep. 09/09/2021), n.24393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24556-2019 proposto da:

R.M., rappresentato e difeso dall’avv. GIANDOMENICO DELLA

MORA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS) IN PERSONA DEL MINISTRO

PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositata il

03/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/04/2021 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con decreto in data 3.7.2019 il Tribunale di Trieste in composizione monocratica ha respinto il ricorso proposto dal cittadino (OMISSIS) R.M. contro il provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione emesso dalla Commissione Territoriale di Gorizia.

Ad avviso del Tribunale, sulla scorta dei parametri legali da utilizzare per la valutazione della fondatezza delle dichiarazioni dei richiedenti la protezione internazionale, le circostanze esposte in sede di audizione (fuga dal (OMISSIS) per sfuggire alle minacce di morte da parte di esponenti di un partito politico avversario) apparivano lacunose, generiche e non verificabili; che pertanto andava escluso il pericolo di persecuzioni per motivi razziali, religiosi o politici, presupposto per la concessione dello status di rifugiato; che non vi era spazio neppure per la protezione sussidiaria, mancando il requisito della minaccia grave alla vita o alla persona in ragione di un racconto stereotipato e mancando il presupposto della violenza indiscriminata caratterizzante un conflitto armato nel paese di origine ((OMISSIS)) tale da mettere in pericolo la vita del ricorrente; che l’inattendibilità delle dichiarazioni e la mancata deduzione di specifiche ragioni umanitarie non consentivano neppure l’accoglimento dell’istanza di protezione umanitaria.

Contro tale provvedimento il R. ricorre per cassazione con cinque motivi, mentre il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo si deduce la violazione DEL D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 35 e 35 bis, introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) convertito con modificazioni nella L. n. 46 del 2017 per mancato rispetto della competenza per materia delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.

1.2 Col secondo motivo si denunzia la nullità della sentenza per mancata applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 35 e 35 bis, introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) convertito con modificazioni nella L. n. 46/2017; si denunzia ancora mancata applicazione degli artt. 737 c.p.c. e ss.; erronea emissione del provvedimento finale nella forma dell’ordinanza ex art. 702 bis e ter c.p.c.; violazione del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4 bis per mancato rispetto della collegialità nella composizione del giudice e nullità della pronunzia per difetto di costituzione del giudice.

1.3 Col terzo motivo si denunzia ancora violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 6 citato e art. 738 c.p.c., commi 2 e 3. per mancata acquisizione delle conclusioni del Pubblico Ministero.

1.4 Col quarto motivo si deduce la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 32 e 14 e successive modifiche, per mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

1.5 Col quinto ed ultimo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, nonché del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 29 e art. 32, comma 3 – Violazione del principio di non refoulement – mancata concessione della protezione umanitaria.

2 I primi due motivi di ricorso – da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione – sono fondati.

La critica sostanzialmente mossa al decreto sta nella sua adozione in sede monocratica da parte di una sezione semplice, mentre invece per espressa previsione di legge doveva pronunciarsi la sezione specializzata in composizione collegiale.

Come si evince con chiarezza dal numero del procedimento riportato sul frontespizio del decreto impugnato (RG n. 1131/2018) il presente procedimento è stato promosso dopo il 17 agosto 2017 ed ha ad oggetto l’impugnazione “dei provvedimenti previsti dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 anche relativi al mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale a norma dell’art. 32, comma 3 medesimo D.Lgs.”.

Discende pertanto che a norma del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 46 del 2017 (norma che detta la disciplina transitoria) esso è soggetto alla competenza della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea D.L. n. 17 febbraio 2017, n. 13 (v. art. 3, comma 1, lett. c) ed è soggetto al rito disciplinato dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, introdotto dal citato D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g).

La decisione doveva inoltre essere adottata con decreto camerale dal Tribunale in composizione collegiale per espressa previsione legislativa.

Ed infatti, a parte la chiara disposizione dell’art. 3, comma 4 bis DL cit. (Le controversie sono decise dal tribunale in composizione collegiale…. in camera di consiglio) trova applicazione l’art. 50 bis c.p.c. – norma di carattere generale – che elenca le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale e tra queste indica quelle “devolute alle sezioni specializzate” (comma 1, n. 3); sempre l’art. 50 bis poi, con una norma di chiusura, stabilisce che “il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto”.

L’art. 50 quater c.p.c. disciplina a sua volta le conseguenze dell’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale, disponendo che “le disposizioni di cui agli artt. 50 bis e 50 ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l’art. 161, comma 1”.

Tornando al caso in esame, avendo il ricorrente fatto valere l’inosservanza con appositi motivi di impugnazione, il decreto impugnato è stato emesso dal Tribunale in composizione monocratica e quindi, in applicazione delle citate disposizioni, ne va dichiarata la nullità.

Il provvedimento va quindi cassato per nuovo esame del ricorso nel rispetto del rito previsto per le citate controversie, restando logicamente assorbito l’esame dei restanti motivi.

Il giudice di rinvio, che si individua nel Tribunale di Trieste in diversa composizione, procederà all’esito anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Trieste in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

 

 

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