Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24381 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. II, 09/09/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 09/09/2021), n.24381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 25861/2018) proposto da:

A.F., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale a rogito Notaio R. del 9 luglio 2018, dagli

Avv.ti Piero Petrocchi, e Massimo Scardigli ed elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Viale Angelico,

n. 42, nonché Avv. P.P., (C.F.: (OMISSIS)), in proprio,

rappresentato e difeso, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., da se stesso

ed anch’egli elettivamente domiciliato presso lo studio del citato

Avv. Massimo Scardigli, in Roma, Viale Angelico, n. 42;

– ricorrenti –

e

COMUNE DI FIRENZE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro-tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale

apposta in calce al controricorso, dagli Avv.ti Andrea Sansoni, e

Debora Pacini, e domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione, in Roma, piazza Cavour;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 385/2018 (pubblicata

il 6 febbraio 2018);

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 29

aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

lette le memorie depositate dalle difese di entrambe le parti ai

sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al Giudice di pace di Firenze il sig. A.F., cittadino (OMISSIS), avanzava opposizione, nei confronti del Comune di Firenze, avverso alcuni verbali di accertamento di violazioni al C.d.S. 1992 notificatigli per diverse violazioni amministrative consistite nell’aver fruito dell’ingresso non autorizzato in alcune ZTL del suddetto Comune, deducendone la nullità e, comunque, l’inefficacia per inesistenza della notificazione dei predetti verbali, avvenuta presso lo stesso in (OMISSIS) mediante diretto invio del plico a mezzo posta, attraverso l’E.M.O. (servizio privato di trasmissione atti). Aggiungeva l’opponente che lo Stato (OMISSIS) aveva espressamente rifiutato tale tipo di notificazione per gli atti amministrativi come risultava dalla comunicazione sull’entrata in vigore della Convenzione del 6 dicembre 1982, ragion per cui la notificazione dei verbali, così come avvenuta a mezzo posta, non avrebbe potuto considerarsi valida.

Si costituiva in giudizio il Comune di Firenze, il quale eccepiva, in primo luogo l’inesistenza/nullità della procura rilasciata al difensore per difetto di autenticazione in lingua italiana della stessa e per essere stata prodotta solo in fotocopia e, nel merito, insisteva nel rigetto dell’opposizione.

Con sentenza n. 4628/2015 l’adito Giudice di pace dichiarava l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto oltre il termine di 60 giorni dalla notifica dei verbali effettuata in (OMISSIS), rilevando che le dedotte irregolarità della notificazione erano state superate dal raggiungimento dello scopo.

2. Decidendo sull’appello formulato da A.F. e nella costituzione dell’appellato Comune di Firenze (che ribadiva l’eccezione di invalidità della procura dell’appellante, ricorrente in primo grado), il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 385/2018 (pubblicata il 6 febbraio 2018), rigettava il gravame in base all’assorbente ragione della fondatezza della dedotta eccezione di difetto di procura e condannava il difensore dell’appellante, in proprio, quale ritenuto falsus procurator, al rimborso, in favore dell’ente appellato, delle spese di costituzione e difesa.

3. Il soccombente appellante e il difensore dello stesso avv. P.P., in proprio, hanno proposto congiuntamente, avverso la suddetta sentenza del Tribunale fiorentino, ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

Il Comune di Firenze ha resistito con controricorso.

Le difese di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. sul presupposto dell’asserita erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui aveva ritenuto inesistente la procura in atti allorquando il Comune, nel corso dell’intero giudizio, ne aveva eccepito soltanto la nullità.

2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c., comma 2, in combinato disposto con gli artt. 2702 e 2703 c.c., prospettando l’erroneità della sentenza del Tribunale di Firenze laddove aveva dichiarato la procura redatta ed autenticata dal notaio (OMISSIS) addirittura inesistente, sul presupposto che non vi fosse alcuna certezza sull’autografia in quanto scritta in (OMISSIS) su un foglio ancora diverso dal testo della procura e pinzato con un timbro vuoto privo di riferimento all’ordine professionale notarile e che, inoltre, tale vizio discendeva anche dalla circostanza che la presunta autenticazione della firma non era scritta in lingua italiana, in contrasto con l’art. 122 c.p.c.

3. Con la terza doglianza i ricorrenti hanno prospettato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, non avendo il giudice di appello concesso, nel corso del giudizio, una volta rilevato il presunto vizio della procura, il termine per sanatoria di cui allo stesso art. 182, comma 2.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 6 e 11, comma 2, della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977, dell’art. 201 C.d.S., comma 1, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 3.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti hanno dedotto – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, con riferimento alla parte in cui, con l’impugnata sentenza, si era ritenuto che, quand’anche la notifica dei verbali fosse stata irregolare, essa aveva raggiunto lo scopo e che, pertanto, il cittadino straniero si era opposto ai verbali sanzionatori, depositando il ricorso oltre il termine di 60 giorni previsto in caso di notifiche effettuate all’estero.

6. Con il sesto motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 385 avuto riguardo all’asserita illegittimità delle modalità di notificazione degli opposti verbali di accertamento eseguite dalla Nivi Credit s.r.l., attraverso la propria divisione E.M.O., siccome mediante le realizzate modalità la citata E.M.O. non si era limitata ad attività esecutive o di mera postalizzazione.

7. Con il settimo ed ultimo motivo del ricorso è stata prospettata – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e art. 94 c.p.c., sul presupposto che, con l’impugnata sentenza, il difensore dell’appellante era stato condannato in proprio al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado, pur non sussistendo i gravi motivi che avrebbero potuto legittimare tale statuizione, oltretutto nemmeno specificati nella sentenza stessa.

8. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato perché, a prescindere dal fatto dell’irrilevanza della qualificazione del vizio afferente la procura in questione ai fini dell’art. 112 c.p.c., dagli atti emerge che il Comune di Firenze aveva eccepito che la procura era stata rilasciata in violazione del R.D.L. n. 1796 del 1925, art. 1 e art. 122 c.p.c. e, quindi, aveva prospettato anche il vizio di inesistenza dell’atto come previsto dal R.D.L. n. 1796 del 1925, art. 1, comma 2.

9. Inammissibile e’, invece, la seconda doglianza.

Infatti, dall’esame del suo contenuto, emerge che con esso le parti ricorrenti hanno censurato – con riferimento alla prospettata questione – la “ratio” dell’impugnata sentenza soltanto con riguardo alla rilevanza invalidante dell’autenticazione della firma siccome scritta solo in lingua (OMISSIS), ma non anche in relazione all’accertata produzione della procura in fotocopia (e non in originale), al rilevato difetto di certezza sull’autografia in quanto redatta in lingua (OMISSIS) su un foglio ancora diverso dal testo della procura e pinzato con un timbro non riconducibile all’Ordine notarile, oltre che in ordine all’illeggibilità della firma del notaio che, oltretutto, non seguiva immediatamente il testo del negozio giuridico della parte conferente la procura.

Deve, pertanto, trovare qui applicazione il generale principio affermato costantemente nella giurisprudenza di questa Corte (v., tra le tante, Cass. n. 2108/2012 e Cass. n. 11493/2018) secondo il quale, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa.

10. Il terzo motivo è privo di fondamento e deve, perciò, essere respinto.

Invero, va osservato che nel caso in cui l’eccezione di radicale nullità di una procura “ad litem” di una parte processuale sia stata tempestivamente proposta dall’altra (come è incontestato nel caso di specie), la prima deve produrre immediatamente la documentazione necessaria a tal proposito, non occorrendo a tal fine assegnare, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., un termine di carattere perentorio per provvedervi, giacché sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire ed attivarsi per conseguire la sanatoria (ciò che non è avvenuto nella controversia di discorso), in mancanza della quale la nullità diviene insanabile. Questo principio è stato enunciato dalla condivisibile prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 24212/2018 e Cass. n. 22564/2020), che ha trovato recentemente conferma nella sentenza delle Sezioni unite n. 2866/2021.

Ne deriva che, nel caso di cui trattasi, non è legittimamente predicabile quanto sostenuto nel motivo in esame, con conseguente inammissibilità complessiva dell’argomento, risultando inutile l’adozione dell’ordine ex art. 182 c.p.c., comma 2, per effetto della già chiaramente formulata eccezione del Comune di Firenze, che imponeva al trasgressore di attivarsi per la sanatoria, in mancanza della quale la nullità è divenuta insanabile, così, dovendosi ritenere che la parte, la quale non abbia inteso adeguare tempestivamente la documentazione procuratoria all’eccezione della controparte, abbia inteso assumersi il rischio che quest’ultima, in qualunque stato e grado del processo essa sia ancora esaminabile, possa essere condivisa in sede di decisione.

11. I motivi dal quarto al sesto – attinenti alla prospettazione di asseriti vizi riguardanti le modalità di notificazione dei verbali di accertamento – devono ritenersi assorbiti per effetto della rilevata infondatezza dei precedenti tre, in conseguenza della cui pronuncia è stata ravvisata la legittimità del rigetto dell’appello con l’impugnata sentenza da parte del Tribunale di Firenze sulla scorta della esclusiva e decisiva ragione dell’inesistenza della procura.

12. E’, invece, fondato il settimo ed ultimo motivo, che è provvisto di una sua autonomia e deve, quindi, essere esaminato siccome attiene alla dedotta violazione dell’art. 94 c.p.c.

Nell’impugnata sentenza il Tribunale fiorentino ha giustificato la condanna disposta direttamente a carico del difensore della parte appellante considerandolo come un “falsus procurator” sulla scorta dell’assorbenza del motivo sul difetto di procura.

Così decidendo, però, il citato Tribunale non ha tenuto conto della necessità della duplice attività valutativa che sarebbe stato necessario compiere alla luce del principio statuito in materia dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 10706 del 2006.

Con essa, infatti, è stato chiarito che, in tema di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura “ad litem” o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura “ad litem”, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo.

Nel caso di specie risulta evidente che, per lo sviluppo della vicenda processuale, il difensore dell’appellante aveva agito in virtù di una procura comunque conferitagli “ab initio”, indipendentemente dalla circostanza della sua successiva dichiarazione di invalidità in sede giudiziale, il che non avrebbe potuto farlo considerare un “falsus procurator”, ragion per cui erano insussistenti i “gravi motivi” tali da legittimare una possibile pronuncia riconducibile all’art. 94 c.p.c..

Deve, perciò, essere – per effetto dell’accoglimento dell’esaminato motivo – enunciato il principio di diritto secondo cui, in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore sulla base di una procura “ad litem” rilasciata in territorio estero e dichiarata per tale ragione invalida nel giudizio di merito, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale svolta è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo (cfr. Cass. n. 7319/2015).

13. In definitiva, previo rigetto dei primi tre motivi e dichiarazione dell’assorbimento dei motivi dal quarto al sesto, deve essere accolto il settimo ed ultimo motivo.

Da ciò consegue la cassazione dell’impugnata sentenza in ordine alla censura ritenuta fondata, con derivante relativa cassazione dell’impugnata sentenza ed il correlato rinvio della causa al Tribunale di Firenze in composizione monocratica (in persona di altro magistrato), che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto come in precedenza enunciato, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il settimo motivo del ricorso, rigetta i primi tre e dichiara assorbiti il quarto, quinto e sesto.

Cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Firenze in composizione monocratica, in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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