Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24375 del 30/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 30/11/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 30/11/2016), n.24375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Generale pro tempore

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in Roma, via Francesco

Pacelli, n. 14, nello studio dell’avv. Gianmaria Frattini;

rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Maiello, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/42/10 della Commissione Tributaria

Regionale di Milano, depositata in data 22 luglio 2010.

Sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 9 giugno 2016

dal consigliere Dott. Pietro Campanile;

Sentito per la ricorrente l’avv. dello Stato Guizzi;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l – La signora C.A. acquistò con atto registrato il (OMISSIS) un immobile usufruendo delle agevolazioni previste per la prima casa.

1.1 – L’Agenzia delle Entrate che aveva riconosciuto all’atto della registrazione le agevolazioni richieste, con avviso notificato in data 2 settembre 2008 procedette alla revoca delle stesse, recuperando le imposte dovute ed irrogando le previste sanzioni, essendo emerso che la richiedente aveva rivenduto il bene acquistato in data 4 dicembre 2003, ovvero prima della decorrenza del quinquennio, senza procedere entro un anno all’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale.

1.2 – La Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza del 27 ottobre 2009 respinse il ricorso della contribuente, essenzialmente incentrato sulla decadenza dell’Ufficio, per decorso del termine triennale previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986.

1.3 – Con la decisione indicata in epigrafe la Commissione Tributaria Regionale di Milano ha accolto l’appello della C., escludendo che si fosse verificata la decadenza dell’Amministrazione dalla pretesa impositiva, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, sul presupposto della ritenuta applicabilità nella fattispecie, riguardante la revoca di agevolazioni, della proroga biennale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1.

1.4 – Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione in forza di unico motivo, resistito da controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto tardivo, per aver l’Agenzia legittimamente usufruito della sospensione prevista del D.L. n. 98 del 2011, art. 39.

Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 11, commi 1 e 1 bis, per aver la CTR erroneamente escluso, nella fattispecie in esame, l’applicabilità della proroga biennale che avrebbe dovuto essere affermata in ragione dell’interpretazione letterale, funzionale e costituzionalmente orientata delle citate disposizioni della L. n. 289 del 2002, la quale avrebbe quindi dovuto escludersi la decadenza dell’Ufficio dalla pretesa impositiva, viceversa affermata dalla decisione impugnata.

3. Il ricorso è fondato e va accolto.

3.1. La ricorrente assume che erroneamente sarebbe stata esclusa l’applicabilità alla fattispecie in esame della proroga biennale per la liquidazione prevista dalla disposizione della L1. n. 289 del 2002, art. 11.

3.2 – Questa Corte ha più volte affermato (cfr., tra le molte, Cass. 13 novembre 2015, n. 23222; Cass., 18 aprile 2014, n. 9012; Cass., 8 gennaio 2013, n. 279) il principio dell’applicabilità della proroga alle ipotesi di violazione della normativa regolante le agevolazioni tributarie. Ciò essenzialmente, in considerazione del fatto che la L. n. 289 del 2002, all’art. 11, comma 1 bis, con la dizione “le violazioni relative alla applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite…” finisce con l’assimilare pienamente le violazioni delle disposizioni agevolative a quelle relative all’enunciazione del valore degli immobili di cui al comma precedente. Ne consegue l’applicabilità anche alle violazioni di cui al comma l bis della proroga prevista nel comma 1, senza necessità di esplicito richiamo, apparendo altrimenti del tutto incongruo che ipotesi assolutamente equivalenti abbiano trattamento diverso.

3.3 – D’altra parte la stessa rubrica dell’art. 11 in cui, a seguito dell’aggiunta del comma 1 bis al solo comma 1 originariamente previsto, fu inserita la dizione “proroga dei termini”, che segue a ciascuna delle ipotesi di definizioni agevolate della lite, è ulteriore elemento che conforta l’indirizzo ripetutamente espresso in materia da questa Corte, che va pertanto confermato.

3.4 – Nè a tale conclusione è di ostacolo il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 3, che, nello stabilire che “i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati”, pone un principio suscettibile di deroga da parte di fonte di pari rango, quale nella fattispecie, quella della disposizione richiamata della L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, ultimo periodo, della quale si è affermata la riferibilità anche ai termini di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte conseguenti alla decadenza dalle agevolazioni tributarie.

4 – La sentenza impugnata va dunque cassata, e, non essendo necessarie ulteriori acquisizioni, va decisa nel merito nel senso del rigetto del ricorso introduttivo.

Le spese dei gradi di merito vanno compensate, mentre quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese processuali relative ai gradi di merito e condanna l’intimata al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016

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