Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24372 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 18/11/2011), n.24372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

TOSCANA INOX (OMISSIS), in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo

studio dell’avvocato PANARITI PAOLO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MICHELA PASQUALETTI, PASQUALETTI RENZO

giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA RE DI ROMA 21, presso lo studio dell’avvocato FIUMARA

ANGELO, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

cotroricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 227/2009 del TRIBUNALE di FIRENZE, SEZIONE

DISTACCATA di EMPOLI del 31/12/09, depositata il 31/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Squittieri Giuseppe (delega avvocato Fiumara)

difensore del controricorrente e ricorrente incidentale che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

aderisce alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

il Consigliere designato all’esame preliminare ha avviato il ricorso alla trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c. per le ragioni svolte nella relazione che qui di seguito si riporta:

“1. D.A.A., si opponeva a decreto ingiuntivo emesso dal G.d.P. di Empoli, su istanza della ricorrente srl Toscana Inox, per la somma di Euro 2036,40, dovuta a titolo di residuo prezzo della fornitura di materiali (4 serbatoi in acciaio inox), sostenendo di avere corrisposto quanto pattuito e che in realtà la somma richiesta si riferiva all’IVA, non pattuita a suo carico in quanto compresa nel prezzo del materiale acquistato. L’adito giudice con la pronuncia del 18.6.07, all’esito dell’espletata istruttoria, non accoglieva la tesi dell’opponente ritenendo che il prezzo dei serbatoio era stabilito secondo listino, quindi al netto d’IVA, atteso che nulla a tal riguardo era previsto dal contratto di fornitura. Revocava tuttavia il provvedimento monitorio in quanto il D.A. doveva corrispondere la minor somma di Euro 1.869,73 rispetto a quella pretesa (Euro 2036,40).

“Il Tribunale di Firenze – sez. distaccata di Empoli, adito in sede d’appello dal D.A., con la sentenza n. 227/2009 accoglieva la proposta impugnazione e revocava il decreto opposto. Il giudice dell’appello, dopo aver richiamato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 18 (e giurisprudenza di questa S.C.), valutate le dichiarazione dei testi ed i documenti prodotti, giungeva invece alla conclusione che il prezzo concordato era comprensivo dell’IVA e che l’opposta non aveva comunque fornito la prova contraria ossia che l’IVA doveva aggiungersi al prezzo pattuito.

La srl Toscana Inox ricorre per la cassazione della predetta pronuncia sulla base di un unico motivo; resiste con controricorso l’intimato.

2. Con l’unica censura l’esponente deduce la contraddittorietà ed errata motivazione della sentenza circa un fatto decisivo. Sostiene di aver provato a mezzo di testimoni che il prezzo della merce venduta non era comprensivo d’IVA bensì al netto della stessa ed a tal fine riproduce le dichiarazioni di due testi escussi ( Ma.

e Pe.). “Ciò premesso rileva l’Ufficio che le suddette censure riguardano esclusivamente la valutazione di mezzi istruttori (dichiarazione dei testi) come tale riservata al giudice di merito, che in proposito ha ampiamente e congruamente motivata la propria decisione. Secondo la giurisprudenza di questa S.C. l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento…” (Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 5328 del 8.3.2007).” Ritiene il Collegio di condividere le conclusioni cui è pervenuto il relatore, sebbene le ragioni della decisione necessitino delle puntualizzazioni che seguono, anche in considerazione della memoria della ricorrente, che peraltro non apporta utili argomenti in senso contrario. La S.C. ha statuito, con costante giurisprudenza, che “in tema di IVA, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 18 (che, al comma 1, stabilisce che il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente, stabilendo, al comma 2, la nullità di ogni patto contrario) non vieta che l’IVA, su accordo delle parti, sia compresa nel prezzo globalmente pattuito, ma la legittimità di un tale accordo presuppone che questo non incida sulla titolarità passiva del debito di imposta e sulle modalità del suo adempimento e si risolva unicamente nell’individuazione del ricavo dell’operazione nel corrispettivo stabilito al netto dell’imposta. Ne consegue che rientra nel potere discrezionale de giudice di merito l’accertamento della volontà delle parti nel concordare un prezzo della vendita del bene determinato comprendendo in esso anche l’ammontare dell’imposta, pur nell’incertezza circa l’aliquota fiscale in concreto applicabile e quindi ponendo a carico del venditore il rischio sulla misura del ricavo. (Cass. n. 21201 del 31/10/2005; Cass. n. 16007 del 14.11.2002).

Dunque il denunciato errore di diritto, tra l’altro inidoneamente dedotto per genericità, appare del tutto insussistente alla luce della giurisprudenza richiamata, come pure il preteso vizio di motivazione: la ricorrente infatti, come correttamente rilevato dal giudice a quo, non ha provato che l’accordo sul prezzo convenuto implicasse un onere aggiuntivo o separato di corresponsione dell’IVA, accordo che non risulta dal contenuto del detto negozio con espressioni del tipo “oltre IVA” o similari, onde, in difetto di tale prova contraria, devesi presumere l’IVA compresa, per espressa disposizione di legge, nel concordato importo dovuto; quanto poi alla questione dell’individuazione della natura del dovuto quale residuo prezzo e non quale IVA, è inammissibile in questa sede in quanto questione nuova, non risultando dall’impugnata decisione che sia stata trattata nel giudizio di merito.

Si ritiene pertanto di rigettare il ricorso principale assorbito l’incidentale (in quanto condizionato), ponendo le spese processuali a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorario, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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