Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24376 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

55, presso lo studio dell’avvocato GAETA ALESSANDRO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PETRONE DAIBERTO giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 1784/09 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 25/09/09, depositato il 16/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata in cancelleria il 17.01.2011 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

1.1. E’ impugnato il decreto 16 dicembre 2009 della Corte di appello di Napoli che ha respinto la domanda di indennizzo proposta da P.M. per la durata eccessiva di un procedimento penale subito dinanzi al Tribunale di Salerno iniziato nel 2000 e definito con sentenza del 20 novembre 2008 che ha dichiarato estinti per prescrizione i reati di falso e tentata truffa allo stesso ascritti.

2. Il P. ha proposto ricorso affidato a tre motivi (il primo si concreta nel mero rilievo che l’atto è ammissibile); con i primi due dei quali ha dedotto violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e difetti di motivazione, assumendo che l’esito del giudizio non può incidere sul diritto a pretenderne una durata ragionevole, nè escludere l’ansia per il suo irragionevole protrarsi a meno che la sua durata non sia dovuta a comportamenti dilatori dello stesso imputati rivolti a trame indebito vantaggio.

3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 ed essere accolto con riguardo ai motivi suddetti se sono condivise le considerazioni che seguono: la Corte di appello ha ignorato del tutto la giurisprudenza di legittimità assolutamente consolidata nell’enunciare il principio che “L’equa riparazione per il mancato rispetto del termine ragionevole del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non può essere esclusa per il semplice fatto che il ritardo nella definizione del processo penale abbia prodotto l’estinzione, per prescrizione, del reato addebitato al ricorrente, occorrendo invece apprezzare, ai fini del diniego di accoglimento della relativa domanda, se l’effetto estintivo della prescrizione stessa sia intervenuto o meno a seguito dell’utilizzo, da parte dell’imputato, di tecniche dilatorie o di strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa, ben potendo un effetto del genere prodursi, in tutto o almeno in parte (ed, in questa seconda ipotesi, con valenza preponderante), indipendentemente da simili tecniche e da tali strategie, ovvero dalla reale volontà dell’imputato ed a causa, piuttosto, del comportamento delle autorità procedenti, senza che, in quest’ultimo caso, la mancata rinuncia alla prescrizione ad opera dell’imputato medesimo possa ritenersi di per sè in grado di elidere il danno, patrimoniale o non patrimoniale, conseguente alla durata irragionevole” (Cass. 17552/2006; 7808/2005; 12935/2003; 15449/2002).

4. Nel caso,invece la decisione impugnata ha escluso il diritto del ricorrente all’equa riparazione automaticamente,per il fatto obbiettivo che il procedimento penale sia stato definito con declaratoria di prescrizione dei reati ed in base alla presunzione che siffatta conclusione avesse avvantaggiato l’imputato: senza alcuna indagine perciò sul comportamento di quest’ultimo in merito alla durata del processo, ed anzi rilevando soltanto che dopo alcuni rinvii dovuti ad impedimento del giudice i difensori all’udienza del 25 gennaio 2008 avevano insistito per la sua definizione con declaratoria della prescrizione:invece protrattasi ancora per circa un anno.

5. Resta assorbito l’ultimo motivo relativo alla regolamentazione delle spese processuali.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.

4. – il decreto impugnato va pertanto cassato con rinvio alla Corte di appello di Napoli che si adeguerà ai principi esposti e provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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