Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24376 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. un., 03/11/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 03/11/2020), n.24376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di sez. –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di sez. –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11651-2019 proposto da:

Z.M., D.A., G.F., DE.MA.,

ZO.RO., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato MAURO MONTINI, –

STUDIO LEGALE LESSONA, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SANDRO MAINARDI;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE

DEI CONTI PER L’EMILIA ROMAGNA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 698/2018 della CORTE DEI CONTI – SECONDA

SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il

20/12/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Sandro Mainardi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Zo.Ro., De.Ma., D.A., G.F., Z.M. hanno proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 111 Cost., affidato a due motivi, contro il Procuratore regionale per la sezione giurisdizionale dell’Emilia Romagna ed il Procuratore generale presso la Corte dei Conti, impugnando la sentenza della Corte dei Conti, sezione seconda giurisdizionale centrale di Appello n. 698, depositata il 28 dicembre 2018, che aveva rigettato l’appello proposto dai ricorrenti contro la sentenza della sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna n. 3/2015.

I giudici contabili di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per l’Emilia Romagna avevano condannato, per quel che qui interessa, gli odierni ricorrenti al pagamento in favore del comune di Cervia della somma di Euro 100.000,00 comprensiva di accessori, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali lo Zo. all’epoca dei fatti Sindaco del comune – nella misura del 50 % e il De., il D., la G. e lo Z. – allora Assessori del medesimo comune – nella misura del 20 % in quote uguali tra loro.

L’azione promossa prendeva le mosse da alcune delibere adottate dalla Giunta e dal Sindaco con le quali si era disposto dapprima di indire una selezione per la nomina con contratto a tempo determinato di un direttore generale al di fuori della dotazione organica del comune di Cervia, avviando la procedura prevista dall’art. 34, comma 5 Regolamento degli Uffici e dei servizi di detta amministrazione comunale senza tuttavia prevedere il requisito della laurea, bensì il diploma di scuola secondaria di secondo grado o titolo superiore, oltre all’esperienza di sette anni presso altri enti locali, di cui quattro continuativi in qualità di direttore generale.

Con successivi provvedimenti sindacali il sindaco Zo. aveva assunto con contratto a tempo determinato per la figura di direttore generale il Sig. R.M., privo di diploma di laurea ma munito di diploma di geometra e di esperienza continuativa presso i comuni di Alfonsive e Russi in qualità di direttore generale dall’1.12.1999 al 14.6.2004 e dal 16.6.2004 al 1.7.2009.

La Corte dei Conti, sezione seconda giurisdizionale rigettava l’appello proposto dal sindaco e dagli assessori e riteneva che la nomina del direttore generale del comune di Cervia fosse avvenuta in un momento immediatamente precedente alla novella normativa che aveva espressamente introdotto il possesso del titolo di studio universitario quale requisito essenziale per il conferimento degli incarichi di natura dirigenziale, pure aggiungendo che già in epoca precedente la prassi amministrativa aveva affermato l’obbligatorietà di tale requisito.

Secondo il giudice di appello la previsione di assunzione della dirigenza al di fuori dei pubblici concorsi costituiva ipotesi alternativa per evenienze di carattere straordinario ed eccezionale correlate a particolari condizioni di necessità organizzativa ed in ogni caso temporalmente circoscritte. Pertanto, secondo il giudice contabile proprio in ragione del carattere derogatorio del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 6 – corrispondente all’art. 110 t.u.e.l. per gli enti locali- era necessaria una puntuale motivazione delle ragioni dell’affidamento e delle condizioni idonee a giustificare il superamento dei requisiti generalmente richiesti.

Secondo la Corte dei Conti il requisito della laurea era dunque essenziale per accedere non solo agli incarichi dirigenziali a tempo indeterminato ma anche per gli incarichi dirigenziali a tempo determinato nella p.a. qual era quello di direttore generale, tenuto conto della completa equiparazione della figura del direttore generale a quella dei dirigenti pubblici. Andava pertanto esclusa l’equiparazione del direttore generale ad una figura di funzionario onorario estraneo all’organigramma dell’amministrazione, ancorchè assunto con un contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 110 T.U.E.L., soggiacendo i dirigenti incaricati ai sensi della cennata disposizione al medesimo regime normativo dei dipendenti pubblici. Inoltre, l’indefettibilità del requisito del diploma di laurea era desumibile in maniera dirimente dagli artt. 24, 26 e 34, comma 5 del regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi e dall’art. 4 del regolamento dei concorsi per il reclutamento. Da qui la conclusione che all’epoca dei fatti, secondo la regolamentazione comunale, l’accesso alla dirigenza ed alla direzione generale richiedeva sempre ed espressamente il requisito del possesso della laurea, con espresso richiamo al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 28 e non dell’art. 19 medesimo decreto.

Il Procuratore generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti sì è costituito con controricorso.

Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o in subordine per il rigetto.

La causa è stata posta in decisione all’udienza pubblica del 6 ottobre 2020.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione della L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1, L. n. 241 del 1990, art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 180,D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 6 nella formulazione antecedente al D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 40, comma 1, lett. e), nn. 1 e 2 24, artt. 97 e 111 Cost. sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale.

1.1. Secondo i ricorrenti la Corte dei Conti avrebbe travalicato i limiti della propria giurisdizione nel ritenere il titolo di studio della laurea quale indefettibile requisito per il conferimento dell’incarico di dirigente generale non di ruolo. Nel caso di specie l’operato del giudice contabile avrebbe superato il controllo di logicità, ragionevolezza ed economicità dell’azione amministrativa imponendo un requisito non previsto dalla legge, trasfigurando il contenuto dell’art. 19, comma 6. Il giudice di appello avrebbe peraltro contraddittoriamente affermato per l’un verso che il titolo di studio della laurea non costitutiva un elemento indefettibile per il conferimento di incarichi dirigenziali (pag. 12), salvo poi affermare il contrario a pag.13 della sentenza, apparendo comunque evidente la violazione della disciplina di legge dell’epoca come interpretata dalla giurisprudenza di questa stessa Corte.

1.2. La Corte dei conti, tenuto conto delle coordinate normative e giurisprudenziali pertinenti – D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 6 e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 108 – nello scrutinare la ragionevolezza della scelta a suo tempo operata dagli amministratori del comune di Cervia in merito al conferimento dell’incarico di direttore generale, sarebbe andata oltre il controllo solamente estrinseco dell’agire discrezionale della pubblica amministrazione, sostituendosi all’amministrazione.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione della L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1, nella formulazione antecedente al D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 40, comma 1, lett. e), nn. 1 e 2, artt. 24, 97 e 111 Cost. sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale.

Con tale censura i ricorrenti contestano la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe considerato l’esistenza del requisito della laurea ai fini del conferimento dell’incarico di direttore generale a tempo determinato nei regolamenti comunali del comune di Cervia. Secondo i ricorrenti dovrebbe escludersi che le previsioni regolamentari concernenti l’ordinamento degli uffici e dei servizi del comune di Cervia rinviassero ai requisiti di accesso alla qualifica dirigenziale, limitandosi piuttosto a richiamare la procedura di reclutamento utilizzata per il conferimento di tali incarichi.

2.1. Parimenti erroneo risulterebbe il richiamo alle disposizioni del regolamento comunale relativo alla disciplina dei concorsi e delle altre procedure selettive per l’accesso all’impiego, le stesse riferendosi ai requisiti di accesso alla qualifica dirigenziale di ruolo e non a quella di incarico fiduciario a termine. La Corte dei conti avrebbe quindi errato nel non dare rilievo all’esperienza professionale acquisita sul campo dal soggetto poi individuato come vincitore della selezione, al cui interno era stato individuato quale requisito l’esperienza pluriennale e continuativa nel ruolo di direttore generale presso altre amministrazioni comuni, regolarmente posseduta dal Signor R. e mai disconosciuta nemmeno dalla Procura regionale.

3. Occorre in limine rilevare che i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono ammissibili poichè la censura con la quale si contesta l’eccesso di potere giurisdizionale ascrivibile al giudice di appello è ammissibile innnanzi a queste Sezioni Unite ancorchè il vizio di eccesso di potere giurisdizionale non sia stato prospettato in grado di appello, alla stregua della giurisprudenza consolidata sul punto – cfr. Cass., S.U., 5.2.2019 n. 31754, Cass., S.U., n. 10265 del 2018, Cass., S.U. n. 9680/2019 -.

4. Venendo al merito delle censure, con le stesse i ricorrenti deducono il travalicamento dell’attività giurisdizionale posta in essere dalla Corte dei Conti in primo ed in secondo grado che, nel ritenere l’esistenza del requisito del titolo accademico per l’accesso alla funzione di direttore generale del comune di Cervia a tempo determinato, avrebbe invaso il merito dell’azione amministrativa invece riservato al comune di Cervia.

5. Ora, mette conto ricordare che secondo la giurisprudenza di queste Sezioni Unite l’insindacabilità “nel merito” delle scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti non comporta che esse siano sottratte ad ogni possibilità di controllo, e segnatamente a quello della conformità alla legge che regola l’attività amministrativa, con la conseguenza che il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria giurisdizione quando accerta la mancanza di tale conformità – cfr. Cass., Sez. un., n. 5490 del 2014, Cass., S.U. n. 9680/2019 -. Sul punto, infatti, già Cass., S.U., n. 14659/2011 ebbe a sottolineare che in sede di giudizio di responsabilità amministrativo-contabile la Corte dei Conti non compie alcuna invasione del merito quando essa si mantiene nell’ambito di un puro controllo di legittimità.

6. La sottolineatura che queste Sezioni Unite hanno nel tempo inteso operare è dunque collegata alla netta differenziazione che occorre fare tra la valutazione (insindacabile) dell’amministrazione sul merito e sulla discrezionalità delle scelte dalla stessa operate e la verifica della legittimità delle stesse, invece pienamente consentita al giudice contabile.

7. Orbene, muovendosi nel perimetro dei principi sopra ricordati, queste Sezioni Unite osservano che i ricorrenti muovono dal postulato che il sindacato svolto in concreto dal giudice contabile avrebbe invaso il merito della scelta dell’amministrazione comunale in ordine all’assunzione del direttore generale, tralasciando di considerare la intrinseca portata della censura che si appunta, inammissibilmente, contro l’errore nel quale il giudice contabile sarebbe incorso all’atto, individuare, come requisito per l’accesso alle funzioni di direttore generale del comune a tempo determinato, il titolo accademico.

8. Sono infatti i medesimi ricorrenti a contestare la ricostruzione operata dalla Corte dei Conti, sostenendo che legittimamente la Giunta comunale e conseguentemente il Sindaco all’atto dell’assunzione del R. avrebbero previsto l’equiparazione al titolo accademico all’esperienza acquisita nella carica di direttore generale presso altre amministrazioni comunali.

9. Ed allora, la Corte dei Conti, ben lungi dall’invadere il merito dell’azione amministrativa, ha inteso verificare la ricorrenza dei presupposti di legge per l’assunzione del direttore generale a tempo determinato all’interno dell’amministrazione comunale, pervenendo alla conclusione che la figura del direttore generale fosse assimilabile a quella del dirigente e prevedesse necessariamente, ai fini dell’assunzione, il requisito del titolo accademico. Ed è stato dall’assenza del detto requisito in capo al soggetto assunto a tempo determinato dal Sindaco che la Corte dei Conti ha desunto la sussistenza della responsabilità amministrativa dei ricorrenti in relazione al danno cagionato all’amministrazione comunale, poi ripartendo detto pregiudizio fra i soggetti coinvolti in relazione alle cariche a quel tempo da ciascun ricorrente ricoperte.

10. In definitiva, le censure proposte tendono a ottenere un inammissibile sindacato sulla correttezza in diritto della decisione in punto di rilevanza del titolo accademico ai fini dell’assunzione a tempo determinato del direttore generale del comune di Cervia.

11. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, dandosi atto che non vi è luogo a pronunzia sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che il Procuratore Generale della Corte dei Conti, contraddittore dei ricorrenti soccombenti, è parte soltanto formale; Sussistono invece i presupposti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nelle Sezioni Unite civili, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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