Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24380 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.M., nato in (OMISSIS), rappresentato e

difeso, per procura a margine del ricorso, dall’avv. Aveni Giuseppe e

con lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Timavo n. 3

(studio avv. Francesco Favi);

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI MESSINA in persona del Prefetto, ex

lege domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimata –

avverso il decreto del Giudice di pace di Messina nel procedimento n.

444/2010 del R.G. n.c. emesso l’8 marzo 2010;

Sentito alla adunanza in camera di consiglio del 27 ottobre 2011 il

P.M. Dott. RUSSO Rosario Giovanni che nulla ha osservato sulla

relazione.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.C.:

“FATTO: B.M., cittadino extracomunitario del (OMISSIS), si è opposto, dinanzi al Giudice di pace di Messina, al decreto di espulsione del locale Prefetto con ordine di accompagnamento alla frontiera del Questore, atti emessi entrambi il 17 novembre 2009 e notificati in pari data all’opponente. Con l’opposizione l’espulso deduceva la nullità del decreto e degli atti consequenziali, per violazione del suo diritto di difesa, affermando che il decreto espulsivo era una semplice riproposizione di altro identico provvedimento del Prefetto di Messina del 4 maggio 2009, annullato dal giudice di pace della stessa città, con provvedimento del 3 agosto 2009. In ogni caso, ad avviso dell’opponente, il decreto opposto era nullo per non avere il Prefetto tradotto in lingua comprensibile all’espulso gli atti emessi nei suoi confronti, oltre che per carenza di motivazione e omessa valutazione degli elementi di fatto che impedivano l’espulsione, per essere il B. perseguitato nel suo paese d’origine, con violazione della L. n. 286 del 1998, art. 2 per avere leso il diritto del cittadino straniero di prendere contatto con le autorità del paese di cui egli è cittadino.

L’opponente aveva anche una stabile relazione con una cittadina del suo paese regolarmente residente in Italia, dalla unione con la quale era nato da pochi mesi un figlio; dopo che la Questura di Messina depositava l’8 febbraio 2010 note di replica, l’opponente insisteva nelle sue istanze.

Il giudice di pace di Messina ha respinto l’opposizione e affermato anzitutto che era erroneo ritenere il decreto opposto ripetizione di un identico atto precedente del 17 marzo 2009 mai eseguito, ma non annullato dallo stesso giudice di pace adito, che anzi aveva respinto detta opposizione, per cui l’opponente avrebbe dovuto lasciare il paese in esecuzione di tale pregressa espulsione, dovendosi negare che il successivo decreto espulsivo del 4 maggio 2009, annullato per l’accoglimento dell’opposizione, precludesse l’esecuzione dell’altro precedente provvedimento, non annullato, del 17 marzo 2009.

Superato il profilo di opposizione conseguente alla mancata traduzione degli atti nella lingua dell’opponente, sussistendo comunque una traduzione degli atti nelle tre lingue ufficiali, dagli stessi atti risultavano le ragioni tecnico organizzative per le quali si era imposta la traduzione nelle tre lingue ufficiali, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7. Essendo stata impossibile la traduzione nella lingua di nascita dell’espulso, il decreto afferma che il B. conosceva l’italiano, come accertato anche dal giudice di pace; ritenute infondate anche le deduzioni su persecuzioni religiose subite dall’opponente, non palesandosi per il B. stesso tale situazione ed essendo lo stesso rientrato in Italia, senza sanare la sua posizione irregolare nè fruendo di alcun mezzo di sostentamento per essere disoccupato, l’atto espulsivo è stato ritenuto corretto per i profili indicati.

Considerato poi che la convivenza con la concittadina dal rapporto con la quale era nato un figlio, non costituisse causa ostativa all’espulsione in base alla legge, per la quale rileva solo la famiglia fondata sul matrimonio e non la convivenza more uxorio, il giudice la ritenuto infine che i provvedimenti opposti erano stati notificati nella lingua del (OMISSIS), la cui ambasciata in Roma era stata pure informata dell’espulsione, avendo l’opponente rifiutato di prendere contatto con detta rappresentanza diplomatica. Avverso il richiamato decreto dell’8 marzo 2010, il B. propone ricorso notificato al Prefetto di Messina il 27-29 aprile 2010, e articolato in tre motivi.

DIRITTO – Il primo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia su un motivo di opposizione al decreto e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 2, comma 7 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione di dette norme e omessa motivazione su punto decisivo della controversia, per non avere il giudice di pace affrontato la questione proposta a pag. 9, rigo 3, dell’opposizione, della mancata attestazione di conformità all’originale della copia informe del provvedimento espulsivo consegnata al ricorrente, con conseguente nullità dell’atto notificato e della decisione su di esso oggetto di ricorso. Risulta formulato quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. sia in ordine alla nullità per omessa pronuncia della sentenza impugnata che alla nullità del provvedimento di espulsione in copia di cui non è attestata la conformità all’originale.

Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione del giudicato, ai sensi dell’art. 2909 c.c., non avendo il giudice adito rilevato il precedente suo provvedimento che aveva annullato analogo atto di espulsione, dovendo ritenersi quindi giustificata la permanenza del ricorrente nel territorio italiano dalla esistenza di altro provvedimento espulsivo del 17 marzo 2009, non annullato in sede giudiziaria, la cui mancata esecuzione giustificava l’ordine di accompagnamento dello straniero alla frontiera.

Ad avviso del ricorrente la circostanza indicata dal provvedimento oggetto di ricorso non costituiva ratio decidendi della sentenza, che ha ritenuto ingiustificata la permanenza del B. in Italia, a differenza di quanto affermato nella sentenza costituente giudicato, per avere escluso che l’opponente possa qualificarsi rifugiato per effetto di persecuzioni religiose, non sussistendo alcuna istanza di permesso provvisorio o per il riconoscimento dello stato di rifugiato da parte dell’espulso.

Il terzo motivo di ricorso lamenta infine il mancato uso della lingua (OMISSIS) nel provvedimento con violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, e art. 13, comma 7, violandosi in tal modo anche l’art. 3, comma 3 del regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 394 del 1999.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato in quanto è nullo il provvedimento di espulsione amministrativa che sia notificato all’espulso in copia di cui non è attestata la conformità all’originale da pubblico ufficiale, che abbia poteri di autenticazione ai sensi della L. 4 gennaio 1988, n. 15, art. 14, come riaffermato più volte da questa Corte (Cass. n. 17960 del 2004 e 13871 del 2001, tra altre).

Il giudice adito ha erroneamente e implicitamente respinto il motivo di opposizione relativo alla mancata attestazione di conformità all’originale della copia del provvedimento amministrativo consegnato all’opponente, che è causa di nullità dell’atto che avrebbe dovuto determinare l’annullamento della espulsione, con assorbimento degli altri motivi di ricorso, sul preteso giudicato e sulla violazione dei diritti di difesa per omessa traduzione nella lingua del B. degli atti del procedimento. In conclusione, il relatore opina che il primo motivo di ricorso sia manifestamente fondato e chiede al Presidente della sezione di fissare l’adunanza in camera di consiglio per la decisione ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il collegio, esaminati la relazione e gli scritti difensivi in atti, dopo avere rilevato dagli atti del processo che effettivamente al ricorrente era stata consegnata una copi dell’atto amministrativo oggetto di ricorso in sede giurisdizionale, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta, ritenendo che l’accoglimento del primo motivo di ricorso assorba gli altri profili della impugnazione, potendo il giudice del rinvio rivalutare sia l’eccezione di giudicato già respinta che la questione della lingua come proposta con l’opposizione.

Il ricorso deve quindi essere accolto e il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio della causa al giudice di pace di Messina in persona di diverso giudicante, perchè si pronunci sulla opposizione, disponendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato; rinvia la causa al giudice di pace di Messina in persona di diverso giudicante, perchè provveda anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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