Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24373 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 03/11/2020), n.24373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32/2019 proposto da:

H.R., rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Gilardoni,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliato in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, costituito ai soli fini della eventuale

partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma

1;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI BRESCIA n. 4351/18, depositato il

30 ottobre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/9/2020 dal Consigliere Dott. PIERPAOLO CORI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto n. 4351, depositato in data 30.10.2018 nella controversia iscritta al RGN 45/2018, il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso proposto da H.R., cittadino (OMISSIS), in impugnazione del provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di Brescia con cui gli era stato negato il riconoscimento della protezione internazionale emesso dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia.

Avverso la decisione in data 29.12.2018 il richiedente ha notificato ricorso, affidato ad un motivo e il Ministero dell’Interno si è costituito con una mera comparsa ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In via preliminare, il richiedente ha richiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3 septies per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito con decreto non reclamabile entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso; Non vi sono i presupposti per sollevare la prospettata questione di costituzionalità. Il Collegio osserva che il richiedente si lamenta del fatto che, con l’abolizione del secondo grado di merito nei giudizi di protezione internazionale, per effetto del D.Lgs. n. 25 del 2008, nuovo art. 35 bis, comma 13 il decreto del Tribunale di primo grado non è più reclamabile ed è possibile ricorrere solo per cassazione entro trenta giorni a decorrere dalla comunicazione del decreto da parte della cancelleria.

Va al proposito osservato che la Corte di Giustizia UE con la sentenza Samba Diouf (C-69/10) ha ritenuto che, con riferimento all’art. 39 della Direttiva 2005/85, all’effettività della tutela giurisdizionale non corrisponde un “diritto” ad un certo numero di gradi di giudizio. Inoltre, la Corte Costituzionale italiana, nell’ordinanza n. 190/2013, ha ribadito (cfr. anche Corte Cost. n. 107/2007) che “la garanzia del doppio grado di giudizio non gode, di per sè, di una copertura costituzionale, sicchè non appare fondato il dubbio (…) relativo ad una compressione del diritto di difesa conseguente al fatto che la pronuncia emessa in primo grado dalla Corte d’appello può essere impugnata solo con il ricorso per cassazione”. Infine, il termine di 30 giorni scelto dal legislatore, decorrente dalla conoscenza del provvedimento, non pare un termine irragionevole alla luce della natura della controversia. La questione prospettata dunque si appalesa manifestamente infondata.

Con un unico motivo il ricorrente censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2 per aver il Tribunale ritenuto non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in capo al richiedente, in quanto non avrebbe allegato fattori di oggettiva vulnerabilità, in violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria.

Il motivo è destituito di fondamento, in quanto il ricorrente, lamenta la mancata iniziativa istruttoria del Tribunale il quale comunque ha audito l’interessato in sede di udienza di comparizione (come si legge a pag.6 del decreto: “in udienza ha riferito che S. si sarebbe recato a casa sua (…)”), e ciò smentisce quanto si sostiene a pag 8 del ricorso secondo cui non vi sarebbe stata audizione in udienza in assenza di registrazione audiovisiva, peraltro smentito da altro passaggio dello stesso ricorso nel quale, a pag. 3 si afferma che “all’udienza di comparizione delle parti il collegio del Tribunale disponeva l’audizione del richiedente”.

In generale, il ricorso – a parte poche righe soprattutto alle pagg. 2-3 in cui viene riassunto il fatto in modo estremamente sommario – si rivela essere un atto standardizzato, privo di radicamento nella fattispecie concreta, stereotipato nel riferimento ad astratte previsioni di legge senza adeguata allegazione e sostanziazione delle circostanze concrete ritenute processualmente rilevanti.

In conclusione, il ricorso va disatteso, e nessun provvedimento va adottato sulle spese, in presenza di mera costituzione del Ministero. Nessuna statuizione dev’essere adottata dalla Corte in conseguenza dell’eventuale ammissione al gratuito patrocinio (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 11677 del 16/06/2020, Rv. 657953 – 01).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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