Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24382 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. un., 03/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 03/11/2020), n.24382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CONTI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31744-2019 proposto da:

LIGI TECNOLOGIE MEDICALI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BISAGNO 14,

presso lo studio dell’avvocato GUERINO FARES MASSIMO OSCAR,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONIO NICOLA FORTUNATO, e

RICCARDO ROTIGLIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1932/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 25/03/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il dichiararsi l’inammissibilità

del ricorso.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La società Ligi Tecnologie Medicali S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione innanzi alle Sezioni Unite ai sensi sell’art. 111 Cost., affidato ad un unico motivo, contro il Ministero dello sviluppo economico, per ottenere la riforma della sentenza resa dal Consiglio di Stato, III sezione, n. 1932 del 25 marzo 2019 che, in riforma della sentenza resa dal Tar Lazio, respinse il ricorso volto all’annullamento del decreto di revoca di concessione provvisoria delle agevolazioni di cui al D.L. n. 415 del 1992 e di recupero dell’importo di Euro 574.116,21.

Il Ministero dello sviluppo economico si è costituito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

La società ricorrente ha dedotto con l’unico motivo proposto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, appartenendo a suo dire alla giurisdizione del giudice ordinario la lite concernente la revoca del contributo e delle conseguenti pretese restitutorie.

La stessa ricorrente ha poi depositato memoria, insistendo per la declaratoria di cessazione della materia del contendere in relazione all’annullamento del decreto oggetto di impugnazione medio tempore disposto da parte dell’Amministrazione.

Ricorrono i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso, essendo venuto meno l’interesse della ricorrente alla decisione del ricorso concernente il prospettato motivo di giurisdizione per effetto dell’annullamento in autotutela del decreto di revoca delle agevolazioni a suo tempo concesse alla società ricorrente.

Dovendo procedersi alla liquidazione delle spese del giudizio secondo le regole della soccombenza virtuale, le stesse vanno poste a carico della ricorrente, alla stregua dei principi consolidati di questa Corte secondo i quali l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione – cfr. Cass., S.U., 20 ottobre 2016, n. 21260 -. E poichè nel caso di specie la società ricorrente ha prospettato come motivo di ricorso il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo dalla stessa adito con ricorso accolto nel merito in primo grado dal TAR, con sentenza riformata in appello dal Consiglio di Stato, la stessa società non avrebbe potuto utilmente proporre ricorso innanzi a queste Sezioni Unite ponendo in discussione la giurisdizione del g.a.

In relazione all’inammissibilità sopravvenuta del ricorso non ricorrono i presupposti per disporre il raddoppio del contributo unificato a carico della parte ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dello sviluppo economico delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nelle Sezioni Unite civili, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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