Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24380 del 30/09/2019

Cassazione civile sez. II, 30/09/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 30/09/2019), n.24380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15763/2017 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO, 12/D, presso lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI,

rappresentato e difeso dagli avvocati DOMENICO PIZZILLO, CARMELO

SANDOMENICO, ITALO CASTALDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

19/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/02/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:

che il signor S.A. ha proposto ricorso, sulla scorta di un unico motivo, per la cassazione del decreto con cui la corte d’appello di Roma, accogliendo l’opposizione avanzata dal Ministero della giustizia ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, ha dichiarato inefficace – e, per l’effetto, revocato – il decreto emesso in suo favore ai sensi dell’art. 3 della stessa legge, dichiarando altresì improponibile la sua domanda di equa riparazione;

che la corte capitolina ha motivato la propria decisione con riferimento al disposto della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, rilevando come, nella specie, il decreto monitorio fosse stato notificato oltre la scadenza del termine di trenta giorni previsto da detta disposizione;

che il Ministero della giustizia ha depositato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 14 febbraio 2019, per la quale non sono state presentate memorie.

considerato:

che con l’unico mezzo di ricorso il signor S. lamenta la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, comma 2 e dell’art. 644 c.p.c., in cui la corte d’appello sarebbe incorsa limitandosi a dichiarare la sopravvenuta inefficacia del decreto monitorio, senza pronunciarsi, nella pienezza del contraddittorio delle parti, sul merito della domanda giudiziale introdotta con il ricorso di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 1;

che il ricorrente invoca il precedente di questa Corte n. 20695/16, che ha affermato il principio che “In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l’inefficacia del decreto ingiuntivo reso della L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 5, perchè notificato oltre il termine previsto dall’art. 5, comma 2, di quest’ultima, deve essere fatta valere con l’opposizione di cui al successivo art. 5-ter, la quale, instaurando il contraddittorio tra le parti, impone alla corte di appello non solo di esaminare l’eccezione d’inefficacia di quel decreto ma anche di valutare la fondatezza, o meno, della domanda introdotta con il ricorso monitorio”;

che, al riguardo, il Collegio osserva come, nel caso esaminato nel precedente sopra richiamato, la parte aveva notificato due volte il decreto monitorio all’Amministrazione, una prima volta con notifica tempestiva ma invalida e una seconda volta con notifica tardiva ma valida;

che la giurisprudenza successiva ha quindi avuto modo di precisare e definire con maggior precisione la portata del principio espresso in Cass. n. 20695/16, distinguendo, con riferimento alla notifica del decreto monitorio di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 3, l’ipotesi della notifica nulla ma tempestiva dall’ipotesi della notifica (eventualmente valida ma) tardiva;

che, infatti, il principio espresso in Cass. n. 20695/16 va rettamente riferito all’ipotesi della notifica nulla ma tempestiva (i-cui fa riferimento anche Cass. 21420/18), nella quale la nullità della notifica vale ad impedire il decorso del termine di opposizione (giacchè il vizio della notifica impedisce di presumere che il decreto sia giunto a conoscenza dell’Amministrazione destinataria) ma non rende il decreto inefficace (giacchè la tempestiva effettuazione della notifica, ancorchè invalida, esclude l’inerzia del ricorrente);

che, per contro, nell’ipotesi di notifica tardiva (ancorchè valida) ricorre la situazione di inerzia del ricorrente a cui la L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2 – sulla base di una presunzione assoluta di perdita di interesse alla procedura, analoga a quella sottesa al disposto dell’art. 644 c.p.c. – ricollega la perdita di efficacia del decreto monitorio;

che, peraltro, la L. n. 89 del 2001 (art. 5, comma 2, u.p.) prevede espressamente, a differenza dalla disciplina del decreto ingiuntivo dettata dal codice di rito, che la perdita di efficacia del decreto implica la non riproponibilità della domanda, cosicchè, se tale inefficacia deve pur sempre farsi valere con tempestiva opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, l’oggetto di quest’ultima resta tuttavia limitato all’accertamento della inefficacia del decreto, restando la cognizione del merito comunque preclusa dal menzionato divieto di riproposizione della domanda;

che, quindi, in definitiva, deve qui darsi seguito alla sentenza n. 2656/17 (che ha affermato che la tardiva notifica del decreto monitorio comporta, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, l’inefficacia dello stesso e l’improponibilità della domanda indennitaria, altresì giudicando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di tale disciplina) ed alla sentenza n. 10879/18 (che ha affermato che la tardiva notifica del decreto emanato ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, comporta l’inefficacia dello stesso e l’improponibilità della domanda indennitaria ex art. 5, comma 2, della stessa legge, diversamente da quanto previsto dal sistema di cui agli artt. 633 c.p.c. e segg., nell’ambito del quale, mancando un divieto di riproponibilità della domanda, l’eventuale inefficacia del decreto impone, comunque, per ragioni di economia processuale, l’esame nel merito della pretesa);

che, in conclusione, il ricorso va rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;

che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, risultando dagli atti che il processo è esente dal pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere al Ministero contro ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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